Hakim

 

Scheda di Frank A. Mancuso - arma fotografata della collezione di Magnum58

 

 

Il 24 Luglio del 1952, la voce di Anwar Sadat annunciava alla radio che per la prima volta duemila anni l'Egitto era tornato ad essere governato da Egiziani.

 

Il colpo di stato militare, portato a termine il giorno prima senza spargimento di sangue da un gruppo di ufficiali, faceva prendere il mare a Re Faruk, per farlo approdare in una Roma che per qualche tempo avrebbe dovuto dissimulare, davanti alle sue crapule, la sua millenaria indifferenza, e che avrebbe potuto dimenticarlo dopo la ventiquattresima portata della sua ultima cena.

 

Nel Novembre del 1954, dopo la cancellazione della Costituzione del 1923, lo scioglimento dei partiti politici, l'abolizione della monarchia e la proclamazione della repubblica, sollevato dai suoi ultimi incarichi il Presidente, Generale Mohammed Neguib, che formalmente aveva condotto la rivolta e che ad essa aveva trasferito la rispettabilità e la credibilità per cui era noto, ma che era contrario a cambiamenti ancor più radicali, iniziava ad agire apertamente come Capo di Stato colui che della rivolta dei Liberi Ufficiali era stato il vero animatore.

 

Ovvero il Colonnello Gamal Abdel an-Nàsir; per tutti, Nasser.

 

 

L'ascesa al potere del giovane figlio di un impiegato delle Poste, energico e combattivo, lascia senza fiato Regno Unito, Francia ed Israele, che riconoscono subito il carisma di un leader ed un potenziale galvanizzatore che ha tutte le carte per riunire il frammentato mondo arabo, e trasformarlo, a loro spese, in un'unica nazione combattente.

E quello che sarà il campione del Nazionalismo Arabo farà quanto in suo potere per raggiungere il risultato, affrontando con determinazione tutti gli ostacoli che verranno creati per impedire il suo cammino.

 

Nel suo pensiero le poche risorse dell'Egitto dovevano essere utilizzate per lo sviluppo, ma nel Febbraio del 1955 un raid israeliano condotto contro forze egiziane a Gaza, sulla linea di confine israeliana sino ad allora meno turbolenta, lascia 39 egiziani sul terreno, e lo convince definitivamente che l'Egitto ha bisogno di armi.

 

Ne chiede agli Stati Uniti; ma Nasser, insieme a Tito, sta sviluppando il concetto di "paese non allineato", ovvero nessun legame esclusivo con USA o URSS.

 

Il Segretario di Stato statunitense John Dulles non tollera questa dichiarazione di indipendenza, e gli chiude la porta in faccia, spingendolo a chiedere armi ai sovietici, che non rifiutano; nel Settembre dello stesso anno l'Egitto sigla uno specifico accordo per la fornitura di armamenti dalla Cecoslovacchia.

 

In questo periodo in Egitto c'è chi lavora per produrre Hakim, fucile semiautomatico che discende direttamente dal Ljungmann svedese, modificato per sparare la munizione 8x57 JS.

 

 

Non devono però essere state solo considerazioni sulla necessità di riarmo a far cadere la scelta su un'arma tanto particolare.

Nel 1956 la produzione di Hakim è già iniziata: anche se le attrezzature necessarie a costruirlo, come si suppone, fossero state effettivamente acquistate dalla Svezia (che aveva appena finito di modificare i suoi AG 42 in AG42B, e non ne aveva più bisogno) è difficile pensare che la negoziazione per la loro cessione e le modifiche necessarie a produrre la nuova arma siano potute avvenire in meno di un anno.

 

E' invece lecito pensare che Hakim abbia dovuto interpretare il ruolo di simbolo del nuovo corso del Paese. Del resto, per risvegliare le speranze in un popolo, quello che a tutti gli effetti è un dittatore deve utilizzare anche la propaganda.

 

L'Egitto di Re Faruk aveva già adottato un fucile semiautomatico, ovvero il SAFN 49 in calibro 8x57 JS, ma le scelte che possono essere ricondotte ad un sovrano in esilio non possono sperare in una fortuna migliore di quella del loro sostenitore, inoltre l'arma si è dimostrata poco adatta ad un uso rude, e viene prodotta all'estero.

 

Scordando, o nascondendo, le vere origini dell'arma, Hakim è un fucile fatto dall'egiziana Fabbrica di Stato numero 54 per gli Egiziani.

 

 

E, per meglio ricordarlo, sul serbatoio dell'arma si imprime il copricapo del Faraone [1] che simboleggia l'unione dell'Alto Egitto con il Basso Egitto compiuta dal leggendario Re Menes, il quale, secondo la tradizione, fonda anche la prima delle trenta dinastie faraoniche.

 

 

Per il resto, l'arma non ha nulla di innovativo.

 

Per rimanere sul serbatoio, esso resta amovibile, ma solo per manutenzione, e va riempito con lastrine; il suo cambio rapido non è nemmeno ipotizzabile, il militare non ne deve avere molti altri in dotazione con l'arma, e per scongiurare la possibilità che vada perso si mette un bel dispositivo di fermo che avvolge completamente la leva di svincolo, la rende inaccessibile e la immobilizza.

 

 

 

La fiducia provata dagli ispiratori delle modifiche al progetto originale nei confronti del militare medio egiziano del tempo deve essere stata minore di quella che ispirerebbe oggi un biglietto da 11,00 Euro: le tre viti che uniscono il sottoguardia alla scatola di culatta sono dotate di perfidi dispositivi antisvitamento realizzati in filo di acciaio armonico, quasi impossibili da rimuovere senza fare danni.

 

 

La testa della vite reca un solco attorno al quale si avvolge il filo, stringendo la vite il filo con ruota essa, poiché l'ansa visibile nella foto a sinistra entra in uno scasso realizzato perpendicolarmente alla sede della testa visibile in alto nella foto a destra. Completato il serraggio della vite, che può avvenire con l'approssimazione di 1/4 di giro, il gambo libero del filo si ripiega nel taglio della testa, e la ferma.

 

Si va vicino alla pazzia, ma solo se non si è armiere di reparto e non si hanno giusti strumenti, di solito non è necessario uno smontaggio più approfondito di quello da campagna, a meno di non dover ovviare a malfunzionamenti dovuti al vagare nella scatola di scatto di truciolini di ottone da bossoli, problema di cui sembra soffrire l'arma (soprattutto se la valvola dei gas non è ben regolata: ma su questo torneremo più avanti).

 

Questo è l'efficace rompifiamma, che rende l'arma invero sgradita ai vicini di linea del poligono (sorte che peraltro condivide con lo SVT 40 e, ovviamente, con il Ljungman). Notare la vite di regolazione trasversale della posizione del mirino.

 

 

L'estremità anteriore che si avvita al rompifiamma è fissata all'arma per mezzo del solito dispositivo antisvitamento.

 

 

Il rompifiamma di Hakim è un elemento che troppo spesso arriva a noi irrimediabilmente manomesso.

Purtroppo l'estremitò anteriore cui si è già accennato svolge anche la funzione di sede per l'anello della guardia della baionetta; ed è noto che per permettere la detenzione di armi simili, almeno fino a qualche tempo fa, almeno un legislatore estero imponeva la regolazione dell'alzo limitata a 300 metri, e l'assenza di attacchi per la baionetta.

Quindi molti esemplari sono stati ormai mutilati non solo svitando l'estremità anteriore avvitata al rompifiamma, ma anche segando via la porzione filettata del rompifiamma destinata a trattenerlo.

Inutile dire che in tal modo l'arma ha un aspetto ancor più bizzarro, e che il rompifiamma ridotto in tal modo non svolge

più alcuna funzione utile.

Inutile, da noi, pensare di ripristinare l'aspetto originale: l'arma ci arriva in due catalogazioni diverse, una per la versione integra, una per quella mutilata.

 

Già che si parla di attacchi per la baionetta, ecco un'immagine che la illustra con il suo fodero metallico: molto evidente la sua caratteristica doppia colorazione della lama, dovuta alla diversa finitura, lucida nella parte anteriore, brunita nei circa 50 mm prossimi al tallone.

 

 

Ecco un dettaglio dell'impugnatura, e del bottone di fermo, ereditato dalle armi svedesi.

 

 

La meccanica è quella del Ljungman, che a sua volta discende da quella dello SVT40, perdendo per la strada l'asta di armamento.

In questa foto, sulla destra, si vede chiaramente, al di sopra della canna, l'estremità posteriore del tubo di convogliamento dei gas.

 

 

In quest'altra foto, sulla sinistra, si nota, al di sopra della faccia dell'otturatore, la camera di espansione dei gas spillati che fa corpo unico con il portaotturatore.

 

 

 

L'azione diretta dei gas riscalda il portaotturatore di questa e delle altre armi che adottano questo sistema, ma lascia freddo me. Il sistema in via del tutto generale non mi piace nemmeno un po', anche per motivi di sicurezza: chi ha usato questo genere di armi ed ha ricevuto un bel soffio caldo in volto standogli dietro, o al suo fianco, capisce perché nemmeno gli occhiali protettivi mi permettono di tirare serenamente.

 

Inoltre il sistema è piuttosto schizzinoso in fatto di munizioni, e sembra lo sia anche nel caso di Hakim, nonostante esso sia dotato di una valvola di regolazione, posta in alto e subito dietro la fascetta con maglietta anteriore.

 

 

Al riguardo un paio di raccomandazioni raccolte qua e là in rete per un uso sicuro dell'arma.

Innanzi tutto sembra sia preferibile utilizzare munizioni dalle prestazioni contenute, con palle di peso intorno ai 150 grani, spinte a non oltre 800 m/s.

 

Subito dopo è tassativo regolare la valvola: farlo è facilissimo con lo strumento idoneo, ma ci si può arrangiare anche senza.

Bisogna ruotarla completamente in senso orario, fino a chiuderla completamente (inclusa questa posizione, la valvola ne può assumere otto in tutto), poi si inizia a ruotarla in senso antiorario di uno scatto alla volta, tirando un colpo col serbatoio vuoto: quando il bossolo viene lanciato ad un paio di metri dall'arma, e l'otturatore resta in apertura, agganciato dal dente di avviso di arma scarica, allora la valvola è in posizione corretta per quella munizione. Cambiando munizione, ripetere la regolazione.

 

Se si trascura di ridurre l'azione dei gas di recupero al minimo indispensabile si rischia di rompere l'unghia dell'estrattore, come illustrato in questa foto pubblicata su www.gunboards.com; i collarini dei bossoli verrebbero irrimediabilmente rovinati, ed è verosimile che in tali condizioni dei truciolini di ottone vadano a spasso anche dove non devono.

 


 

In alcuni progetti lo sfruttamento diretto dei gas ha permesso di ridurre drasticamente il peso dell'arma, ma nel caso di Hakim questo non è avvenuto: scarico pesa 4,9 kg! A chiunque l'abbia maneggiato non può non essere venuto in mente di avere a che fare con un moderno fucile da ramparo.

 

Se non altro questo aiuta nel tiro: l'arma non si muove, il tiratore non si affatica, ed i risultati sul bersaglio sono generalmente buoni, complice anche un'accoppiata tacca-mirino dai profili netti e di dimensioni contenute.

 

 

 

Ed ora uno sguardo alla parte più singolare e stravagante dell'arma.

 

 

A prima vista nulla di strano: come su altre armi, un carrello portaotturatore nasconde l'otturatore oscillante, e ne comanda lo svincolo come il blocco in chiusura, la molla di recupero è nascosta dal coperchio posteriore.

Un esame più accurato rivela l'assenza di una qualunque manetta per l'armamento, funzione delegata al coperchio, che in questo caso non si limita a chiudere e proteggere la parte posteriore della scatola di culatta.

 

Il coperchio dovrebbe essere afferrato grazie a due settori rigati che risaltano sulla sua superficie, uno su ogni lato, e spinto in avanti; questo in teoria, poiché in pratica, dopo aver messo la mano sul coperchio, è più comodo esercitare la spinta in avanti sul blocchetto porta lastrine e sul ponticello visibile nella foto e che ha il compito di deflettere in avanti i bossoli espulsi.

 

Spinto completamente in avanti, il coperchio resta agganciato al carrello portaotturatore grazie ad un dente caricato da una molla.

 

 

Il gruppo otturatore-carrello-coperchio è ora libero di scorrere avanti e indietro sulle guide della scatola di culatta.

Se viene arretrato completamente, e la sicura è disinserita, il dente si solleva e svincola il carrello portaotturatore dal coperchio; a questo punto posso verificarsi tre situazioni distinte:

 

A - se nell'arma non è inserito un caricatore, oppure è inserito un caricatore contenente anche una sola munizione, il carrello viene spinto in avanti dalla molla di recupero ed il gruppo carrello-otturatore torna in batteria, camerando, eventualmente, una munizione;

 

B - se in questo secondo caso, senza caricatore, o con un caricatore non vuoto, viene messo sul percorso del carrello un elemento estraneo (ad esempio: un dito del tiratore), il meccanismo cercherà di camerare almeno quello, con grave nocumento dell'elemento estraneo, massimo sconforto del suo proprietario, e conseguente temporaneo fuori servizio dell'arma, a nulla contribuendo ad evitarlo l'eventuale contemporanea presenza in sede di un serbatoio anche solo parzialmente pieno;

 

C - se nell'arma è inserito un caricatore vuoto, l'otturatore non si chiude, ma chi lo trattiene dal farlo è il solo il dispositivo di avviso di arma scarica. In tale condizione, immeditati tentativi di ricondurre l'arma in condizioni operative rendono le probabilità del verificarsi della situazione B sensibilmente maggiori di quelle che porterebbero al verificarsi della situazione A. Nel caso in cui le preferenze del tiratore dovessero essere orientate in quest'ultima direzione, egli troverà utile la raccomandazione di inserire la sicura, e di spingere nuovamente in avanti il coperchio fino a ripristinare il vincolo col carrello portaotturatore, prima di procedere con ulteriori maneggiamenti.

 

La sicura è azionata da una levetta visibile dietro la scatola di culatta, a portata del pollice della mano che spara.

Può assumere tre posizioni; due, stabili, per il suo inserimento e disinserimento, ed una, instabile, illustrata nella figura qui sotto a sinistra, che permette di sfilare dall'arma l'intero blocchetto visibile a destra, avviando lo smontaggio da campagna dell'arma.

 

 

Per un approfondimento, cliccando qui è possibile scaricare il manuale che ho trovato in rete.

 

Qui di seguito, grazie alla cortesia di Absolut, due immagini di una cartuccia 7,9x57 Mauser da manipolazione egiziana, quindi adatta ad essere utilizzata anche durante l'addestramento con Hakim.

 

 

E' stata prodotta in Italia, a Colleferro, al confine meridionale della provincia di Roma e ad un passo dalla Ciociarìa, dove aveva sede lo stabilimento della BPD (dai nomi dei soci fondatori, Bombrini e Parodi Delfino), verosimilmente in quella che era la "Sezione Munizionamento", o, più sinteticamente, la "MUN": luogo che non si direbbe abbia qualcosa a che spartire con le piramidi.

 

Hakim ha avuto anche un fratello minore, Rashid.

Avvicinatosi l'Egitto alla sfera sovietica, era inevitabile adottarne la munizione 7,62x39 M43, ed ancor prima di adottare armi tipo AK47 venne messo in produzione una sorta di mini-Hakim, o mini-Ljungmann, se si preferisce.

Oltre alle dimensioni, due sono le differenze fondamentali rispetto ai predecessori che saltano agli occhi nella foto che segue, tratta da www.wikipedia.com: la presenza di una baionetta tipo quella dello SKS, ed una manetta di armamento tradizionale.

 

 

Comprensibilmente più maneggevole del fratello maggiore, Rashid condivide con questo un'ottima qualità generale di lavorazione ed una buona precisione.

Prodotto in patria in quantità considerevolmente minore di Hakim, stimata in 8000 esemplari, ha avuto una certa fortuna anche fuori dai confini egiziani, come testimonia questa immagine che ho rinvenuto su un forum in lingua araba che non riesco più a trovare, e che illustra un Rashid di produzione irachena, prodotto nel 1978 (o, almeno, questa è la data che sembra apparire impressa sull'arma, in alto a sinistra nella foto), ed il cui numero di matricola suggerisce una produzione numericamente superiore a quella egiziana.  

 

 

 

Per sottolineare ancora una volta quanta attenzione sia stata dedicata all'arma, è il caso di segnalare l'esistenza di ben due versioni da addestramento.

Una è in calibro 22 l.r., di produzione Beretta, ed è basata sulla carabina semiautomatica della stessa Ditta: l'esemplare raffigurato qui di seguito era certamente disponibile fino a qualche giorno fa nella Repubblica di San Marino, a Borgo Maggiore, in Via Villa di Sopra, da GMB-di-Sotto (ignobile gioco di parole per fare riferimento a Paolo Conti) dove Absolut l'ha fotografato.

 

 

Il caricatore vero è quello piccolino che spunta tra la guardia del grilletto ed il simulacro in legno del caricatore originale.

 

 

Questo è un dettaglio dell'otturatore, che denuncia la vera origine dell'arma, col basso numero di matricola, ed il falso zoccolo che nell'arma originale accoglie la lastrina per il riempimento del serbatoio.

 

 

Finché immagini migliori non appaiono sul sito di Absolut (www.museoexordinanza.eu) c'è qualche possibilità che l'arma resti disponibile anche per altri potenziali acquirenti, dopo...

 

Un'altra versione per addestramento, di produzione Anschütz, è sempre in calibro .22" (come segnala Tom Gaylord nel suo blog, e non .177" come da altri ritenuto) ma... ad aria compressa!

 

 

Riprendendo, per concludere queste note, il parallelo tra i destini dell'arma, e di chi ne aveva voluto la realizzazione, non resta che ricordare che il simbolo vivente della ritrovata dignità araba avrebbe condotto la Repubblica fino alla sua morte, avvenuta a soli 52 anni, nel 1970, per un attacco si cuore, tre anni dopo la sconfitta subita nella Guerra dei Sei Giorni, subito dopo la quale aveva cercato, inutilmente, di dimettersi.

La produzione di Hakim (nella lingua araba: "colui che governa e giudica") terminava più o meno contemporaneamente.

 

 

Lunghezza arma

1215 mm

Lunghezza canna

645 mm (incluso spegnifiamma, se integro)

rigature

4

peso

4,9 kg

caricatore

10 colpi, amovibile, alimentato a colpi singoli o con lastrine.

produzione dal 1956 fino almeno al 1969, stimata tra i 55000 ed i 70000 esemplari.

 

[1] Il simbolo in verità è impresso anche sulla scatola di culatta, immediatamente sopra al numero di matricola dell'arma, ma la durezza del materiale rende la punzonatura meno evidente, e l'immagine finisce per confondersi con la finitura del componente.

 

Bibliografia

 

    John Walter - Rifles of the world - Arms and Armour Press, 1993

    E.C. Ezell, W.H.B. Smith - Small Arms of the World - Stackpole Books, edizioni varie

 

 

Siti Internet

 

Informazioni sull'arma:

    http://www.carbinesforcollectors.com

    http://www.surplusrifle.com/

    http://www.wikipedia.com

    http://world.guns.ru

    http://www.gunboards.com

    http://shooting.forsandiego.com

    http://www.myownplace.us/egyptian_hakim_rifle.htm

    http://www.pyramydair.com/blog

 

 

Storia dell'Egitto

    Library of Congress - Federal Research Division - Country Study: Egypt

    www.washington-report.org