Colt 1911

 Scheda di Pat - arma fotografata della sua collezione privata.

Buon Compleanno!

Lo so, è banale e per niente originale. Ma iniziare così la scheda di una pistola che nel 2011 compie il primo secolo di vita è praticamente un atto dovuto. Soprattutto se si tratta di un progetto che, dopo aver lasciato una traccia così profonda nella storia, non solo armiera, risulta ancora valido e attuale.

In realtà, di quest’arma abbiamo già parlato, anche abbastanza diffusamente, qui. Non ci ripeteremo. Le notizie riportate in quella scheda valgono anche per questa. Vedremo invece di aggiungere qualcosa di nuovo. Partendo magari da una bella definizione della 1911 trovata in rete:

"Of course the 1911 is an outdated design. It came from an era when weapons were designed to win fights, not to avoid product liability lawsuits. It came from an era where it was the norm to learn how your weapon operated and to practice that operation until it became second nature, not to design the piece to the lowest common denominator. It came from an era in which our country tried to supply its fighting men with the best tools possible, unlike today, when our fighting men and women are issued hardware that was adopted because of international deal-making or the fact that the factory is in some well-connected congressman's district. Yes, beyond any shadow of a doubt, the 1911 is an outdated design.... and that's exactly what I love about it."

Rosco S. Benson

 

“Certo che la 1911 è un progetto datato. Viene da un’era in cui le armi erano studiate per vincere gli scontri, non per evitare le cause civili sulla responsabilità dei produttori. Viene da un’era in cui la regola era apprendere come funziona la vostra arma e impratichirsi nel suo impiego fino a farlo diventare una seconda natura, invece di progettare un oggetto a misura di stupido. Viene da un’era in cui il nostro Paese cercava di fornire agli uomini che combattevano per lui i migliori mezzi possibili, a differenza di quanto avviene oggi, quando ai nostri uomini e donne in armi vengono offerti strumenti che sono stati adottati a causa di accordi internazionali o perché la casa produttrice si trova in qualche distretto che può vantare membri del Congresso ben introdotti. Certo, al di là di qualsiasi dubbio, la 1911 è un progetto datato… ed è esattamente questo che amo di lei.”

Rosco S. Benson

 

Ecco, la 1911 è tutta qui. Nasce come arma da battaglia, e tale resta. È una grossa pistola, destinata ad essere portata in fondina, spesso da reparti di cavalleria.

A questo proposito è interessante vedere la prima fondina adottata per lei, la modello 1912, dotata nella versione cavalry di attacco “swivel” (cioè con perno girevole) e di laccio per essere fissata alla coscia

  

Come si vede, una cosa a metà fra il Generale Custer e il Sergente York…

Del resto, che la 1911 fosse stata pensata per l’uso da parte della cavalleria è dimostrato dal fatto che nei manuali militari dell’Ordnance Department esisteva un’intera sezione dedicata al tiro da cavallo, ampiamente illustrato come si può vedere in questa immagine:

 

Nel 1916 venne adottata la fondina classica della 1911 che accompagnerà l’arma per tutta la sua carriera, ma la modello 1912, con la sua aria “western”, sarà utilizzata ancora per anni.

La Colt approfittò subito del successo ottenuto per promuovere la sua nuova arma anche nel mercato civile:

 

Le 1911 commerciali furono denominate GOVERNMENT MODEL; questa dicitura venne impressa sul lato destro del fusto, sopra la matricola (che per i modelli destinati al mercato civile era preceduta dalla lettera C) negli esemplari prodotti sino al 1946, quando venne spostata sul fianco sinistro del carrello dove comparivano invece, sino al 1938, le date dei brevetti. Ciò significa che tutte le 1911 commerciali non-A1 (cioè quelle fino alla  matricola C130.000 circa) riportano la scritta sulla destra. [Nota: in questa scheda vengono citate spesso date e matricole. Ognuna di queste indicazioni va ovviamente intesa come “circa” e non in valore assoluto, anche perché di norma i cambiamenti avvennero in modo graduale, nell’arco di un periodo di transizione di durata variabile]

Adottata nel 1911, la nuova pistola iniziò ad essere distribuita nel 1912 ed entrò quasi subito in azione. La prima accoglienza da parte delle truppe fu caratterizzata da reazioni contrastanti. Molti avevano delle riserve perché, pur non mettendo in dubbio che la prescelta fosse la migliore fra le semiautomatiche esaminate dalla commissione, ritenevano che i grossi revolver mod. 1909 New Service, distribuiti da appena un paio d’anni, fossero più affidabili e che il loro grosso e pesante proiettile .45 Long Colt in piombo nudo avesse un potere d’arresto decisamente superiore a quello blindato della nuova arma. Molti ufficiali ricordavano bene (e con qualche brivido) le esperienze maturate affrontando con armi inadatte i terribili Moros. E proprio contro questi ultimi, nelle fasi finali della loro ribellione, la 1911 ricevette il battesimo del fuoco. Il comando delle operazioni contro le residue sacche di ribelli nelle Filippine ormai quasi pacificate era stato affidato ad un veterano delle ultime guerre indiane, della guerra ispano-americana, della collina di San Juan, e delle stesse Filippine, il Brigadier Generale John Joseph “Blackjack” Pershing, così soprannominato per aver comandato da Tenente, nel 1895-96, un reparto del 10° Cavalleria, un reggimento composto da soldati di colore, i famosi “Buffalo soldiers”.

La battaglia di Bud Bagsak, durata dall’11 al 15 giugno del 1913, in cui le forze combinate di reparti americani e scout filippini guidati personalmente dal Generale Pershing sconfissero l’ultima resistenza organizzata dei Moros, vide la prima segnalazione di impiego in combattimento della nuova pistola in calibro .45. L’elevato numero di colpi disponibili, unito alla rapidità di fuoco ed all’ottimo funzionamento, finirono per superare anche le ultime resistenze dei più diffidenti.

L’apprezzamento si estese rapidamente anche al di fuori dell’ambito dell’esercito statunitense. Le vendite  del modello commerciale risultarono ottime e anche altri Stati guardarono con interesse alla nuova pistola. L’Argentina ne ordinò circa 300 esemplari per la Marina Militare nel 1914 e circa 1000 per l’esercito l’anno successivo. Altre 400 vennero acquistate nel 1919. Tutte queste armi furono tratte dalla linea di produzione commerciale (ed hanno quindi la matricola preceduta dalla lettera C) e sono indicate collettivamente come “Pistola Colt Modelo Argentino 1916”.

Nel 1915 anche la Russia, già impegnata nella guerra in Europa, inviò alla Colt un ordine di poco più di cinquantamila 1911, la cui spedizione iniziò nel 1916 e proseguì per circa un anno, terminando nel gennaio del 1917. Anche queste armi furono tratte dalla produzione commerciale, contrassegnandole poi sul lato sinistro del fusto con una scritta in cirillico (leggibile come “ANGLO ZAKAZIVAT”, cioè "Ordine inglese”). Proprio una di queste venne usata, insieme ad una Nagant 1895, una Mauser C96 ed una FN Browning 1903, per sterminare lo Zar e la sua famiglia a Ekaterimburg il 17 luglio 1918.

L’ingresso della Gran Bretagna nella Prima Guerra Mondiale significò, di fatto, la mobilitazione dell’intero Impero Britannico, all’epoca immenso. Da ogni angolo del pianeta giunsero truppe, ma le fabbriche d’armi, fatta eccezione per alcuni stabilimenti più piccoli in Australia, India e Canada, erano solo sul suolo inglese. Ciò costituì un problema. In particolare, si fece sentire una grave carenza di pistole, per il cui approvvigionamento fu necessario rivolgersi ad imponenti acquisti all’estero (Spagna e Stati Uniti soprattutto). Fra il 1914 e il 1918, la Colt fornì al governo britannico diverse migliaia di pistole modello 1911 (per lo più in calibro .455 Webley, ma anche in .45 ACP) che furono distribuite alla Royal Navy, alla Royal Horse Artillery, ai Royal Marines e, per la maggior parte, ai Royal Flying Corps ed al Royal Naval Air Service, che nel 1918 confluirono nella RAF.

Altre 5000 pistole (circa) furono spedite in Canada alla fine del 1914.

Nel frattempo, in Patria, la “carriera militare” della 1911, ormai ampiamente distribuita ai reparti, continuava. Tre anni dopo il suo primo impiego nelle Filippine, la grossa ordinanza tornò nuovamente in battaglia. Il 9 marzo 1916 un gruppo di 400 ribelli messicani guidati da Pancho Villa si spinse ad attaccare la città di Columbus, nel Nuovo Messico, in quella che fu l’unica invasione militare del suolo americano dopo quella della Gran Bretagna del 1812… In risposta all’attacco a Columbus, il presidente americano Wilson affidò al generale Pershing (sempre lui) il compito di guidare una “spedizione punitiva” composta inizialmente da 5000 uomini dotati di mitragliatrici, aerei e veicoli armati e coadiuvata da truppe regolari dell’esercito messicano inviate dal dittatore Carranza. Anzi, il compito di trovare e annientare Villa venne lasciato principalmente alle forze locali, mentre gli americani si attestarono nella parte settentrionale dello stato di Chiuahua, pronti ad intervenire più a sud in caso di necessità. Nell’agosto del 1916, in totale erano stati mandati in Messico 111.000 uomini agli ordini di Pershing, nel frattempo promosso Maggior Generale. Nel febbraio del 1917, il Generale ed i suoi uomini furono richiamati in Patria. La spedizione fu, al tempo stesso, un insuccesso ed un successo. Villa non venne mai trovato né “punito”, ma in compenso non si ebbero altri attacchi contro gli USA. Inoltre, l’operazione costituì un valido banco di prova per collaudare nuove armi, nuovi mezzi e nuove tattiche e strategie in vista del sempre più probabile coinvolgimento nella carneficina europea, all’epoca in pieno svolgimento. Nella polvere e nel caldo dell’estate messicana, la 1911 fu messa a dura prova. Il suo impiego più famoso si ebbe quando il Maggiore Robert L. Howze (in seguito decorato con la Medaglia d’Onore del Congresso) guidò sei reparti dell’ 11th Cavalry ed un plotone di mitraglieri contro il Rancho Ojos Azules, dove si riteneva fosse nascosto Villa (che in realtà era già fuggito prima). Quando videro i soldati avvicinarsi, i Villisti aprirono il fuoco. Senza esitare, Howze ordinò la carica. Gli americani estrassero le loro 1911 e si lanciarono, finendo per uccidere 62 messicani e ferirne altri 72, riportando in cambio un solo caduto fra le proprie fila.

 

La spedizione fu anche il battesimo del fuoco per una nuova classe di soldati e ufficiali, fra i quali si può ricordare un giovane cavalleggero, sicuramente dotato di una 1911: il Tenente George S. Patton…

Il 6 aprile del 1917, gli USA dichiararono guerra alla Germania. Grazie anche alla mobilitazione effettuata contro Villa, gli americani si mossero rapidamente, riuscendo a far partire nel mese di maggio il primo contingente di “doughboys” (come erano chiamati i fanti dello zio Sam) ai quali era affidato il compito di  tutelare gli interessi e la sicurezza degli Stati Uniti e, al tempo stesso, ripagare un antico debito d’onore. Il comando della AEF (American Expeditionary Force) in Europa venne assegnato ancora al Generale Pershing. Fra i più stretti collaboratori di quest’ultimo, fresco di promozione per aver ucciso in un conflitto a fuoco Julio Cardenas, il braccio destro di Pancho Villa, c’era il Capitano Patton, che nel corso della Prima Guerra Mondiale, caratterizzata dagli scontri di trincea,  non ebbe molte occasioni per applicare le sue teorie sulla velocità e la forza di sfondamento e penetrazione in profondità dei reparti di cavalleria lanciati alla carica, ma in compenso si dedicò con attenzione allo studio delle possibilità di impiego di quella che per l’epoca era una novità: i carri armati…

Anche nel fango e negli spazi angusti delle trincee, dove moltissimi scontri terminavano nel corpo a corpo, la 1911 si confermò tanto affidabile quanto efficace. Divenne ben presto chiaro che la Colt e l’Arsenale di Springfield, che l’avevano prodotta sino a quel momento, non sarebbero state in grado di soddisfare le richieste. Fra tutte e due, alla data dell’entrata in guerra degli Stati Uniti avevano fabbricato appena 133.880 esemplari, mentre la produzione totale dal 1912 al 1919 (comprensiva delle 1911 Remington e North American Arms) arriverà a 723.275. Presso le Forze Armate statunitensi, all’inizio del 1917 risultavano inventariate e pronte all’impiego solo 68.533 pistole. Entro l’inizio di aprile dello stesso anno, la Casa di Hartford ne fornì altre 112.875, mentre l’Arsenale (che era troppo impegnato a realizzare i fucili Modello 1903 e risentiva pesantemente dei tagli di personale e di finanziamenti deliberati dall’Amministrazione durante l’anno precedente) ne produsse 25.767. Le richieste governative aumentarono. Nel mese di giugno la Colt iniziò a subappaltare parte delle lavorazioni e nel resto del 1917 consegnò altre 48.800 “Model of 1911”. Ma nel gennaio del 1918 uno studio dell’Ordnance Department indicò che erano necessarie 2.473.354 pistole entro la fine dello stesso anno. Un numero enorme, che da un lato portò alla produzione da parte della Colt e della Smith & Wesson dei grossi revolver Modello 1917 e dall’altro spinse lo stesso Ordnance Department a stipulare con altre ditte dei contratti per la realizzazione della semiautomatica di ordinanza. Occorre tenere presente che all’epoca si riteneva che la guerra sarebbe durata fino all’autunno del 1919. La cessazione delle ostilità nel 1918 spiega perché questi contratti non ebbero seguito o portarono alla produzione di un ridotto numero di esemplari. Le ditte coinvolte furono la Remington UMC (21.677 pistole), la Winchester (nessuna pistola, il contratto fu annullato prima dell’avvio della produzione), la North American Arms (circa un centinaio di pistole, completate nel 1919 e vendute sul mercato civile e, quindi, prive dei marchi di accettazione militari) e la A. J. Savage (che produsse solo 68.000 molle e un numero imprecisato, ma comunque basso, di carrelli che in seguito vennero rilevati dalla Colt e utilizzati per realizzare delle 1911 complete).

La Guerra era finita. E la 1911 non era più una ragazzina. Pur non avendo ancora compiuto dieci anni, era stata testimone e partecipe di un gran numero di eventi entrati a pieno titolo nella “leggenda Americana”. E, come avviene per tutte le vere bellezze, il tempo non fece altro che accrescerne il fascino. Giunta al pieno della maturità, con un semplice, lieve ritocco al trucco nel 1924, fu pronta a condividere una nuova epopea con un’altra generazione di americani: quei “G.I. di Roosvelt” che, con lei al fianco, si avviarono ad entrare, passando attraverso la tragedia della realtà, nel mito delle storie (e della Storia) “di bossoli e marines”…

  

La pistola fotografata in questa scheda è stata prodotta nel 1915. Di conseguenza, pur essendo destinata sin dall’inizio ad una fornitura militare, presenta le stesse caratteristiche delle armi destinate al mercato civile dell’epoca.

Le lavorazioni sono eccellenti e la finitura è di alto livello. Peraltro, la vera produzione “di guerra” iniziò solo alla fine di maggio del 1918 (cioè dalla matricola 290.000 circa); solo a partire da questa data la qualità estetica delle armi prodotte inizia a diminuire (con un calo che risulta evidente soprattutto verso la fine dell’anno), a causa dell’accelerazione della produzione che portò la Colt ad arrivare a realizzare, nel secondo semestre, fino a 2200 pistole al giorno, giungendo a quadruplicare la produzione del 1917. I primi esemplari di 1911, sia civili che militari (fino alla matricola 2.400 circa – prima metà del 1912), erano finiti a specchio. La brunitura di fusto e carrello, detta Carbonia blued o furnace blued, era ottenuta riscaldando sali chimici e parti metalliche in una fornace a gas, mentre le parti più piccole (sicura, grilletto, hold open, cane, ecc.) erano brunite a fuoco (cobalt color). Dalla 2.401 alla 160.000 circa (metà del 1917) la finitura a specchio fu rimpiazzata da una spazzolatura (brushing) a scopo antiriflesso, ottenendo dei pezzi lievemente satinati che poi erano sottoposti al trattamento Carbonia blued. Anche le piccole parti erano brunite chimicamente, ottenendo però una tonalità cromatica più chiara di quella del fusto e del carrello (smoky blue finish). Alcune di queste armi possono presentare una finitura più opaca (duller finish): si tratta di pistole rientrate in arsenale in periodi successivi e sottoposte al trattamento in uso all’epoca di tale rientro. Dalla 160.001 alla 400.000 circa (metà del 1918) la spazzolatura si fece meno fine e il colore delle parti principali e di quelle più piccole diventò quasi uguale e nel complesso più scuro, almeno nelle armi nuove (dato che con l’uso fusto e carrello si schiarivano più rapidamente). Dalla 400.000 in poi, per esigenze belliche, la satinatura venne eseguita con una spazzolatura abbastanza grossolana e la brunitura, ottenuta per immersione delle parti fredde in un bagno chimico riscaldato, portava ad un colore nerastro, tanto che queste armi sono note come Black Colt o Black Army.

La pistola ha tutte le caratteristiche della 1911 originale, prima della versione A1: mirino rastremato, assenza di intagli vicino al grilletto, grilletto lungo, mainspring housing diritto e con anello portacorreggiolo, e poi cane largo e leva della sicura dorsale corta, come si può vedere dal confronto con la Remington Rand del 1943.

 

Sul lato destro del carrello, davanti alla finestra di espulsione, si trova la scritta indicativa del modello:

Su tutti gli esemplari si trova la dicitura “MODEL OF 1911”, seguita poi da U.S. ARMY oppure U.S. NAVY, a seconda che la pistola fosse destinata, rispettivamente, all’esercito o alla marina (15.037 esemplari). A partire dal 1915, comunque, tutte le 1911 militari vennero marchiate esclusivamente come U.S. ARMY, anche quando la marina (a partire dal 1917) riprese ad inviare degli ordini. Nessuna di queste armi fu mai marchiata U.S.M.C.: al Corpo dei Marines ne furono destinate diverse migliaia, che però furono tratte dalle forniture destinate alla marina e, soprattutto, all’esercito.

Sul lato destro della pistola (se si escludono i marchi del banco tedesco di Mellrichstadt, dove è passata nel 1998) l’unico altro dato presente è la matricola. Questa, in particolare, indica che l’arma fotografata lasciò gli stabilimenti Colt il 9 luglio del 1915, diretta all’Arsenale di Springfield, nell’ambito di un lotto di 5000 pezzi, come sempre avvolti in carta oleata e confezionati singolarmente nella loro scatola di cartone marrone. Una valida indicazione dei campi matricolari delle 1911 si può trovare qui. Nei primi 7.500 esemplari prodotti il numero veniva impresso, sempre sul lato destro, davanti al foro del perno dell’hold open, ma in seguito fu spostato più indietro, tra il foro stesso e la guancetta. Nelle prime 4.500 i numeri sono impressi in caratteri Gothic e preceduti dall’indicazione No. Dalla 4.501 si passa al carattere Serif (mantenuto fino al 1924, quando tornò in uso il Gothic), preceduto da NO (che tornerà No. dalla metà del 1918 alla fine della produzione). Va notato che le matricole delle armi di Springfield si inseriscono nella matricolazione assegnata alla Colt, mentre le Remington e le North American Arms usarono serie proprie, per cui sono possibili delle duplicazioni di numeri.

Maggiori dati sono presenti sul lato sinistro. Sul carrello, dietro gli intagli di presa, si trova il cavallino rampante della Colt:

 

Fino alla matricola 20.000 circa (gennaio 1913) il cavallino si trovava nella stessa posizione, ma era inscritto in un cerchio. Dalla 285.000 circa (maggio 1918), sempre nella versione senza cerchio, si spostò invece più avanti, fra le scritte dei brevetti e quelle del nome e indirizzo della Casa di Hartford. Nei periodi di transizione ci fu comunque una certa variabilità della posizione.

Sulla parte anteriore del carrello si trovano diverse indicazioni:

 

Per ovvie ragioni, fino alla matricola 84.000 circa (maggio 1914) erano presenti solo i primi quattro brevetti. A partire da questa data fu aggiunto anche quello del 1913. La scritta UNITED STATES PROPERTY rimase nella posizione visibile nella foto fino alla matricola 510.000 (fine ottobre 1918), quando passò sul lato destro, sopra la matricola, dove rimase per tutta la restante produzione delle 1911 e 1911A1. Le scritte furono rullate in carattere Gothic fino alla metà del 1918, per poi passare al Serif.

Sotto l’hold open, fra il grilletto e la guancetta, veniva impresso il marchio dell’ispettore:

 

L’elenco completo di questi punzoni si può trovare qui. In questo caso si tratta del monogramma “GHS”, formato dalle iniziali del maggiore Gilbert H. Stewart, ispettore della produzione di Colt M1911 dalla matricola 101.500 alla 230.000 (cioè dalla fine di ottobre del 1914 alla fine di dicembre del 1917).

Sulla camera di cartuccia della canna, visibili attraverso la finestra di espulsione, si apprezzano due lettere:

La “P” è il proof mark e indica che l’arma è stata provata. Può essere presente anche su altre parti, ma in questo caso le dimensioni e il formato del carattere utilizzato devono essere tutti uguali, altrimenti è probabile che l’arma in esame sia stata riassemblata a partire da pistole differenti. La “H” (in san-serif) è il marchio del provisional inspector Frank L. Hosmer, che fu il principale responsabile dell’accettazione da parte dell’Ordnance Department presso la Colt. Le stesse lettere possono essere impresse in sedi e con orientamenti diversi, a seconda dei periodi. Questo è l’aspetto visibile nelle armi comprese fra le matricole 110.001-133.187 e 137.401-425.000.

La H dell’ispettore Hosmer si trova anche nella parte posteriore del carrello, sopra la piastrina di fermo del percussore:

 

In questa foto si vede bene anche il profilo della tacca di mira. Quest’ultima, dalla tipica linea ad U, aveva inizialmente il bordo superiore arrotondato, con un andamento parallelo alla porzione superiore del carrello. Dalla matricola 60.000 circa (dicembre 1913) la tacca venne sostituita con una dal bordo superiore diritto, che facilitava l’acquisizione del bersaglio e rimase invariata fino al 1942.

Parlando di congegni di mira, si può ricordare che nelle 1911 il mirino a mezzaluna (non visibile nella foto) aveva i lati che convergevano verso l’alto, mentre nelle A1 questi sono paralleli.

Non staremo a descrivere come si smonta la 1911. L’operazione consente comunque di apprezzare altri marchi sulla parte superiore del fusto, davanti al foro del disconnettore:

 

La H è sempre quella dell’ispettore Hosmer, mentre la R indica un assembler della Colt. Qua e là ci possono essere anche dei numeri, che denotano il controllo finale da parte degli ispettori della Casa di Hartford.

Le guancette sono in noce zigrinato e presentano il caratteristico disegno a losanghe, i cosiddetti diamonds. Il numero delle linee di zigrino era una caratteristica costante. Il passo standard, misurato fra le due cuspidi delle losanghe, era di 15 righe per le Colt, 13 per le Remington UMC e 11 per le Springfield.

Infine, il caricatore. Anche prima di estrarlo dall’arma appare caratterizzato dalla presenza dell’anello portacorreggiolo sul fondello, che venne eliminato a partire dalla matricola 130.000 circa e che era stato adottato in risposta ad una specifica richiesta dell’US Cavalry che temeva che altrimenti il caricatore avrebbe potuto andare perduto in caso di cambio durante una carica.

 

Una volta estratto, si apprezza l’aspetto bicolore. Questo era dovuto al fatto che, dopo la brunitura, la metà superiore veniva immersa in un bagno chimico per indurire i margini delle labbra. Il procedimento chimico dissolveva la brunitura e conferiva il tipico aspetto “dual tone”. I caricatori delle 1911 sono tutti così. Quelli delle A1 no, perché poco prima della Seconda Guerra Mondiale la lavorazione venne invertita, eseguendo la brunitura dopo il bagno chimico. Caricatori di due colori si ebbero comunque fino alla metà del 1943.

Siamo arrivati alla fine. La 1911, che è stata definita “l’ultima pistola da cowboy”, ha attraversato un secolo e non sembra risentirne. Nata quando in giro c’erano più cavalli che automobili e il massimo della modernità nelle comunicazioni era il telegrafo, si è perfettamente inserita nell’era del telefono. Negli Stati Uniti, il 9-1-1 è l’equivalente del nostro “113”: non per niente, molti americani sono soliti dire che, in caso di emergenza… “Call 911 and die; call 1911 and survive!”

Non ci resta che chiudere con l’esploso, qualche misura …

 

Calibro:

.45 ACP

Numero di colpi:

7+1 in canna

Lunghezza canna:

127,5 mm (6 righe sinistrorse)

Lunghezza complessiva:

216 mm

Peso scarica:

1064 g

 

… e un omaggio alla memoria di tutti i doughboys:

 

Bibliografia:

Articoli:

Marco Calcagno; Colt 1911 A1; Milites; 2003; 02; 42;

Francesco Battista; Automatic Pistol Caliber .45 - Model of 1911 - Legend!; Tac Armi; 2004; 10; 40;

Loriano Franceschini; Ispezioni militari sulle "Colt Model 1911"; Armi Magazine; 2003; 11; 122;

Silvio Biagini; Torna la madre di tutte le 1911; Armi Magazine; 2006; 07; 54;

Loriano Franceschini; La Colt 1911 della Savage; Armi Magazine; 2001; 06; 104;

Paolo Fontana; Colt 1911 Contratto Russo; Armi Magazine; 2000; 11; 108;

Francesco Battista; Modelo Argentino 1916 e 1927 Sistema Colt; Tac Armi; 2009; 04; 32;

Libri:

E.J. Hoffschmidt – Know your .45 Auto Pistols – Owner’s Manual – Blacksmith Corporation Publishers, North Hampton, Ohio (USA), 1974

Joe Poyer – Craig Riesch (ed.) – For Collectors Only – The Model 1911 and Model 1911 A1 Military and Commercial Pistols – North Cape Publications, Tustin, California (USA), 2008

William H.D. Goddard – The GOVERNMENT MODELS – Andrew Mowbray Inc. – Lincoln, Rhode Isaland (USA), 1998

Siti Internet:

http://www.coltautos.com/1911.htm

http://www.sightm1911.com/index.htm 

http://www.coolgunsite.com/