Le più comuni cinghie per arma lunga dell’U.S. Army

 

 

 

Scheda di Pikappa, cinghie (quasi tutte) ed armi ritratte dalla sua collezione privata

 

 

 

 

 

 

Quando le finanze, il tempo tiranno, o l’avversa fortuna non permettono di accrescere la famiglia delle ex-ordinanze, cosa può esserci di più appagante che non il ricercare gli accessori per quelle già in nostro possesso?

Credo  che ogni fucile meriti al minimo la sua baionetta, la cinghia e il coprivolata, che spesso, anche grazie ad Internet, sono più reperibili di quanto non si pensi.

Ecco allora senza nessuna pretesa di esaurire l’argomento in tutta la casistica e nei dettagli storici, qualche piccolo cenno sulle cinghie dell’U.S. Army,  per iniziare a vestire degnamente le sue più popolari armi lunghe!

 

Cinghia M1907:

è una complessa e raffinata cinghia in cuoio, i cui esemplari originali sono considerati dai collezionisti americani al pari di una reliquia. Si compone di due sezioni di lunghezza distinta unite tra loro per mezzo dell’asola metallica fissata ad un capo della parte corta. Entrambe le sezioni sono traforate da una doppia fila di occhielli nei quali vanno ad impegnarsi i ganci ad uncino rivettati alle estremità.

Il tutto forma un complesso regolabile dal semplice trasporto del fucile a “spall’arm”, fino al tiro di precisione.

 

 

 

 

 

 

Deriva direttamente dalle varie cinghie in uso fin dalla seconda metà dell’ottocento per i fucili della fanteria, e seguì a breve distanza la cinghia M1903, simile per aspetto ma in un solo pezzo, che si ritrova in due versioni di poco differenti per lo Springfield 1903 e il Krag-Jørgensen.

Ufficialmente adottata nel 1907, fu approvata per il suddetto Springfield, per lo U.S. Model 1917 e , più tardi, per il Garand.

Venne prodotta fino a tutta la II GM con l’unica differenza che fino al 1942 le parti metalliche erano ricavate da una lega d’ottone a volte scurita chimicamente. Dichiarato l’ottone  materiale strategico, dal tardo 1942 i fornimenti furono realizzati in acciaio.

Sul cuoio si ritrovano sovente il nome o sigla del fabbricante e l’anno di produzione, ma una cinghia priva di punzonature non deve allarmare.

Ecco tre esempi nei quali ( da sinistra a destra) si notano fornimenti in ottone , fornimenti in ottone e marchio del fabbricante, fornimenti in acciaio e nessun marchio.

Attenzione: notate che il rivetto termina a filo con la superficie del gancio. Nelle riproduzioni attuali comunemente commercializzate ad esempio su Ebay la testa del rivetto risulta sporgente!

 

 

 

 

 

 

Abbiamo poi un esempio di cinghia nella quale, oltre che con la sigla del fabbricante, il cuoio è punzonato con la data di produzione:

 

 

 

 

 

Cinghia “Kerr” M1917:

è una cinghia di tela color canapa, in due sezioni, anch’essa completamente regolabile e di non intuitivo montaggio sull’arma. Come la precedente cinghia M1907 ricalca l’usuale dottrina d’impiego dell’U.S. Army , secondo la quale la cinghia medesima non era solo un semplice mezzo di trasporto dell’arma, ma un vero e proprio ausilio al tiro mirato.

 

 

 

 

 

Già alla fine del secolo XIX le esperienze maturate al di fuori dei poligoni militari, e in ispecie nel pessimo clima tropicale di Cuba e delle Filippine, avevano messo in luce la tendenza delle varie cinghie in cuoio a deteriorarsi, marcendo e disfacendosi  senza rimedio.

Un primo tipo di sostituto fu cercato con una cinghia detta “ Tropical ” ideata dalla ditta Mills & Orndorff ( già fornitrice di altri accessori come le cartucciere a cinturone), quasi identica al modello inglese che siamo abituati a vedere sui vari SMLE.

Per mediocrità del materiale o della lavorazione, la cinghia della Mills si rivelò anche meno resistente al clima di quelle in cuoio, e non ebbe seguito ( piacque invece agli inglesi, che infatti la adottarono e mantennero invariata per i successivi decenni !).

Un’alternativa valida fu trovata con l’adozione della cinghia tipo “NobuckL” della Kerr Adjustable Strap Company.

La cinghia Kerr fu ufficialmente approvata come cinghia alternativa per lo U.S. Model 1917, lo Springfield 1903, per il Garand e perfino per i Krag-Jørgensen, che ne furono dotati quando accompagnarono in Europa le truppe ausiliarie del contingente americano.

Una cinghia Kerr di poco più corta rispetto all’originale da fucile fu approvata per l’uso con la pistola mitragliatrice Thompson e col fucile automatico Browning 1918.

Frank Mancuso, che la possiede,  me ne ha messe cortesemente a disposizione due foto:

 

 

 

 

 

 

Se ne trovaste una, fate caso al fatto che i fermagli non riportano il marchio del fabbricante e la data di brevetto,  e sono spesso di colore nero a smalto. 

Ecco una delle magliette della cinghia Kerr standard,  col relativo dettaglio ( si legge la data del brevetto, 7.21.1914):

 

 

 

 

 

 

A partire dalla presentazione dalla stessa casa produttrice, sulla cinghia Kerr vanno fatte tre interessanti annotazioni:

 

 

 

 

 

 

1)      Malgrado le istruzioni per il montaggio, la denominazione ufficiale, e la convinzione che ne derivò in seguito fra tiratori e collezionisti, la cinghia Kerr non nacque per lo U.S. Model 1917, anzi: fu sempre considerata un’alternativa alla cinghia M1907, e risultò come tale meno diffusa.

 

2)      Come nota alle istruzioni, la Kerr specifica che la sua cinghia poteva essere usata anche sul “russian rifle”! Considerando che all’epoca erano in essere con la Remington e la Westinghouse i contratti per la fornitura dei Mosin 91, non si può pensare che a questi ultimi, pur con la necessità di montare comunque i collari passanti nel calcio. Ma visto che la Kerr era un’azienda privata, chi mai le aveva suggerito di specificare che la sua cinghia era adattabile ai fucili  russi? Ricordiamo comunque che, essendo rimasti in giacenza presso la Westinghouse moltissimi Mosin dei quali il governo zarista prima, e quello sovietico poi, non avevano onorato il pagamento, il contingente americano che sbarcò a Vladivostok per tuffarsi nel calderone della guerra fra bolscevichi e russi bianchi era armato in buona misura con quei fucili. [1]

 

3)      Infine, la cinghia Kerr sembra esistere in due varianti:vediamole a stretto contatto, in modo che la differenza salti all’occhio senza troppe parole:

 

 

 

 

 

E un dettaglio del montaggio:

 

 

 

 

 

Si nota che mentre la cinghia in alto ha una seconda maglietta metallica sull’asola, quella in basso ne ha una sola, e il fermaglio può impegnarsi direttamente e solo su questa.

Subito dopo la dolorosa conclusione di aver ricevuto una cinghia “monca” della seconda maglietta, ne ho trovata la fotografia sul libro dedicato al Pattern 1914 and U.S. Model 1917 Rifle (Stratton , op. cit. , capitolo 17), ma è l’unica, e accompagnata da nessun’ altra notizia, quindi il tarlo del dubbio rimane.

La presunta variante con due magliette è tuttavia la più comunemente illustrata e descritta: chi ne sapesse di più, si faccia avanti!

 

Cinghia M1:

 è questa una semplicissima cinghia di canapa in un solo pezzo, che forse non merita neppure una descrizione.

E’ regolabile unicamente per esigenze di trasporto, e non ha pretese di essere un ausilio al tiro.

Si richiude su se stessa passando attraverso un fermaglio metallico a morsetto, che stringe l’uno sull’altro i due capi dell’asola bloccandone lo scorrimento.

 

 

 

 

 

 

Pur avendo scelto il modernissimo Garand come arma della fanteria, gli americani, fedeli ai simboli immortali del tiratore scelto, vi adattarono la venerata cinghia M1907. Così come i simboli immortali, non erano però cambiate neppure le pessime abitudini della guerra, tra cui quella di deteriorare gli uomini e i materiali.

La cinghia 1907, delicata, complessa e costosa, mostrò di nuovo tutti i suoi limiti. Al diavolo i simboli e il tiro di precisione in poligono! Il fante americano doveva essere dotato di qualcosa che fosse ad un tempo pratico, robusto ed economico.

E cinghia M1 fu, adottata  al principio del  1943 e prodotta in differenti versioni fin quasi ai giorni nostri: 

  • M1: è il primo tipo in tela khaki, spesso marcata con data e nome del fabbricante, la parte mobile del fermaglio si presenta piatta. La parti metalliche sono parkerizzate o in qualche caso brunite.

  • M1, tipo 2: uguale alla precedente, ma in tela verde oliva: prodotta dalla metà del ’43 al ’45.

  • M1, tipo 3: in tela verde oliva, si distingue per il fermaglio solcato da una nervatura trasversale: prodotta dal primo dopoguerra fino alla metà degli anni ’50.

  • M1, tipo 4: verde oliva, come la variante 3 ma di poco più larga e con una tela a trama più grossolana. Le cinghie dei tardi anni’50 e primi ’60  si distinguono per le parti metalliche in ottone scurite chimicamente. Fu prodotta fino ai primi anni ’70.

  • M1, tipo 5: una variante tardiva e di uso limitatissimo, in cui la tela venne sostituita dal nylon (verde o marrone). Le parti metalliche erano di acciaio ricoperte da una film chimico verde e i soli rinforzi di estremità talvolta a smalto nero.

Ecco qui una cinghia M1 di primo tipo ( contrariamente a quanto detto sopra, non reca tracce di  marchi, a meno che non siano spariti col tempo), a fianco di una “tipo 4”. Si notano facilmente le differenze fra le parti metalliche, la larghezza della cinghia e il tessuto utilizzato.

 

 

 

 

 

 

Cinghia per carabina M1:

è a mio giudizio la più simpatica fra quelle in dotazione all’esercito USA, forse per il giocattolino cui era destinata, forse per il suo praticissimo montaggio.

 

 

 

 

 

 

E’ anch’essa una semplicissima cinghia di canapa in un solo pezzo, che si si richiude su se stessa dal lato della volata con un apposito bottone, e passa nel calcio dell’arma avvolgendosi attorno all’oliatore e bloccandosi in un doppio fermaglio che ne consente la regolazione in lunghezza.

Non ha subito particolari evoluzioni, se non per il colore della tela ( khaki inizialmente, verde oliva dal 1944 in poi), e per la forma dei rinforzi metallici sulle estremità: le cinghie del periodo bellico hanno infatti i rinforzi sagomati a forma di grossolana “C”, mentre quelli postbellici sono pieni. Che alcune cinghie siano state prodotte coi rinforzi pieni verso la fine della guerra è da taluni autori offerta come ipotesi, senza però alcun riscontro ufficiale.

Ecco due cinghie del periodo bellico nelle differenti colorazioni:

 

 

 

 

 

 

Ed ora tre dettagli delle parti metalliche:

 

 

 

 

 

 

La prima cinghia in alto, malgrado i rinforzi a C,  è quasi sicuramente un “tarocco” spacciato per originale bellico: si notano il tessuto grossolano e le parti metalliche di aspetto e finitura dubbi.

La cinghia in basso è invece di produzione postbellica.

 

 

 

 

 

 

Ecco poi un marchietto che non indica un fabbricante ma semplicemente un trattamento antimuffa, e si può ritrovare sia sulle cinghie in tela, sia su quelle in cuoio:

 

 

 

 

 

 

MRT sta per “mildew resistent treatment”, e può essere seguito o meno dalla data di applicazione del trattamento stesso ( solitamente nel dopoguerra avanzato).

Non si può parlare della cinghia per la carabina M1 senza far menzione almeno brevemente dell’oliatore, senza il quale la cinghia stessa non avrebbe nemmeno la possibilità di essere montata sull’arma.

Nel periodo bellico tutti gli oliatori furono prodotti dalla International Silver e riportano di norma il monogramma IS sul fondello. Nei primi tempi era uso stampigliare l’iniziale della International Silver seguita da quella del fornitore primo della carabina ( non di tutti), avendosi così oliatori marcati: “IW”,  per le carabine Winchester, “IQ” per le Quality Hardware, “IR”  per le Rock-Ola e così via.

L’usanza fu poi abbandonata, e si trovano così oliatori con il solo punzone IS. Credo che trovare un oliatore la cui sigla corrisponda a quella del fabbricante della propria carabina sia l’equivalente della ricerca dell’araba fenice!

Quindi, senza troppo disperarsi, ecco un bell’oliatore del periodo bellico fianco a fianco con uno di origine sospetta ( si! nella foto a destra si nota malamente spiegazzato il solito panno verde che uso come sfondo…provate voi a farci stare in equilibrio un tubetto di neanche un centimetro di diametro!!)

 

 

 

 

 

 

Una raccomandazione forse superflua: trovandovi a montare la cinghia sulla vostra M1, non tentate mai di passare la cinghia nello scasso del calcio lasciandola lasca per poi inserirvi l’oliatore. L’operazione risulterebbe difficoltosissima e vi ritrovereste a tirare disperatamente la cinghia col rischio di strapparla o di danneggiare i legni. Inserite invece l’oliatore nel suo recesso e fategli scorrere attorno la cinghia per poi tenderla e fissarla nel fermaglio: il tutto avverrà senza il minimo sforzo! Procedete all’inverso per lo smontaggio.

 

 

 

 

GALLERIA

 

Esaurito il tempo delle chiacchiere, ecco a titolo illustrativo e di incoraggiamento una piccola “galleria degli antenati” con i loro abiti della festa!

Cominciamo da due venerandi protagonisti della storia militare americana:

 

 

 

 

 

 

Dopo aver scritto che la cinghia Kerr non era quella più tipica per lo U.S. Model 1917, ho pensato bene di montarcene una, perché trovo che gli stia benissimo!

Lo stesso dicasi per il Krag 1898….  Non dispongo della cinghia M1903, e a mio parere la M1907, pur legittimamente utilizzabile, poco si adatta a questo fucile: essendo infatti la distanza tra le magliette di molto inferiore che nello Springfield 1903 o nello U.S. Model 1917, la cinghia rimane a penzoloni con deprecabile effetto estetico. 

Cionondimeno, poiché la cinghia M1907 ha la sua indubbia eleganza , eccola montata su uno Springfield 1903 (produzione Remington circa 1942):

 

 

 

 

 

 

E neppure stona sul moderno Garand:

 

 

 

 

 

 

Il Garand in alto nell’immagine è uno Springfield del tardo 1942, quando ancora la cinghia M1907 era la “sua” cinghia, e spesso con le fibbie in ottone.

Il particolare della cinghia qui di seguito mostra che oltre al solito fabbricante “ B.T.&B.Co.” è presente anche un numero “12” che non può certo essere la data ( a meno che non sia un “42” mal riuscito):

 

 

 

 

 

 

Il fratello minore, quello sotto, è databile invece alla metà del 1945, ed è la tipica macedonia di componenti che spero dovuti solo ;-)) al passaggio in Danimarca ( la canna è una VAR, il calciolo è marcato PB, e la fascetta a mezza canna è della BMB).

Comunque sono contento di aver trovato una cinghia M1 khaki di primo tipo cui i danesi hanno apposto il marchietto “FKF” coronato. Peccato non applicargliela subito!

 

 

 

 

 

 

Abbiamo poi il giovanotto del gruppo, un Harrington & Richardson del ’54 con la sua cinghia M1, tipo 3:

 

 

 

 

 

 

In ultimo ecco le sorelline terribili, per presentare le quali non ho resistito alla tentazione di tirare fuori l’armamentario al completo. Le cinghie sono del periodo bellico, nelle due varianti di colore: 

 

 

 

 

 

 

 

CENNI SULLA MANUTENZIONE

 

Lo stato di conservazione in cui queste cinghie ci giungono può meglio definirsi “ di vario degrado”, e ciò specie per quelle in cuoio. Credo quindi che un breve cenno su come rallentarne il deterioramento non possa guastare. Faccio riferimento alla mia sola esperienza diretta, e quindi ogni altro suggerimento sarà gradito.

Per le cinghie in tela il discorso si presenta semplicissimo: senza lasciarsi travolgere da sindromi in stile casalinga disperata, l’odore di muffa e altro che la nostra cinghia quasi sicuramente sprigionerà può essere debellato con un semplice lavaggio in acqua tiepida e sapone Marsiglia. Questo le donerà anche un aspetto più lindo: non vogliamo una pulizia ospedaliera, ma neppure è molto piacevole maneggiare un cordone di canapa unto e bisunto.

Consiglio: evitate detergenti aggressivi o metodi meccanici. Non fate come me, che, fiducioso negli inchiostri e nella tela militare, ho cancellato per sempre da una cinghia inglese la più bella data “1918” che avessi visto fino ad oggi!!

Le cinghie in cuoio richiedono invece un trattamento articolato e prodotti più specifici, e siccome un’immagine vale mille parole, ecco qui sotto gli agenti speciali:

 

 

 

 

 

Per prima cosa si dovrà procedere alla pulizia della superficie facendo uso del “sapone da selle” ( barattolo a sinistra). Ci si può avvalere di una comune spugna da piatti ben umida, passarla sul composto, e strofinare la cinghia: si vedrà subito formarsi una schiuma sporchiccia che risciacqueremo con abbondante acqua tiepida, curando di non lasciarne traccia nel lavello della cucina ( semprechè non abbiamo la certezza di essere soli in casa, almeno per qualche tempo ;-)).

A cuoio perfettamente pulito, lasceremo la cinghia ad asciugare preferibilmente appesa e, non sto a dirlo, lontana da qualunque fonte di calore.

Acqua e cuoio non vanno d’accordo, pertanto, dopo aver atteso che quest’ultimo non rechi traccia di umidità, passeremo alla fase manutentiva vera e propria.

Il grazioso flacone celeste è il cosiddetto “olio da finimenti”: a cuoio pulito e perfettamente asciutto l’olio andrà spalmato con generosità insistendo su tutti i punti già deteriorati o soggetti a frizione e usura: asole, fori, pieghe.

Specie se il cuoio risultava secco, subito l’olio verrà assorbito e comincerà ad ammorbidirlo, ridonandogli elasticità: può darsi siano necessarie varie mani ripetute nell’arco di più giorni.

Già dopo queste due semplici operazioni la nostra cinghia avrà in larga misura perso quell’aspetto asciutto e sofferente di cartapecora, ma, volendo proprio nutrirla al meglio, ci soccorrono gli ultimi due barattoli della serie rappresentata.

Il grasso di foca (ovvero come fare uso del più politicamente scorretto nonché efficace lubrificante che il mondo animale ci possa offrire): e ho detto tutto… All’infuori di questo grasso non credo che esista migliore nutrimento per il cuoio: e’ untuoso, puzzolente e, nella varietà di questo barattolo che ho conservato dai tempi del servizio di leva (1990!), di un colore nero capace di imbrattare tutto e tutti, ma ha una resa senza paragoni. Il cuoio della cinghia ne uscirà incredibilmente ammorbidito e, specie se scuro, ravvivato nella sua tinta originale.

Il lucido grasso: non lucida affatto, ma è quasi altrettanto efficace del grasso di foca, nonché di colore neutro,  quindi adatto qualora non si voglia scurire la tinta del cuoio.

Dimenticavo di aver fatto uso occasionale anche del …lucido da scarpe! Non me ne vogliano i puristi: in caso di evidenti scoloriture o abrasioni, un po’ di buon lucido ridona colore e prepara al successivo trattamento con il grasso, che d’altro canto smorza la lucentezza e lascia quella bella patina semiopaca di vero cuoio militare. Ciò ho verificato specialmente valido per certe cinghie di cuoio rossiccio come quelle francesi.

Dopo tutto questo è evidente che una cinghia pesantemente screpolata o sfilacciata non tornerà nuova e pronta ad un uso intensivo, ma certo le avremo ridato dignità, assicurandole una vecchiaia serena e permettendole di costituire un bellissimo complemento al fucile cui era destinata.

Buon divertimento!

 

 

 

Bibliografia consultata e fonti Internet:

§   Canfield, Bruce – An Illustrated Guide to the M1 Garand and M1 Carbine – Andrew Mowbray Publisher, 1999

§   Canfield, Bruce – An Illustrated Guide to the ’03 Springfield Service Rifle – Andrew Mowbray Publisher, 2001

§   Mallory, Franklin B. & Ludwig Olson – The Krag Rifle Story – Springfield Research Service, 2nd Edition, 2001

§   Poyer, Joe – The American Krag Rifle and Carbine – North Cape Publications

§   Poyer, Joe & Craig Riesch – M1 Garand 1936 to 1957- North Cape Publications, 3rd Edition Revised and Expanded

§   Stratton, Charles – The Pattern 1914 and U.S. Model 1917 Rifle - North Cape Publications

 

§   http://www.rollanet.org/~stacyw/index.html - Un sito conosciutissimo sulle cinghie da fucile in genere.

 

 

 

[1] ERRATA CORRIGE: le truppe che sbarcarono a Vladivostok provenivano da quelle di stanza permanente nelle Filippine, e risultavano quindi armate con gli Springfield 1903. Ex novo nacque invece il corpo di spedizione americano ad Arcangelo - conosciuto poi come “Polar Bear Expedition” – e fu questo, per ragioni di convenienza logistica, ad essere armato con i Mosin-Nagant 1891 di produzione statunitense (vedi anche la scheda sui Mosin USA).