Mauser C96

 

Scheda di Pat - arma fotografata della sua collezione privata (cliccare sulle foto per ingrandirle).

 

Dalle sabbie di Omdurman a una Galassia lontana lontana...

Erano gli anni Settanta… Per noi, che all’epoca avevamo poco più di dieci anni e – in un mondo in cui nessuno aveva ancora nemmeno pensato alla politically correctness ­– stavamo crescendo “a bossoli e marines”, le frontiere dell’avventura erano essenzialmente due: il Far West e i campi di battaglia della Seconda Guerra Mondiale. Giocando, abbiamo sterminato milioni di indiani, tedeschi e giapponesi. Le fonti del mito, quelle da cui trarre ispirazione per la trama delle nostre avventure, erano grandiose, ma piuttosto limitate come tipologia: un po’ di televisione (poca), qualche film e – soprattutto – i fumetti. Tralasciando due grandi filoni che però non avevano nulla a che vedere con l’argomento di cui stiamo parlando (Paperi & Topi e i primi Supereroi), restavano le storie western, su cui svettava l’immenso Tex delle origini, e … una serie di albetti piuttosto spartani nella confezione, tanto da sembrare quasi “monouso”, e che invece venivano letti e riletti, e passati di mano in mano, fino oltre i limiti della loro usura fisica: testate come “Eroica”, “Super Eroica” e “Guerra d’Eroi” sono rimaste indelebili nella nostra memoria. Si trattava di storie autoconclusive, dove i personaggi erano uomini e donne comuni che compivano gesta eroiche, scritte e disegnate da autori (alcuni anche di alto livello in ambito fumettistico) che quella guerra l’avevano vissuta e, in molti casi, combattuta. E si vedeva. Ad esempio, gli aspetti tecnici e la rappresentazione grafica delle armi impiegate dai vari eserciti erano sempre molto realistici. Potevi riconoscere di che arma si trattava solo guardando il disegno. Anche se non lo sapevamo, per molti di noi, giovanissimi, quello fu il primo passo verso la nostra formazione di collezionisti di ex-ordinanza. Si apprendevano solo i fondamentali, ma fatti molto bene e sempre senza errori.

Fra i “grandi classici” che imparammo subito a riconoscere a colpo d’occhio c’era una pistola tedesca inconfondibile: canna lunga, caricatore davanti al grilletto … nessun dubbio: era “la” Mauser.

 

 

Per noi, forti di questa “formazione”, era motivo di profonda soddisfazione riuscire a riconoscere le varie armi quando, occasionalmente, comparivano nelle foto sui giornali, al telegiornale o nei film. Praticamente … “questa la so!”. Da questo punto di vista, la Mauser ebbe il suo momento di gloria nel 1975, quando la vedemmo protagonista (meglio: arma del protagonista) in uno sceneggiato televisivo (allora non si chiamavano fiction …) dal titolo “Il Marsigliese” che, personalmente, ricordo solo per la presenza di quest’arma:

Il Marsigliese

Non lo potevamo sapere (eravamo troppo giovani) e lo avremmo scoperto solo alcuni anni più tardi, ma la nostra arma era già stata al centro di un’altra storia, questa volta sul grande schermo: nel 1968, il regista Sergio Corbucci realizzò uno spaghetti western dal titolo “Il grande Silenzio” in cui Jean-Louis Trintignan interpreta un infallibile pistolero muto che per il suo “lavoro” fa uso di una Mauser C96. Come? Beh … ho montato un piccolo trailer con alcune scene del film, con la nostra pistola all’opera. Potete vederlo cliccando qui sotto …

Il grande Silenzio

Ma non era finita … nel 1981, un grande autore del fumetto francese, Yves Swolfs, noto fra l’altro per il suo disegno estremamente realistico e la documentazione quasi maniacale su cui basa la riproduzione degli ambienti e degli oggetti delle sue storie, dava il via ad una saga western, intitolata “Durango” dal nome del protagonista, che rappresenta un omaggio e quasi un sequel a “Il Grande Silenzio”. L’arma è sempre la stessa …

Abbiamo parlato di cura quasi ossessiva dei dettagli?... Beh, guardate: non solo il bossolo in volo, ma anche i colpi nel cinturone sono a collo di bottiglia … 

Intanto, gli anni erano passati … nuove frontiere si erano aperte alle piste dell’avventura. E nel 1977, George Lucas aveva sconvolto il modo di fare e pensare il cinema, portando nelle sale un film che, in Italia, giunse con un titolo che, tradotto dall’originale, come si usava all’epoca, rimase per sempre nel nostro immaginario. Dopo Guerre Stellari, nulla fu più come prima. Ma certe cose non cambiano mai, al massimo si evolvono … e il grande Harrison Ford diede vita ad un fantastico Han Solo, capace di attraversare le galassie (compresa quella lontana lontana …) armato di una C96 in versione blaster!

Ma non esiste solo il mondo della fantasia … Anche in quello reale, gli episodi e gli aneddoti che hanno visto protagonista la nostra pistola sono molto numerosi, alcuni più noti, altri meno. Sappiamo che la Mauser, all’epoca adottata e consegnata alla Marina Italiana solo da pochi mesi, armò i marinai del nostro corpo di spedizione in Cina del 1900, quello della famosa “rivolta dei boxer” (narrata in un grande film, “55 giorni a Pechino”). È risaputo che una C96 fu una delle armi utilizzate dai bolscevichi per assassinare ad Ekaterinburg, nella notte fra il 16 e il 17 di luglio del 1918, lo Zar Nicola II e tutta la sua famiglia. Ci sono però episodi meno conosciuti, che a volte si sviluppano attraverso una concatenazione di eventi che ha dell’incredibile … Nel 1896, a Bombay, in India, un giovane ufficiale britannico, a seguito di un incidente verificatosi mentre scendeva da un’imbarcazione,  riportò una lussazione traumatica della spalla destra, che non guarì mai completamente. Anche con una spalla slogata il nostro uomo rimase in servizio negli anni successivi, ma non fu mai più in grado di utilizzare proficuamente la sciabola in battaglia. Dovette quindi ripiegare su altre soluzioni. Infatti, due anni dopo, e precisamente il 2 settembre del 1898, ritroviamo il nostro ufficiale, col grado di tenente, al comando di un plotone del 21° lancieri, che guidò alla carica di una massa di dervisci nella battaglia di Omdurman, in Sudan. Proprio a causa della lesione alla spalla, appena iniziata la carica il nostro uomo rinfoderò la sciabola ed estrasse la pistola. Non si trattava però del revolver Webley & Scott d’ordinanza, ma di un’altra arma, che il nostro cita specificamente nelle sue memorie: «A Londra mi ero procurata una Mauser dell'ultimo modello; e nella marcia di avvicinamento e poi risalendo il Nilo non avevo trascurato di esercitarmi nel tiro. Quella era l'arma con la quale avevo deciso di combattere.» Si trattava di una pistola per l’epoca modernissima, di calibro inferiore a quello di ordinanza britannico, ma alimentata da un caricatore capace di ben dieci colpi. Per il nostro uomo, quella scelta fu la sua fortuna. Sullo slancio della carica, il giovane tenente si trovò ad un certo punto oltre lo schieramento dei dervisci, temporaneamente isolato dai suoi e circondato da numerosi nemici sparpagliati, che lo aggredirono disordinatamente. Riuscì ad abbatterne tre con diversi colpi della sua pistola e, senza avere il tempo di ricaricare, a riportarsi in mezzo ai suoi uomini, sopraggiunti nel frattempo. Qui, improvvisamente, venne attaccato da un ultimo derviscio, che – apparso dal nulla – gli si parò di fronte con la lancia alzata, cercando di ucciderlo. L’ufficiale lo fermò a meno di un metro di distanza, con l’ultimo colpo rimasto nella sua pistola. Oggi possiamo dire che, per una curiosa concatenazione di fatti apparentemente casuali, senza il banale incidente di Bombay, che impedì per sempre al giovane inglese di usare la sciabola e lo costrinse ad utilizzare la pistola, e senza la sua lungimiranza che lo portò a scegliere di dotarsi di un’arma ad alta capacità di fuoco come la Mauser, la storia del mondo sarebbe probabilmente stata molto diversa. Già … perché il giovane tenente, molti anni dopo, sarebbe diventato il grande statista, primo Lord dell'Ammiragliato, primo ministro di Sua Maestà Britannica, sir Winston Spencer Churchill, che qui sotto possiamo vedere in una foto dei suoi anni giovanili, all’epoca dei fatti narrati. Notare la pistola alla cintura …

 

Ma da dove arrivava questa pistola prodigiosa? L’ultimo decennio dell’Ottocento fu, soprattutto in Europa, un periodo caratterizzato da un’incessante comparsa di novità, con un alternarsi di soluzioni tecniche e modelli in parte destinati a scomparire rapidamente, come meteore presto dimenticate, ed in parte capaci di sopravvivere per decenni, conquistare una fama imperitura, avere un successo spettacolare e, per certi versi, risultare valide o quanto meno affascinanti ancora oggi. Nell’epoca della nascita delle pistole semiautomatiche, la Mauser C96 (Construktion 96) costituisce uno spartiacque: a seconda di come la si guarda, fu l’ultima dei prototipi (con tutti i loro limiti) e al tempo stesso la prima che si possa definire moderna, completa e funzionalmente valida. Nello stesso anno 1893 in cui Borchardt presentava la sua nuova arma in calibro 7,65 mm, splendida per noi collezionisti, ma all’epoca ancora troppo complessa per poter essere davvero valida per un impiego su larga scala, nello stabilimento Mauser di Oberndorf i fratelli Fidel, Joseph e Friedrich Feederle incominciarono a lavorare al progetto di una pistola semiautomatica. Quasi in segreto. Già, perché, mentre la maggior parte delle case produttrici europee si impegnava con slancio nello studio di nuove armi corte di questo tipo, Paul Mauser, sull’onda del clamoroso successo dei suoi fucili, non ne voleva nemmeno sentire parlare, considerando tutto ciò una perdita di tempo e di risorse. Anzi, si narra che quando scoprì che i fratelli Feederle si dedicavano allo studio di una pistola in orario di lavoro fece loro una solenne sfuriata, costringendoli a proseguire la loro attività … di domenica. È vero che all’epoca egli non era più il principale azionista della Mauser (passata, attraverso una serie di acquisizioni azionarie, sotto la Ludwig Loewe und Companie di Berlino, che aveva così assunto il controllo della produzione, lasciando a Paul un ruolo di direttore tecnico), ma la sua voce era ancora ascoltata in ambito progettuale. La Mauser aveva già provato a realizzare armi corte nei decenni precedenti (pistole monocolpo, piccoli lotti di Reichsrevolver, un altro revolver noto come “zig-zag”, una semiautomatica caduta ben presto nel dimenticatoio), ma senza grande successo. Nelle prime fasi della sua messa a punto da parte del dipartimento di ricerca e sviluppo della Mauser sotto la supervisione del capo del dipartimento progettazioni, Fidel Feederle (coadiuvato dai suoi fratelli), l’arma venne presentata, soprattutto agli occhi di Paul Mauser, come una sorta di prototipo, finalizzato alla realizzazione di un fucile semiautomatico. E in effetti nelle sue linee fondamentali la C96 è proprio un “piccolo” fucile dell’epoca (canna lunga, serbatoio davanti al grilletto, alimentazione mediante lastrine, alzo tarato fino a 1000 metri …), dotato di un meccanismo semiautomatico. Quest’ultimo però si rivelò inadatto a un’arma lunga, “costringendo” la ditta a ripiegare sulla realizzazione di una pistola. Che – una volta convinto della bontà del progetto – Paul Mauser cercò in tutti i modi di propagandare e far adottare ufficialmente da qualche grande esercito … senza mai riuscirvi. Nonostante il suo indubbio successo, la C96 non fu mai adottata su larga scala dalle forze armate di qualche Paese. Certo, conosciamo tutti l’ordine di 5000 pezzi del 1899 per la Regia Marina Italiana (che divenne così la prima forza armata al mondo ad adottare ufficialmente una semiautomatica); senza adozione ufficiale, un migliaio di pezzi fu acquistato dall’impero ottomano, e – più tardi – un altro piccolo lotto dall’esercito persiano. Il Messico ne ordinò un grosso quantitativo, che però non venne mai ritirato. Per fortuna della Mauser, queste armi, insieme a molte altre, furono acquistate in tutta fretta dalla Germania quando, nel 1914, in seguito allo scoppio della Grande Guerra, l’esercito imperiale si trovò a dover affrontare una grave penuria di armamenti. Nei primi due mesi di guerra furono consegnate ai militari tedeschi 10.159 pistole, per lo più costituite dai pezzi del “contratto messicano” rimasti nei magazzini. Destinata in prima battuta a sostituire o affiancare la sciabola, la C96 venne in seguito introdotta a tutti i livelli nelle forze armate tedesche, assegnata ai reparti di cavalleria, artiglieri, polizia militare, mitraglieri e armaioli di reparto.

L’impiego bellico evidenziò pregi e difetti della pistola, che ebbe giudizi altalenanti. Uno dei suoi limiti non dipendeva dall’arma, ma dagli utilizzatori: le semiautomatiche in genere, e soprattutto quelle raffinate, non erano adatte all’uso da parte di militari scarsamente addestrati, a volte semianalfabeti, che si trovavano frequentemente nei ranghi dell’epoca. Ma venne evidenziato anche un problema vero: il meccanismo di sicurezza non svolgeva adeguatamente il suo compito. Nei primi anni di servizio furono segnalati parecchi incidenti, alcuni anche con esiti letali. Proprio in seguito a questi eventi, nel 1915 venne introdotto nelle pistole Mauser un nuovo sistema di sicurezza, denominato “Neue sicherung” (nuova sicurezza). Tuttavia, anche con questa nuova versione del meccanismo, il problema della sicurezza delle C96 militari tedesche non venne risolto, tanto che le segnalazioni continuarono fino alla fine del 1918. Questa caratteristica fu finalmente eliminata nel modello 1930, con l'adozione di una leva di nuovo tipo e un cane e una barra di scatto modificati.

Nel suo lungo periodo di produzione (dal 1896 al 1937), la pistola vide un susseguirsi di versioni che, fermo restando il modello base, ne caratterizzarono l’evoluzione. La prima prova a fuoco, ancora in fase sperimentale, avvenne il 15 marzo 1895. Sull’arma usata venne incisa la data, ma oggi ce ne restano solo le foto, perché è scomparsa dopo la fine della Grande Guerra. La pre-produzione industriale partì a gennaio del 1896; il 20 agosto dello stesso anno il Kaiser Guglielmo II sparò una ventina di colpi con una di queste armi in un poligono di tiro tedesco, apprezzandola, ma non abbastanza da decretarne l’adozione ufficiale. L'arma tornò a Oberndorf, e sul fianco sinistro del serbatoio, in maiuscoletto e con caratteri latini,  fu riportata la scritta “Halte mich in Ehren!” (“Onoratemi!”) seguita da una breve dicitura in caratteri gotici che ricordava l’avvenimento. Anche di questa oggi restano solo le foto, perché se ne sono perse le tracce.  Le prime C96 erano dotate di serbatoi da 6, 10 e 20 colpi, ma ben presto ci si orientò verso la capacità intermedia, benché anche le altre versioni continuassero a venire prodotte per anni. Allo stesso, modo, all’inizio si osservarono diverse varianti di calcio-fondina, guancette, ecc… Una volta messo a punto il modello base, si ebbero comunque delle modifiche che, attraverso variazioni della forma del cane, fianchi piatti e fianchi pannellati, realizzazioni in calibri diversi (7,63 Mauser, 9 Parabellum, 45 ACP, 9 Mauser Export) canne lunghe e canne corte, ecc. si avviarono a diventare croce e delizia dei futuri collezionisti. La descrizione dettagliata di queste varianti va al di là dei limiti di questa scheda. Per una “guida rapida” all’identificazione di una di queste pistole, può essere utile fare riferimento a questo sito ed in particolare a questa pagina. Tuttavia, basandomi su quanto riportato in letteratura, ho provato a riassumere le caratteristiche fondamentali dell’evoluzione della C96 in una tabella, riportata qui sotto. Si deve tenere presente che le date e i campi matricolari, per quanto spesso abbastanza precisi, hanno solo valore indicativo (e i numeri devono sempre essere intesi come “circa”, con variazioni a volte anche di 2-3.000 pezzi o anche di più), perché tra i dati pubblicati esistono in certi casi delle discordanze e una parte della documentazione originale è andata perduta, visto che gli archivi della Mauser furono distrutti dagli alleati nel periodo di occupazione immediatamente successivo alla fine della seconda guerra mondiale. Inoltre, dato che ovviamente “non si butta via niente”, alcuni pezzi di vecchio tipo sono stati certamente montati fino ad esaurimento su modelli più recenti, portando alla comparsa di “ibridi” con caratteristiche intermedie.

Periodo

Campi matricolari

Tipo/Modello

Note

Foto

(cliccare per ingrandire)

Marzo 1895 - Settembre 1896       

1-90                             

Prototipi e pistole pre-produzione

Praticamente realizzati a mano mentre si studiava l’ingegnerizzazione della produzione in serie.

Settembre 1896 – Aprile 1897        

90-359                        

Modelli di transizione pre-produzione

Verso la matricola 200 si passa da uno a due tenoni di chiusura.

 

1897                 

1-1.000        (matricolazione in serie separata)               

Contratto col governo turco per armare la guardia personale del sultano Abdul Hamid II - numerazione separata in Farsi

 

Serbatoio da 10 colpi. Cane con anello a cerchi concentrici e foro centrale (Cone Hammer)

Aprile 1897 – Fine 1899        

360-14.999                 

Primo modello in produzione.

Dato che all’inizio le vendite commerciali erano scarse, per simulare una produzione maggiore in questo periodo la Mauser “saltò” alcuni blocchi matricolari, che in parte vennero utilizzati più tardi per modelli posteriori (ad esempio, nell’autunno del 1897 si passò dal numero 1000 al 4000, recuperando le matricole mancanti l’anno successivo).

Ciò può spiegare alcune incongruenze.

La produzione inizia col modello Cone hammer (foto in alto). Nel 1898, intorno alla matricola 12-15.000, il cane viene modificato sostituendo i cerchi concentrici con un grande anello centrale (Large Ring) (foto in basso). Il maggior acquirente di questo modello fu la Russia.

 

 

1899                  

1-5.000                (matricolazione in serie separata). Qualcuno parla di 5300 pezzi.               

Modello 1899 Marina Italiana

 

Large Ring, flat side (fianchi lisci; dopo poche migliaia di pezzi si tornò ai fianchi pannellati dell’inizio della produzione)

1899 – Metà 1902        

20.000-28.999            

Secondo modello in produzione

Large Ring, flat side. Percussore di secondo tipo (vedi oltre).

1902-1905        

29.000-39.999            

Terzo modello

 

Nella seconda metà del 1902, verso la matricola 33.000, tornano i fianchi pannellati. Nel 1904, intorno alla matricola 36.000, viene adottato un cane con un foro più stretto (Small Ring) (Foto in alto).

Più o meno in questo periodo inizia la produzione della versione “Bolo”, venduta soprattutto in Russia (foto in basso).

 

 

1905-1910        

40.000-90.000            

Quarto modello. Nel 1907 compaiono i modelli in calibro 9x25 Mauser Export.

Estrattore corto e largo, invece che lungo e stretto come nei modelli precedenti.

1910-1912        

90.000-130.000          

 

Nel 1912, intorno alla matricola 100.000, la canna passa da 4 a 6 righe

1910 (oppure 1911, oppure 1912)                 

154.000-155.000         

Contratto persiano per 1000 pezzi

La datazione non è chiara e la numerazione è strana.

Quasi tutti i contratti militari avevano una matricolazione separata che iniziava dal numero 1; questo fa eccezione. Però questo campo matricolare non è congruo con l’anno di fabbricazione.

 

1912-1918         

130.000-433.999          

Nel 1914, intorno alla matricola 180.000, inizia la produzione bellica

Nel 1915, intorno alla matricola 280.000, viene introdotta la nuova sicura ("Neue sicherung").

Anello del cane stretto, fianchi pannellati, due versioni: 1912 (in calibro 7,63 Mauser) e 1916 (in calibro 9 Parabellum, c.d. “9 rosso”, in serie matricolare separata)

1916-1918        

1-150.000       (matricolazione in serie separata)                                     

Contratto esercito tedesco in 9 Parabellum

È la Mauser “9 rosso”. Qualcuno parla anche di un ordine fino a 200.000 esemplari o di un ordine aperto e sembra che la produzione non sia iniziata prima della metà del 1917. La fine della guerra pare aver interrotto le consegne all’esercito intorno al numero 120.000.

1918        

1-23.000       (matricolazione in serie separata)                                    

Contratto per la Finlandia, dati scarsi e confusi.

 

 

1919-1921         

434.000-500.000          

Produzione post-bellica

Nel 1919, viene prodotto un migliaio di esemplari con canne da 10 cm., pare per la polizia francese (foto). Poi la Mauser viene chiusa. La ripresa della produzione normale fu consentita solo alla fine del 1921/inizio 1922 (numero 440.000 circa)

 

1922-1930         

500.000-799.999        

Produzione post-bellica

 

 

1930-1937         

800.000-980.000        

Introduzione della “nuova sicura universale” (matricola 800.000). Si ha il cosiddetto Modello 1930.

Le guancette hanno 12 righe invece di 31-33 come nella 1912.

1931-1938        

1-98.000             (matricolazione in serie separata)                                            

Modello 712 Schnellfeuer

Con selettore per il tiro a raffica.

 

 

Il totale complessivo dei pezzi realizzati durante l’intero arco produttivo risultò quindi superiore al milione. Nel solo periodo bellico, dal 1914 al 1918, furono fabbricate circa 270.000 pistole in 7,63 Mauser e 150.000 in 9 Parabellum (rispettivamente note come modello 1912 e modello 1916, anche se si tratta di una classificazione arbitraria, dato che la ditta non li denominò mai così ufficialmente). Per la maggior parte, queste armi vennero destinate all’esercito tedesco. La produzione prebellica, invece, era stata acquistata – oltre che dall’Impero Ottomano, dagli Italiani (che alla fornitura per la Regia Marina avevano fatto seguire nel 1914 un piccolo ordine di circa 350 pezzi destinati al reparto di artiglieria aeronautica del Regio Esercito), dal Sud Africa e dal Sud America – anche dai Russi e dai Britannici, che ne avevano assorbite grandi quantità attraverso il mercato civile. Durante la guerra, diverse migliaia furono acquistate dagli Austriaci, che a quanto si dice le utilizzarono soprattutto per armare aviatori e marinai. Dopo la fine del conflitto, le C96 vennero prodotte per i francesi (circa un migliaio di pezzi con canna corta da 10 cm, fusto normale e calcio in gomma dura prodotti nel 1919) e per la Repubblica di Weimar, mentre molte altre presero la strada per la Cina (150.000 Modello 30, il cui successo venne sicuramente favorito dall’embargo all’acquisto di armi lunghe, a cui si cercò di ovviare con una pistola che poteva diventare una carabinetta), la Norvegia (o secondo altri la Bulgaria) o l’Indonesia (11.000 pezzi, con numeri di matricola compresi fra 899.000 e 912.000).

La C96 fu quindi una pistola di grande successo e al tempo stesso una vera “arma intermedia”, adatta ad equipaggiare truppe ordinarie, ma anche reparti speciali. I suoi impieghi furono molteplici, anche se qualcuno a volte esagerava con la fantasia e – forse – anche con l’ottimismo …

 

Dopo avere tracciato la storia della pistola passiamo alle foto. In apertura abbiamo già visto il lato sinistro, che consente di apprezzare due caratteristiche: la presenza dell’unica vite dell’arma (quella che fissa le guancette), che per il resto, come è noto, è tenuta insieme da un perfetto sistema di incastri del tutto autosufficiente, e la mancanza del foro sul nottolino della leva della sicura (foro eliminato a partire dall’ottobre del 1915, contemporaneamente all’adozione della “nuova sicurezza”). Vediamo adesso il lato destro.

Da questa parte si trovano due indicazioni. Una è molto ben evidente, ed è il nome del produttore unito alla sede di provenienza … 

 … ma quella più interessante è l’altra, meno appariscente, impressa a livello della camera di cartuccia:

 

Si tratta della lettera gotica “W”, sormontata da una corona e punzonata in asse con la canna. Si trova praticamente sempre in questa posizione, anche se sono segnalati rari casi in cui è stata impressa in altre sedi. È l’iniziale dell’ispettore responsabile dell’accettazione militare dell’arma. La sua presenza ci dice che la pistola in esame è davvero una ex ordinanza, nel senso che è stata acquistata e utilizzata dall’esercito tedesco. Infatti, benché alcuni esemplari venissero acquistati privatamente, per la maggior parte la fornitura di queste pistole era richiesta dai militari con la stipula di specifici contratti governativi. Queste armi venivano accettate ufficialmente con l’apposizione della lettera gotica coronata, ma provenivano dalla produzione corrente e non erano matricolate a parte né avevano altre caratteristiche distintive, tranne – appunto – la lettera gotica. La “W” si trova su quasi tutte le pistole in calibro 7,63 Mauser, come questa (il cosiddetto “Modello 1912”), mentre su quasi tutte quelle in 9 Parabellum (cosiddette “Modello 1916” o “9 rosso”) è presente una “J”. In rari casi, avviene il contrario. In casi ancora più rari, nelle 9 rosso si osserva una “B”.

Sul lato sinistro, in posizione diametralmente opposta alla W, si trova il punzone che indica la prova effettuata presso il banco civile di Oberndorf, la U doppiamente coronata.

In questa stessa immagine, sulla faccia obliqua della camera di cartuccia, è visibile la matricola. Come abbiamo detto, le C96 belliche arrivarono fino alla matricola 434.000 alla fine della guerra. Dato che la produzione era di circa 5.000 al mese, si può stimare che questa, che ha un numero di matricola più basso di circa 100.000 unità, sia di una ventina di mesi prima, corrispondenti a febbraio-marzo del 1917.

La U sormontata dalle due corone si trova anche sul lato sinistro della presa d’armamento dell’otturatore. Sul lato destro dello stesso, le ultime tre cifre della matricola.

La vista dall’alto della pistola evidenzia anche altre cose:

oltre alla linea particolarmente slanciata e al livello delle finiture e della brunitura (ricordiamoci che siamo in piena guerra … da anni), è possibile vedere il nome del produttore (sulla camera di cartuccia) e la presenza dell’estrattore di secondo tipo (corto e largo, con due protuberanze) invece che lungo e stretto. Il cambiamento avvenne nel 1905, ad un numero di matricola vicino a 40.000.

Interessante anche l’alzo, che – oltre ad essere un capolavoro – è tarato da 50 a 1000 metri, con incrementi di 50 e poi 100 metri per scatto. La cosa è un’ulteriore conferma del fatto che il progetto della pistola è nato nella mente di qualcuno abituato a progettare e costruire fucili …

Posteriormente, si apprezzano i numeri di matricola, riportati in tutto o in parte sui vari pezzi, e – soprattutto – le lettere “N/S” intrecciate (“Neue sicherung”) ad indicare che la pistola è dotata della “nuova sicurezza” di cui abbiamo già parlato.

Armando il cane si rende visibile la coda del percussore, che è del secondo tipo.  

Inizialmente, infatti, questo componente era tenuto in posizione da un apposito elemento mobile (visibile nella foto sotto) che si incastrava nella faccia posteriore della presa d’armamento dell’otturatore scorrendovi con un movimento ad incastro (simile a quello che verrà utilizzato più tardi nella Colt 1911). Nel 1902 il percussore viene modificato dotandolo dapprima di una e poi due alette che permettono di inserirlo e disinserirlo con una semplice rotazione di 90 gradi in senso orario nella sua sede dopo averlo spinto verso l’interno per liberarlo dal recesso che lo trattiene. 

Sulla faccia inferiore, sotto l’estremità posteriore della canna, si osservano alcuni piccoli punzoni, sul cui significato sono state formulate solo ipotesi. Sono presenti una stella a sei punte e una M (che presumibilmente è l’iniziale di Mauser); insieme, questi due elementi dovrebbero costituire una specie di attestazione di una prova finale. Inoltre, si osserva in genere una serie di numeri e lettere dell’alfabeto che corrisponderebbero a marchi di verifica interni della ditta, ad indicare i controlli effettuati e gli ispettori che li avevano eseguiti.

 La sbrunitura della faccia inferiore della canna è tipica delle C96 conservate nel calciolo/fondina.

La vista della pistola dall’alto e aperta permette di apprezzare un’altra caratteristica.

 Ad arma scarica (cioè dopo aver sparato l’ultimo colpo), l’otturatore viene bloccato in apertura dal contrasto con un apposito rilievo dell’elevatore (realizzato dal pieno, come tutti gli altri pezzi dell’arma). Oggi questa caratteristica, nota come hold open e ottenuta attraverso svariate soluzioni tecniche, è presente in tutte le pistole ed è data per scontata, ma comparve per la prima volta nella storia proprio nella C96. Nelle armi odierne ha principalmente la funzione di segnalatore di arma scarica, ma nella C96 – che si caricava dall’alto con apposite lastrine – aveva l’indubbio vantaggio di lasciare la pistola pronta ad accogliere le lastrine stesse, evitando all’utilizzatore di dover compiere, magari sotto stress, improbabili acrobazie manuali per ricaricare.

Come abbiamo detto, la pistola non è ancora dotata di un caricatore amovibile e si carica mediante lastrine; in teoria il rifornimento dovrebbe essere possibile anche introducendo i colpi uno per uno dall’alto, ma in questo caso è molto difficile tenere aperto l’otturatore e … si rischiano le dita. Per svolgere agevolmente questa operazione bisognerebbe essere in due, uno che tiene aperta l’arma e l’altro che introduce i colpi. 

Togliendo la lastrina, l’otturatore scatta in avanti e provvede a camerare la prima cartuccia. Se si vuole evitare questa evenienza, bisogna premere sulla prima cartuccia in modo da tenerla abbassata durante la rimozione della lastrina e l’avanzamento dell’otturatore, con una manovra un po’ complicata, anche se non impossibile. Per scaricare l’arma bisogna scarrellare a vuoto tante volte quanti sono i colpi rimasti nel serbatoio, oppure smontare la suola del serbatoio stesso ed estrarre la molla dell’elevatore (facendo attenzione, perché è una componente fragile), l’elevatore ed infine i colpi. La mancanza di un caricatore amovibile (che era già stato inventato e realizzato da Borchardt per la sua pistola del 1893, ma era avversato dai comandi militari, che temevano che i soldati potessero perderlo) è una delle caratteristiche meno moderne e uno dei principali difetti della C96, alla quale vengono contestati anche un eccessivo sbilanciamento in avanti (che però qualcuno apprezza per l’aiuto dato al controllo dell’esuberanza della munizione) e un’impugnatura scomoda, definita “manico di scopa” (broomhandle).

 Oltre che delle lastrine di caricamento, la pistola è dotata di una serie di accessori.  

Il primo, più importante e più famoso è senza dubbio il calciolo/fondina.

 

 

Realizzato in legno e metallo e identificato con la stessa matricola dell’arma, sarebbe oggi un oggetto dai costi improponibili (come del resto tutta la pistola). Ne sono noti diversi tipi. Quella fotografata è una C96 in 7,63 mm di produzione commerciale, poi venduta all’esercito. Di conseguenza, è dotata di un calciolo studiato per essere portato a tracolla, fissando al ponticello metallico visibile nella foto una correggia in cuoio a forma di “V” che in genere si rompeva quasi subito e veniva sostituita con quello che capitava. Le “9 rosso” venivano invece consegnate con un calciolo militare privo di ponticello e destinate ad essere poste in una gabbia in cuoio che talvolta veniva anche utilizzata per le pistole in 7,63 mm.

 La gabbietta è in cuoio verniciato di nero, di buona qualità, lavorato e cucito con precisione. Il livello qualitativo rimase elevato fino alla fine della guerra. Inizialmente queste gabbiette erano di colore marrone più o meno scuro, ma verso la fine del 1915 venne ordinato di tingere di nero tutte le buffetterie in pelle, sia di nuova produzione che già in distribuzione ai reparti.

La gabbietta è dotata dello scomparto per accogliere l’attrezzo di pulizia e di una tasca, destinata a contenere una molla di ricambio per l’elevatore. Come tutte le fondine tedesche della prima guerra mondiale, reca impressi su tre righe il nome del produttore, la sede di produzione e l’anno.

Infine, una foto dell’attrezzo di pulizia.

Oltre che per pulire la canna, poteva essere utilizzato per smontare il percussore dall’otturatore ancora inserito nella culatta (quindi senza smontare l’arma) e comprimere la molla per il rimontaggio.

In conclusione, si può confermare quanto già ampiamente noto. La C96, completamente ricavata dal pieno attraverso complesse operazioni di fresatura, foratura, tornitura, alesatura e brocciatura, senza spine passanti  o perni che, quando erano necessari, venivano ricavati in corpo unico col singolo pezzo dell’arma, e senza viti, tranne quella che unisce le guancette all’impugnatura, richiedeva l’intervento di personale altamente specializzato, che costituiva il vero cardine dell’intero processo produttivo, che proprio per questo avrebbe oggi un costo assolutamente proibitivo. Una delle ultime luci della Belle Époque, che si avviava al tramonto, e l’alba di un’industria moderna. Anche in questo, in fondo, sta il suo fascino.

Per quest’arma sono disponibili una veduta in sezione e gli esplosi delle versioni:

* Cone Hammer

* Large Ring

* 1912.

 

Chiudiamo con la tabella dei dati tecnici e la bibliografia.

 

Calibro:

7,63 mm Mauser

Numero di colpi:

10

Lunghezza canna:

140 mm (6 righe destrorse)

Lunghezza complessiva:

300 mm (solo la pistola)

360 mm (solo il calciolo)

650 mm (pistola + calciolo montato)

Peso scarica:

1110 g (solo la pistola)

428 g (solo il calciolo)

1538 g (pistola + calciolo montato)

 

 

Bibliografia:

Libri:

Loriano Franceschini – Pistole militari Imperiali – Armi da fianco secondarie degli eserciti del Kaiser – Editoriale Olimpia, Firenze, 2006, pp. 23-28, 113-128 e 217-221

Loriano Franceschini – Mauser C96 “9 rosso” – Editoriale Olimpia, Firenze, 2008, pp. 9-52, 63-90, 115-125 e 149-167

Vincenzo A. Fortunati – La Mauser 1899 e la Regia Marina Italiana – Editoriale Olimpia, Firenze, 2001

W.H.B. Smith – Mauser Rifles and Pistols – The Telegraph Press, Harrisburg, Pennsylvania, 4th Ed., 1954, pp. 171-190

Jonathan Ferguson – The “Broomhandle” Mauser – Osprey Publishing Ltd., Oxford, 2017

 

Articoli:

Cesare Calamandrei - La Germania gli salvò la vita; Diana Armi; 1971; 02; 21

Mauro Baudino; Gerben Van Vlimmeren - Il tallone di Achille; Armi e Tiro; 2013; 09; 128

Loriano Franceschini - Le matricole della Mauser C96; Armi Magazine; 2001; 02; 96

Ugo Menchini - 100 Candeline per Frau Mauser; Diana Armi; 1996; 06; 34

Livio Pierallini; Sandro Casini - La Mauser col solino; Diana Armi; 1996; 07; 54

Roberto Allara - Mauser C96 - Prima Parte; Diana Armi; 2012; 05; 82

Roberto Allara - Mauser C96 - Seconda Parte; Diana Armi; 2012; 06; 84

Roberto Allara - Mauser C96 - Terza Parte; Diana Armi; 2012

Giuseppe Ciampitti - Mauser Konstruktion 96; Tac Armi; 1996; 07; 66

Yves L. Cadiou; Luc Guillou (ed) - Le C-96 – Le pistolet de P. Mauser – Gazette des armes – Hors-série n° 4 - 1998

 

Internet:

http://askmisterscience.com/1896mauserbackup/index.html

https://www.tapatalk.com/groups/exordinanza/mauser-c96-contratto-austriaco-t3029.html