Mauser C96
Scheda di Pat - arma fotografata della sua collezione privata (cliccare sulle foto per ingrandirle).
Dalle sabbie di Omdurman a una Galassia lontana lontana...
Erano gli anni Settanta… Per noi, che all’epoca avevamo
poco più di dieci anni e – in un mondo in cui nessuno aveva ancora nemmeno
pensato alla politically correctness –
stavamo crescendo “a bossoli e marines”, le frontiere dell’avventura erano
essenzialmente due: il Far West e i campi di battaglia della Seconda Guerra
Mondiale. Giocando, abbiamo sterminato milioni di indiani, tedeschi e
giapponesi. Le fonti del mito, quelle da cui trarre ispirazione per la trama
delle nostre avventure, erano grandiose, ma piuttosto limitate come tipologia:
un po’ di televisione (poca), qualche film e – soprattutto – i fumetti.
Tralasciando due grandi filoni che però non avevano nulla a che vedere con
l’argomento di cui stiamo parlando (Paperi & Topi e i primi Supereroi),
restavano le storie western, su cui svettava l’immenso Tex delle origini, e … una
serie di albetti piuttosto spartani nella confezione, tanto da sembrare quasi
“monouso”, e che invece venivano letti e riletti, e passati di mano in mano,
fino oltre i limiti della loro usura fisica: testate come “Eroica”, “Super
Eroica” e “Guerra d’Eroi” sono rimaste indelebili nella nostra memoria. Si
trattava di storie autoconclusive, dove i personaggi erano uomini e donne comuni
che compivano gesta eroiche, scritte e disegnate da autori (alcuni anche di alto
livello in ambito fumettistico) che quella guerra l’avevano vissuta e, in molti
casi, combattuta. E si vedeva. Ad esempio, gli aspetti tecnici e la
rappresentazione grafica delle armi impiegate dai vari eserciti erano sempre
molto realistici. Potevi riconoscere di che arma si trattava solo guardando il
disegno. Anche se non lo sapevamo, per molti di noi, giovanissimi, quello fu il
primo passo verso la nostra formazione di collezionisti di ex-ordinanza. Si
apprendevano solo i fondamentali, ma fatti molto bene e sempre senza errori.
Fra i “grandi classici” che imparammo subito a riconoscere
a colpo d’occhio c’era una pistola tedesca inconfondibile: canna lunga,
caricatore davanti al grilletto … nessun dubbio: era “la” Mauser.
Per noi, forti di questa “formazione”,
era motivo di profonda soddisfazione riuscire a riconoscere le varie armi
quando, occasionalmente, comparivano nelle foto sui giornali, al telegiornale o
nei film. Praticamente … “questa la so!”. Da questo punto di vista, la Mauser
ebbe il suo momento di gloria nel 1975, quando la vedemmo protagonista (meglio:
arma del protagonista) in uno sceneggiato televisivo (allora non si chiamavano
fiction …) dal titolo “Il Marsigliese”
che, personalmente, ricordo solo per la presenza di quest’arma:
Non lo potevamo sapere (eravamo troppo giovani) e lo avremmo
scoperto solo alcuni anni più tardi, ma la nostra arma era già stata al centro
di un’altra storia, questa volta sul grande schermo: nel 1968, il regista Sergio
Corbucci realizzò uno spaghetti western dal titolo “Il grande Silenzio” in cui
Jean-Louis Trintignan interpreta un infallibile pistolero muto che per il suo
“lavoro” fa uso di una Mauser C96. Come? Beh … ho montato un piccolo trailer con
alcune scene del film, con la nostra pistola all’opera. Potete vederlo cliccando
qui sotto …
Ma non era finita … nel 1981, un grande autore del fumetto
francese, Yves Swolfs, noto fra l’altro per il suo disegno estremamente
realistico e la documentazione quasi maniacale su cui basa la riproduzione degli
ambienti e degli oggetti delle sue storie, dava il via ad una saga western,
intitolata “Durango” dal nome del protagonista, che rappresenta un omaggio e
quasi un sequel a “Il Grande Silenzio”. L’arma è sempre la stessa …
Abbiamo parlato di cura
quasi ossessiva dei dettagli?... Beh, guardate: non solo il bossolo in volo, ma
anche i colpi nel cinturone sono a collo di bottiglia …
Intanto, gli anni erano passati … nuove frontiere si erano
aperte alle piste dell’avventura. E nel 1977, George Lucas aveva sconvolto il
modo di fare e pensare il cinema, portando nelle sale un film che, in Italia,
giunse con un titolo che, tradotto dall’originale, come si usava all’epoca,
rimase per sempre nel nostro immaginario. Dopo
Guerre Stellari, nulla fu più come prima. Ma certe cose non cambiano
mai, al massimo si evolvono … e il grande Harrison Ford diede vita ad un
fantastico Han Solo, capace di attraversare le galassie (compresa quella lontana
lontana …) armato di una C96 in versione blaster!
Ma non esiste solo il mondo della
fantasia … Anche in quello reale, gli episodi e gli aneddoti che hanno visto
protagonista la nostra pistola sono molto numerosi, alcuni più noti, altri meno.
Sappiamo che la Mauser, all’epoca adottata e consegnata alla Marina Italiana
solo da pochi mesi, armò i marinai del nostro corpo di spedizione in Cina del
1900, quello della famosa “rivolta dei boxer” (narrata in un grande film, “55
giorni a Pechino”). È risaputo che una C96 fu una delle armi utilizzate dai
bolscevichi per assassinare ad Ekaterinburg, nella notte fra il 16 e il 17 di
luglio del 1918, lo Zar Nicola II e tutta la sua famiglia. Ci sono però episodi
meno conosciuti, che a volte si sviluppano attraverso una concatenazione di
eventi che ha dell’incredibile … Nel 1896, a Bombay, in India, un giovane
ufficiale britannico, a seguito di un incidente verificatosi mentre scendeva da
un’imbarcazione, riportò una
lussazione traumatica della spalla destra, che non guarì mai completamente.
Anche con una spalla slogata il nostro uomo rimase in servizio negli anni
successivi, ma non fu mai più in grado di utilizzare proficuamente la sciabola
in battaglia. Dovette quindi ripiegare su altre soluzioni. Infatti, due anni
dopo, e precisamente il 2 settembre del 1898, ritroviamo il nostro ufficiale,
col grado di tenente, al comando di un plotone del 21° lancieri, che guidò alla
carica di una massa di dervisci nella battaglia di Omdurman, in Sudan. Proprio a
causa della lesione alla spalla, appena iniziata la carica il nostro uomo
rinfoderò la sciabola ed estrasse la pistola. Non si trattava però del
revolver Webley & Scott d’ordinanza,
ma di un’altra arma, che il nostro cita specificamente nelle sue memorie: «A
Londra mi ero procurata una Mauser dell'ultimo modello; e nella marcia di
avvicinamento e poi risalendo il Nilo non avevo trascurato di esercitarmi nel
tiro. Quella era l'arma con la quale avevo deciso di combattere.» Si
trattava di una pistola per l’epoca modernissima, di calibro inferiore a quello
di ordinanza britannico, ma alimentata da un caricatore capace di ben dieci
colpi. Per il nostro uomo, quella scelta fu la sua fortuna. Sullo slancio della
carica, il giovane tenente si trovò ad un certo punto oltre lo schieramento dei
dervisci, temporaneamente isolato dai suoi e circondato da numerosi nemici
sparpagliati, che lo aggredirono disordinatamente. Riuscì ad abbatterne tre con
diversi colpi della sua pistola e, senza avere il tempo di ricaricare, a
riportarsi in mezzo ai suoi uomini, sopraggiunti nel frattempo. Qui,
improvvisamente, venne attaccato da un ultimo derviscio, che – apparso dal nulla
– gli si parò di fronte con la lancia alzata, cercando di ucciderlo. L’ufficiale
lo fermò a meno di un metro di distanza, con l’ultimo colpo rimasto nella sua
pistola. Oggi possiamo dire che, per una curiosa concatenazione di fatti
apparentemente casuali, senza il banale incidente di Bombay, che impedì per
sempre al giovane inglese di usare la sciabola e lo costrinse ad utilizzare la
pistola, e senza la sua lungimiranza che lo portò a scegliere di dotarsi di
un’arma ad alta capacità di fuoco come la Mauser, la storia del mondo sarebbe
probabilmente stata molto diversa. Già … perché il giovane tenente, molti anni
dopo, sarebbe diventato il grande statista, primo Lord dell'Ammiragliato, primo
ministro di Sua Maestà Britannica, sir Winston Spencer Churchill, che qui sotto
possiamo vedere in una foto dei suoi anni giovanili, all’epoca dei fatti
narrati. Notare la pistola alla cintura …
Ma da dove arrivava
questa pistola prodigiosa? L’ultimo decennio dell’Ottocento fu, soprattutto in
Europa, un periodo caratterizzato da un’incessante comparsa di novità, con un
alternarsi di soluzioni tecniche e modelli in parte destinati a scomparire
rapidamente, come meteore presto dimenticate, ed in parte capaci di sopravvivere
per decenni, conquistare una fama imperitura, avere un successo spettacolare e,
per certi versi, risultare valide o quanto meno affascinanti ancora oggi.
Nell’epoca della nascita delle pistole semiautomatiche, la Mauser C96 (Construktion
96) costituisce uno spartiacque: a seconda di come la si guarda, fu l’ultima
dei prototipi (con tutti i loro limiti) e al tempo stesso la prima che si possa
definire moderna, completa e funzionalmente valida. Nello stesso anno
L’impiego bellico evidenziò pregi e
difetti della pistola, che ebbe giudizi altalenanti. Uno dei suoi limiti non
dipendeva dall’arma, ma dagli utilizzatori: le semiautomatiche in genere, e
soprattutto quelle raffinate, non erano adatte all’uso da parte di militari
scarsamente addestrati, a volte semianalfabeti, che si trovavano frequentemente
nei ranghi dell’epoca. Ma venne evidenziato anche un problema vero: il
meccanismo di sicurezza non svolgeva adeguatamente il suo compito. Nei primi
anni di servizio furono segnalati parecchi incidenti, alcuni anche con esiti
letali. Proprio in seguito a questi eventi, nel 1915 venne introdotto nelle
pistole Mauser un nuovo sistema di sicurezza, denominato “Neue sicherung” (nuova sicurezza). Tuttavia, anche con questa nuova
versione del meccanismo, il problema della sicurezza delle C96 militari tedesche
non venne risolto, tanto che le segnalazioni continuarono fino alla fine del
1918. Questa caratteristica fu finalmente eliminata nel modello 1930, con
l'adozione di una leva di nuovo tipo e un cane e una barra di scatto modificati.
Nel suo lungo periodo di produzione
(dal 1896 al 1937), la pistola vide un susseguirsi di versioni che, fermo
restando il modello base, ne caratterizzarono l’evoluzione. La prima prova a
fuoco, ancora in fase sperimentale, avvenne il 15 marzo 1895. Sull’arma usata
venne incisa la data, ma oggi ce ne restano solo le foto, perché è scomparsa
dopo la fine della Grande Guerra. La pre-produzione industriale partì a gennaio
del 1896; il 20 agosto dello stesso anno il Kaiser Guglielmo II sparò una
ventina di colpi con una di queste armi in un poligono di tiro tedesco,
apprezzandola, ma non abbastanza da decretarne l’adozione ufficiale. L'arma
tornò a Oberndorf, e sul fianco sinistro del serbatoio, in maiuscoletto e con
caratteri latini, fu riportata la scritta
“Halte mich in Ehren!”
(“Onoratemi!”) seguita da una breve dicitura in caratteri gotici che ricordava
l’avvenimento. Anche di questa oggi restano solo le foto, perché se ne sono
perse le tracce. Le prime C96 erano
dotate di serbatoi da 6, 10 e 20 colpi, ma ben presto ci si orientò verso la
capacità intermedia, benché anche le altre versioni continuassero a venire
prodotte per anni. Allo stesso, modo, all’inizio si osservarono diverse varianti
di calcio-fondina, guancette, ecc… Una volta messo a punto il modello base, si
ebbero comunque delle modifiche che, attraverso variazioni della forma del cane,
fianchi piatti e fianchi pannellati, realizzazioni in calibri diversi (7,63
Mauser, 9 Parabellum, 45 ACP, 9 Mauser Export) canne lunghe e canne corte, ecc.
si avviarono a diventare croce e delizia dei futuri collezionisti. La
descrizione dettagliata di queste varianti va al di là dei limiti di questa
scheda. Per una “guida rapida” all’identificazione di una di queste pistole, può
essere utile
fare riferimento a questo sito ed in particolare
a
questa pagina. Tuttavia, basandomi su quanto riportato in letteratura, ho
provato a riassumere le caratteristiche fondamentali dell’evoluzione della C96
in una tabella, riportata qui sotto. Si deve tenere presente che le date e i
campi matricolari, per quanto spesso abbastanza precisi, hanno solo valore
indicativo (e i numeri devono sempre essere intesi come “circa”, con variazioni
a volte anche di 2-3.000 pezzi o anche di più), perché tra i dati pubblicati
esistono in certi casi delle discordanze e una parte della documentazione
originale è andata perduta, visto che gli archivi della Mauser furono distrutti
dagli alleati nel periodo di occupazione immediatamente successivo alla fine
della seconda guerra mondiale. Inoltre, dato che ovviamente “non si butta via
niente”, alcuni pezzi di vecchio tipo sono stati certamente montati fino ad
esaurimento su modelli più recenti, portando alla comparsa di “ibridi” con
caratteristiche intermedie.
Periodo |
Campi matricolari |
Tipo/Modello |
Note |
Foto
(cliccare per ingrandire) |
Marzo 1895 - Settembre 1896
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1-90
|
Prototipi e pistole pre-produzione |
Praticamente realizzati a mano
mentre si studiava l’ingegnerizzazione della
produzione in serie. |
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Settembre 1896 – Aprile 1897
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90-359
|
Modelli di transizione pre-produzione
|
Verso la matricola 200 si passa da uno a due
tenoni di chiusura. |
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1897
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1-1.000
(matricolazione in serie separata)
|
Contratto col governo turco per armare la
guardia personale del sultano Abdul Hamid II -
numerazione separata in Farsi
|
Serbatoio da 10 colpi. Cane con anello a cerchi
concentrici e foro centrale (Cone
Hammer) |
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Aprile 1897 – Fine 1899
|
360-14.999
|
Primo modello in produzione.
Dato che all’inizio le vendite commerciali erano
scarse, per simulare una produzione maggiore in
questo periodo la Mauser “saltò” alcuni blocchi
matricolari, che in parte vennero utilizzati più
tardi per modelli posteriori (ad esempio,
nell’autunno del 1897 si passò dal numero 1000
al 4000, recuperando le matricole mancanti
l’anno successivo).
Ciò può spiegare alcune incongruenze. |
La produzione inizia col modello
Cone
hammer (foto in alto). Nel 1898, intorno
alla matricola 12-15.000, il cane viene
modificato sostituendo i cerchi concentrici con
un grande anello centrale (Large Ring) (foto in basso). Il maggior acquirente di questo
modello fu la Russia. |
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1899
|
1-5.000
(matricolazione in serie separata).
Qualcuno parla di 5300 pezzi.
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Modello 1899 Marina Italiana
|
Large Ring,
flat side
(fianchi lisci; dopo poche migliaia di pezzi si
tornò ai fianchi pannellati dell’inizio della
produzione) |
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1899 – Metà 1902
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20.000-28.999
|
Secondo modello in produzione |
Large Ring,
flat side.
Percussore di secondo tipo (vedi oltre). |
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1902-1905
|
29.000-39.999
|
Terzo modello
|
Nella seconda metà del 1902, verso la matricola
33.000, tornano i fianchi pannellati. Nel 1904,
intorno alla matricola 36.000, viene adottato un
cane con un foro più stretto (Small
Ring) (Foto in alto).
Più o meno in questo periodo inizia la
produzione della versione “Bolo”, venduta
soprattutto in Russia (foto in basso). |
|
1905-1910
|
40.000-90.000
|
Quarto modello. Nel 1907 compaiono i modelli in
calibro 9x25 Mauser Export. |
Estrattore corto e largo, invece che lungo e
stretto come nei modelli precedenti. |
|
1910-1912
|
90.000-130.000
|
|
Nel 1912, intorno alla matricola 100.000, la
canna passa da 4 a 6 righe |
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1910 (oppure 1911, oppure 1912)
|
154.000-155.000
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Contratto persiano per 1000 pezzi |
La datazione non è chiara e la numerazione è
strana.
Quasi tutti i contratti militari
avevano una matricolazione separata che iniziava
dal |
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1912-1918
|
130.000-433.999
|
Nel 1914, intorno alla matricola 180.000, inizia
la produzione bellica |
Nel 1915, intorno alla matricola 280.000, viene
introdotta la nuova sicura ("Neue
sicherung").
Anello del cane stretto, fianchi pannellati, due
versioni: 1912 (in calibro 7,63 Mauser) e 1916
(in calibro 9 Parabellum, c.d. “9 rosso”, in
serie matricolare separata) |
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1916-1918
|
1-150.000
(matricolazione in serie separata)
|
Contratto esercito tedesco in 9 Parabellum |
È la Mauser “9 rosso”. Qualcuno parla anche di
un ordine fino a 200.000 esemplari o di un
ordine aperto e sembra che la produzione non sia
iniziata prima della metà del 1917. La fine
della guerra pare aver interrotto le consegne
all’esercito intorno al numero 120.000. |
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1918
|
1-23.000
(matricolazione in serie separata)
|
Contratto per la Finlandia, dati scarsi e
confusi. |
|
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1919-1921
|
434.000-500.000
|
Produzione post-bellica |
Nel 1919, viene prodotto un migliaio di
esemplari con canne da 10 cm., pare per la
polizia francese (foto). Poi la Mauser viene
chiusa. La ripresa della produzione normale fu
consentita solo alla fine del 1921/inizio 1922
(numero 440.000 circa) |
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1922-1930
|
500.000-799.999
|
Produzione post-bellica
|
|
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1930-1937
|
800.000-980.000
|
Introduzione della “nuova sicura universale”
(matricola 800.000). Si ha il cosiddetto Modello
1930. |
Le guancette hanno 12 righe invece di 31-33 come
nella 1912. |
|
1931-1938
|
1-98.000
(matricolazione in serie separata)
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Modello 712 Schnellfeuer |
Con selettore per il tiro a raffica. |
|
Il totale complessivo dei pezzi
realizzati durante l’intero arco produttivo risultò quindi superiore al milione.
Nel solo periodo bellico, dal 1914 al 1918, furono fabbricate circa 270.000
pistole in 7,63 Mauser e 150.000 in 9 Parabellum (rispettivamente note come
modello 1912 e modello 1916, anche se si tratta di una classificazione
arbitraria, dato che la ditta non li denominò mai così ufficialmente). Per la
maggior parte, queste armi vennero destinate all’esercito tedesco. La produzione
prebellica, invece, era stata acquistata – oltre che dall’Impero Ottomano, dagli
Italiani (che alla fornitura per la Regia Marina avevano fatto seguire nel 1914
un piccolo ordine di circa 350 pezzi destinati al reparto di artiglieria
aeronautica del Regio Esercito), dal Sud Africa e dal Sud America – anche dai
Russi e dai Britannici, che ne avevano assorbite grandi quantità attraverso il
mercato civile. Durante la guerra, diverse migliaia furono acquistate dagli
Austriaci, che a quanto si dice le utilizzarono soprattutto per armare aviatori
e marinai. Dopo la fine del conflitto, le C96 vennero prodotte per i francesi
(circa un migliaio di pezzi con canna corta da 10 cm, fusto normale e calcio in
gomma dura prodotti nel 1919) e per la Repubblica di Weimar, mentre molte altre
presero la strada per la Cina (150.000 Modello 30, il cui successo venne
sicuramente favorito dall’embargo all’acquisto di armi lunghe, a cui si cercò di
ovviare con una pistola che poteva diventare una carabinetta), la Norvegia (o
secondo altri la Bulgaria) o l’Indonesia (11.000 pezzi, con numeri di matricola
compresi fra 899.000 e 912.000).
La C96 fu quindi una pistola di
grande successo e al tempo stesso una vera “arma intermedia”, adatta ad
equipaggiare truppe ordinarie, ma anche reparti speciali. I suoi impieghi furono
molteplici, anche se qualcuno a volte esagerava con la fantasia e – forse –
anche con l’ottimismo …
Dopo avere tracciato la storia della
pistola passiamo alle foto. In apertura abbiamo già visto il lato sinistro, che
consente di apprezzare due caratteristiche: la presenza dell’unica vite
dell’arma (quella che fissa le guancette), che per il resto, come è noto, è
tenuta insieme da un perfetto sistema di incastri del tutto autosufficiente, e
la mancanza del foro sul nottolino della leva della sicura (foro eliminato a
partire dall’ottobre del 1915, contemporaneamente all’adozione della “nuova
sicurezza”). Vediamo adesso il lato destro.
Da questa parte si trovano due indicazioni. Una è molto ben evidente, ed è il nome del produttore unito alla sede di provenienza …
Si tratta della lettera gotica “W”,
sormontata da una corona e punzonata in asse con la canna. Si trova praticamente
sempre in questa posizione, anche se sono segnalati rari casi in cui è stata
impressa in altre sedi. È l’iniziale dell’ispettore responsabile
dell’accettazione militare dell’arma. La sua presenza ci dice che la pistola in
esame è davvero una ex ordinanza, nel senso che è stata acquistata e utilizzata
dall’esercito tedesco. Infatti, benché alcuni esemplari venissero acquistati
privatamente, per la maggior parte la fornitura di queste pistole era richiesta
dai militari con la stipula di specifici contratti governativi. Queste armi
venivano accettate ufficialmente con l’apposizione della lettera gotica
coronata, ma provenivano dalla produzione corrente e non erano matricolate a
parte né avevano altre caratteristiche distintive, tranne – appunto – la lettera
gotica. La “W” si trova su quasi tutte le pistole in calibro 7,63 Mauser, come
questa (il cosiddetto “Modello 1912”), mentre su quasi tutte quelle in 9
Parabellum (cosiddette “Modello 1916” o “9 rosso”) è presente una “J”. In rari
casi, avviene il contrario. In casi ancora più rari, nelle 9 rosso si osserva
una “B”.
Sul lato sinistro, in posizione
diametralmente opposta alla W, si trova il punzone che indica la prova
effettuata presso il banco civile di Oberndorf, la U doppiamente coronata.
In questa stessa immagine, sulla faccia obliqua della camera
di cartuccia, è visibile la matricola. Come abbiamo detto, le C96 belliche
arrivarono fino alla matricola 434.000 alla fine della guerra. Dato che la
produzione era di circa 5.000 al mese, si può stimare che questa, che ha un
numero di matricola più basso di circa 100.000 unità, sia di una ventina di mesi
prima, corrispondenti a febbraio-marzo del 1917.
La U sormontata dalle due corone si trova anche sul lato
sinistro della presa d’armamento dell’otturatore. Sul lato destro dello stesso,
le ultime tre cifre della matricola.
La vista dall’alto della pistola evidenzia anche altre cose:
oltre alla linea particolarmente slanciata e al livello delle
finiture e della brunitura (ricordiamoci che siamo in piena guerra … da anni), è
possibile vedere il nome del produttore (sulla camera di cartuccia) e la
presenza dell’estrattore di secondo tipo (corto e largo, con due protuberanze)
invece che lungo e stretto. Il cambiamento avvenne nel 1905, ad un numero di
matricola vicino a 40.000.
Interessante anche l’alzo, che –
oltre ad essere un capolavoro – è tarato da 50 a 1000 metri, con incrementi di
50 e poi 100 metri per scatto. La cosa è un’ulteriore conferma del fatto che il
progetto della pistola è nato nella mente di qualcuno abituato a progettare e
costruire fucili …
Posteriormente, si apprezzano i
numeri di matricola, riportati in tutto o in parte sui vari pezzi, e –
soprattutto – le lettere “N/S” intrecciate (“Neue
sicherung”) ad indicare che la pistola è dotata della “nuova sicurezza” di
cui abbiamo già parlato.
Armando il cane si rende visibile la
coda del percussore, che è del secondo tipo.
Inizialmente, infatti, questo componente era tenuto in
posizione da un apposito elemento mobile (visibile nella foto sotto) che si
incastrava nella faccia posteriore della presa d’armamento dell’otturatore
scorrendovi con un movimento ad incastro (simile a quello che verrà utilizzato
più tardi nella Colt 1911). Nel 1902 il percussore viene modificato dotandolo
dapprima di una e poi due alette che permettono di inserirlo e disinserirlo con
una semplice rotazione di 90 gradi in senso orario nella sua sede dopo averlo
spinto verso l’interno per liberarlo dal recesso che lo trattiene.
Sulla faccia inferiore, sotto l’estremità posteriore della canna, si osservano alcuni piccoli punzoni, sul cui significato sono state formulate solo ipotesi. Sono presenti una stella a sei punte e una M (che presumibilmente è l’iniziale di Mauser); insieme, questi due elementi dovrebbero costituire una specie di attestazione di una prova finale. Inoltre, si osserva in genere una serie di numeri e lettere dell’alfabeto che corrisponderebbero a marchi di verifica interni della ditta, ad indicare i controlli effettuati e gli ispettori che li avevano eseguiti.
La vista della pistola dall’alto e aperta permette di
apprezzare un’altra caratteristica.
Come abbiamo detto, la pistola non è
ancora dotata di un caricatore amovibile e si carica mediante lastrine; in
teoria il rifornimento dovrebbe essere possibile anche introducendo i colpi uno
per uno dall’alto, ma in questo caso è molto difficile tenere aperto
l’otturatore e … si rischiano le dita. Per svolgere agevolmente questa
operazione bisognerebbe essere in due, uno che tiene aperta l’arma e l’altro che
introduce i colpi.
Togliendo la lastrina, l’otturatore scatta in avanti e
provvede a camerare la prima cartuccia. Se si vuole evitare questa evenienza,
bisogna premere sulla prima cartuccia in modo da tenerla abbassata durante la
rimozione della lastrina e l’avanzamento dell’otturatore, con una manovra un po’
complicata, anche se non impossibile. Per scaricare l’arma bisogna scarrellare a
vuoto tante volte quanti sono i colpi rimasti nel serbatoio, oppure smontare la
suola del serbatoio stesso ed estrarre la molla dell’elevatore (facendo
attenzione, perché è una componente fragile), l’elevatore ed infine i colpi. La
mancanza di un caricatore amovibile (che era già stato inventato e realizzato da
Borchardt per la sua pistola del 1893, ma era avversato dai comandi militari,
che temevano che i soldati potessero perderlo) è una delle caratteristiche meno
moderne e uno dei principali difetti della C96, alla quale vengono contestati
anche un eccessivo sbilanciamento in avanti (che però qualcuno apprezza per
l’aiuto dato al controllo dell’esuberanza della munizione) e un’impugnatura
scomoda, definita “manico di scopa” (broomhandle).
Il primo, più importante e più famoso
è senza dubbio il calciolo/fondina.
Realizzato in legno e metallo e identificato con la stessa
matricola dell’arma, sarebbe oggi un oggetto dai costi improponibili (come del
resto tutta la pistola). Ne sono noti diversi tipi. Quella fotografata è una C96
in 7,63 mm di produzione commerciale, poi venduta all’esercito. Di conseguenza,
è dotata di un calciolo studiato per essere portato a tracolla, fissando al
ponticello metallico visibile nella foto una correggia in cuoio a forma di “V”
che in genere si rompeva quasi subito e veniva sostituita con quello che
capitava. Le “9 rosso” venivano invece consegnate con un calciolo militare privo
di ponticello e destinate ad essere poste in una gabbia in cuoio che talvolta
veniva anche utilizzata per le pistole in 7,63 mm.
La gabbietta è dotata dello scomparto
per accogliere l’attrezzo di pulizia e di una tasca, destinata a contenere una
molla di ricambio per l’elevatore. Come tutte le fondine tedesche della prima
guerra mondiale, reca impressi su tre righe il nome del produttore, la sede di
produzione e l’anno.
Infine, una foto dell’attrezzo di
pulizia.
Oltre che per pulire la canna, poteva essere utilizzato per
smontare il percussore dall’otturatore ancora inserito nella culatta (quindi
senza smontare l’arma) e comprimere la molla per il rimontaggio.
In conclusione, si può confermare
quanto già ampiamente noto. La C96, completamente ricavata dal pieno attraverso
complesse operazioni di fresatura, foratura, tornitura, alesatura e brocciatura,
senza spine passanti o perni che, quando
erano necessari, venivano ricavati in corpo unico col singolo pezzo dell’arma, e
senza viti, tranne quella che unisce le guancette all’impugnatura, richiedeva
l’intervento di personale altamente specializzato, che costituiva il vero
cardine dell’intero processo produttivo, che proprio per questo avrebbe oggi un
costo assolutamente proibitivo. Una delle ultime luci della Belle Époque, che si
avviava al tramonto, e l’alba di un’industria moderna. Anche in questo, in
fondo, sta il suo fascino.
Per quest’arma sono disponibili una veduta in sezione e gli esplosi delle versioni:
*
1912.
Chiudiamo con la tabella dei dati
tecnici e la bibliografia.
Calibro: |
7,63 mm Mauser |
Numero di colpi: |
10 |
Lunghezza canna: |
140 mm (6 righe destrorse) |
Lunghezza complessiva: |
300 mm (solo la
pistola)
360 mm (solo il
calciolo) 650 mm (pistola + calciolo montato) |
Peso scarica: |
1110 g (solo la
pistola)
428 g (solo il
calciolo) 1538 g (pistola + calciolo montato) |
Bibliografia:
Libri:
Loriano Franceschini – Pistole militari Imperiali – Armi da fianco secondarie
degli eserciti del Kaiser – Editoriale Olimpia, Firenze, 2006, pp. 23-28,
113-128 e 217-221
Loriano Franceschini – Mauser C96 “9 rosso” – Editoriale Olimpia,
Firenze, 2008, pp. 9-52, 63-90, 115-125 e 149-167
Vincenzo A. Fortunati – La Mauser 1899 e la Regia
Marina Italiana – Editoriale Olimpia, Firenze, 2001
W.H.B. Smith – Mauser Rifles and Pistols – The Telegraph Press,
Harrisburg, Pennsylvania, 4th Ed., 1954, pp. 171-190
Jonathan Ferguson – The “Broomhandle”
Mauser – Osprey Publishing Ltd., Oxford, 2017
Articoli:
Cesare Calamandrei - La Germania gli salvò la vita; Diana Armi; 1971; 02; 21
Mauro Baudino; Gerben Van Vlimmeren - Il
tallone di Achille; Armi e Tiro; 2013; 09; 128
Loriano Franceschini - Le matricole della Mauser C96; Armi Magazine; 2001; 02; 96
Ugo Menchini - 100 Candeline per Frau
Mauser; Diana Armi; 1996; 06; 34
Livio Pierallini; Sandro Casini - La Mauser col solino; Diana Armi; 1996; 07; 54
Roberto Allara - Mauser C96 - Prima Parte;
Diana Armi; 2012; 05; 82
Roberto Allara - Mauser C96 - Seconda
Parte; Diana Armi; 2012; 06; 84
Roberto Allara - Mauser C96 - Terza Parte;
Diana Armi; 2012
Giuseppe Ciampitti - Mauser Konstruktion 96; Tac Armi; 1996; 07; 66
Yves L. Cadiou; Luc Guillou (ed) - Le
C-96 – Le pistolet de P. Mauser – Gazette des armes – Hors-série n° 4 - 1998
Internet:
http://askmisterscience.com/1896mauserbackup/index.html
https://www.tapatalk.com/groups/exordinanza/mauser-c96-contratto-austriaco-t3029.html