Fusil Modèle 1886-93

 

 

 

Scheda di F.A. Mancuso - Arma fotografata dalla collezione privata di Ramirez

 

 

 

 

 

Il fucile francese Modello 1886 è stata la prima arma a retrocarica ed a ripetizione ordinaria nata per sparare munizioni di piccolo calibro con bossolo metallico caricate con polvere infume.

Dunque la prima, rivoluzionaria, arma moderna; ma non la migliore.

Del resto, c’è chi ha detto che il successo arride a chi ha un’idea per primo, ma la realizza per secondo.

Non che l’arma non abbia avuto successo; solo, non si è mai liberata dei difetti di una gioventù troppo legata a tradizioni ormai ben più che invecchiate, e situazioni del genere capitano sempre quando le esigenze politiche si limitano a prevalere su quelle tecniche, invece di indirizzarle.

La Storia ha finito per associare a quest’arma il solo nome del Colonnello Lebel, anche se, come vedremo, egli ebbe un ruolo nello sviluppo del proiettile montato sulla munizione originale e non in quello dell’arma.

Ma andiamo con ordine, anche a costo di prenderla un po’ alla lontana.

In Francia, poco dopo la metà del 1800, prende timidamente corpo l’idea di sperimentare armi rigate a retrocarica.

Un’apposita Commissione d’Artiglieria esamina dozzine di idee, nazionali e non: alla fine dei lavori l’Esercito Francese viene armato col fucile a retrocarica ideato da Antoine-Alphonse Chassepot, che spara una munizione innescata a cartuccia combustibile.

 

 

 

 

 

 

Lo stesso Chassepot ha sostenuto l’opportunità di ricorrere ad un bossolo diverso, ma la diffidenza dei militari nei confronti di un’industria manifatturiera ancora incerta nei suoi primi passi, e la pressione degli eventi, spingono ad ignorare persino i rapporti che gli osservatori militari francesi inviano dal fronte della lontana Guerra di Secessione, nei quali la superiorità della munizione con bossolo metallico sulla cartuccia combustibile risulta evidente.

 

 

 

 

 

 

In Italia, a Mentana, sul finire del 1867, gli Chassepot fanno meraviglie, ma passano solo tre anni e la Guerra Franco-Prussiana mette in luce tutti i loro punti deboli, che non affliggono solo la delicata munizione. 

Si corre ai ripari, ed il 7 Luglio 1874 porta un nuovo fucile all’Esercito, ma a lui solo: la Marina resta a guardare per altri quattro anni. Messo a punto da Basile Gras, usa la nuova munizione a bossolo metallico 11 mmm Gras, ed a grandi linee ricalca l’arma di Chassepot.

 

 

 

 

 

I numerosi dettagli che differenziano le armi 1874 da quelle 1866 sono pur sempre dettagli, e non impediscono ai già obsoleti Chassepot di essere trasformati per usare la nuova munizione; il che è economicamente vantaggioso, considerando che nel 1874 di Chassepot ce ne sono in servizio ancora più di un milione.

In meno di dieci anni si è passati dall’avancarica alla retrocarica ed alla munizione a bossolo metallico: poiché una ciliegia tira l’altra, ci si chiede perché le nuove armi non possano soddisfare ulteriori requisiti, come la riduzione dei tempi necessari alla ripetizione del colpo, o la riduzione del calibro. Ed a tali nuovi ulteriori requisiti bisogna dare risposta, rendendo sempre più difficili le scelte delle Commissioni Militari.

Per dotare l’arma di un serbatoio in Europa emergono idee a bizzeffe, sia geniali, sia, con il senno di poi, balzane: ed anche in Francia vengono tutte prese seriamente in esame.

Nel 1878 è la Marina che si avvantaggia sull’Esercito, adottando la creatura di Alfred Ritter Von Kropatschek, che ha il cuore nel sistema di alimentazione a cucchiaia abbinato ad lungo serbatoio tubolare sotto la canna, ed usa la stessa munizione del Gras. Viene realizzato in Austria, a Steyr, dalla OWG di Josef Werndl: ripetizione a parte, condivide molte delle sue caratteristiche con il Gras, per non dire che ne è una copia, anche se più robusta.

 

 

 

 

 

Suoi diretti discendenti saranno i fucili modello 1884 e 1885; quest’ultimo abbandona la calciatura in un solo pezzo a favore di un calcio separato dal fusto. 

Per la riduzione del calibro sono fondamentali gli studi dell’austriaco Hebler e dello svizzero Rubin, ma il ruolo del cacio sui maccheroni lo interpreta la messa a punto della polvere infume, fatta da Paul Vieille, nel 1885: a parità di volume sviluppa tre volte l’energia sviluppata dalla polvere nera, e praticamente non lascia residui di sparo. 

A questo punto, il miglior compromesso dovrebbe essere rappresentato da un calibro pari a 8 mm, l’arma dalle migliori caratteristiche sembra essere quella tipo Remington-Lee, e le più grandi promesse potrebbero essere mantenute dalle proposte di Mannlicher. 

Ma i conti sono stati fatti senza il nuovo Ministro della Guerra, il Generale Boulanger, che si insedia nel Gennaio del 1886 e fissa nel Primo Maggio dello stesso anno la data in cui dovrà essergli presentato il nuovo fucile a ripetizione di piccolo calibro.

 

 

 

 

 

 

I tecnici, messi alle strette, non hanno altra scelta che lavorare sull’unico prototipo che hanno a disposizione, migliorandolo per quanto possibile: è un’arma realizzata a Chatellerault, ottenuta modificando un fucile modello 1885 al fine di potervi sparare munizioni di piccolo calibro.

Intorno ad essa si raduna il meglio della tecnica francese dell’armamento, ed il risultato non può che essere il compromesso dei contributi di molti, tutti desiderosi di ben apparire davanti all’ambizioso ma popolare Ministro, quel "Général la Revanche" che, dopo aver risollevato il morale delle truppe (anche, e perché no, permettendo loro di farsi crescere la barba), avrebbe certamente lavato l'onta della sconfitta con la Prussia.

 

 

   
     

 

 

 

 

 

Il meccanismo è quello del modello 1885, perfezionato in collaborazione tra il Colonnello Gras ed i controllori dell'arsenale di Chatellerault, Albert Close e Louis Vedin.

L’otturatore, a due alette simmetriche e contrapposte sulla sua testa, è quello proposto dal Colonnello Bonnet. 

La munizione è caricata con quella polvere infume che è già stata ribattezzata come “polvere B”, e non reca più, nel suo nome, l’iniziale omaggio, tributato come “polvere V”, al suo scopritore, Paul Vieille.

La definizione della palla incamiciata spetta allo staff del Colonnello Lebel, mentre il Generale Tramont ha il piacere di veder utilizzare per l’incamiciatura una sua versione del maillechort, lega di rame, zinco e nichel nota dal 1819.

Il profilo del bossolo, infine, è stato proposto dal Capitano Désaleux, e deriva da quello della 11 mm Gras: un tronco di cono permette di unire un colletto ed una moderna spalla (che però non viene sfruttata come tale) ad un moncherino di corpo con collarino.

 

 

 

 

Il successivo sviluppo delle armi semiautomatiche rivelerà che di tutti gli aspetti del compromesso questo è il più discutibile, ma al momento permette di mutuare molte cose dal recente passato, in primo luogo il meccanismo di alimentazione del fucile modello 1885 (1).

 

 

 

 

 

 

E questo è ciò che occorre per soddisfare il Signor Ministro nei tempi da lui stabiliti.

 

 

 

 

 

 

I tempi sono tanto ricchi di idee, e le scelte fatte tanto conservative, che l’arma nasce già in odore di obsolescenza quando viene adottata ufficialmente il 22 Aprile del 1887, ma questo non impedisce che la sua fabbricazione venga affidata ai tre arsenali nazionali di Chatellerault, Saint-Étienne e Tulle.

Ci si approvvigiona delle macchine utensili più moderne del tempo, molte vengono acquistate negli Stati Uniti.

Chi ha maggior capacità produttiva fornisce componenti a chi ne ha minore, ed anche l’industria privata fornisce il suo contributo realizzando parti non essenziali dell’arma.

In sei anni se ne producono tre milioni di esemplari, con gli arsenali attivi dalle 10 alle 12 ore giornaliere dal Lunedì al Sabato, nonché alla Domenica mattina.

Già durante la produzione inizia a subire delle modifiche: niente di paragonabile a quello sarà necessario fare decenni dopo con armi più moderne, ma per il tempo la pratica deve essere tanto sconvolgente che già nel 1893, quando il maggior numero di modifiche viene apportato allo stesso tempo, si ritiene doveroso cambiare la denominazione dell’arma in 1886-93.

La produzione viene quindi sospesa, per riprendere, senza mai raggiungere i ritmi passati, insieme alla Prima Guerra Mondiale. La guerra impone anche importanti attività di riparazione, condotte con quanto disponibile nei magazzini, o addirittura ricorrendo alle canne destinate alle armi Berthier modello 07-15 o 1916, prodotte anche dall’industria privata.

La fine della produzione, anche se ormai è corretto parlare solo di assemblaggio, viene sancita dal Ministero con atto n. 34483 2/3 datato 11 Maggio 1920. 

Al termine della Prima Guerra Mondiale, il fucile modello 1886-93, che ha combattuto nelle mani del fante, ma anche in quelle del tiratore scelto (su quattro sue versioni con ottica, tre sono anteriori al 1918), viene sostituito dal Berthier 1916, ma continua a rimanere comunque in servizio per lungo tempo.

Nel 1939 è nella dotazione di alcuni reparti di granatieri, perché meglio sopporta il tormento dovuto al tiro delle granate Viven-Bessiére; dopo il 1945 lo troviamo ancora in Indocina ed in Algeria.

Il primo conflitto mondiale lo ha visto per certo anche nelle mani degli alleati della Francia (Italia, Gran Bretagna, Stati Uniti d’America), ma, anche se e’ solo un indizio, non bisogna dimenticare che negli anni successivi ne sono state prodotte le munizioni in Germania, Austria, Grecia, Polonia, Russia, Vietnam.

Un curriculum di tutto rispetto, per un’arma rivoluzionaria ma dalle forme antiquate, sempre costruita in modo impeccabile.

E veniamo finalmente ad esaminare in dettaglio il bell’esemplare che l’amico Ramirez ha cortesemente messo a disposizione per realizzare queste note.

 

 

 

 

 
 

L’arma è monomatricola, il che non è mai scontato in un’arma che ha visto così tanta storia.

I marchi impressi sull’arma seguono un metodo che è riconducibile a quello utilizzato sulle armi tipo Chassepot, e che sarà ancora usato su diverse ordinanze francesi.

Il lato sinistro della scatola di culatta riporta il nome dell’arsenale che ha prodotto l’arma, in questo caso quello di Saint-Etienne.

 

 

 

 

 

 

Subito a fianco delle cifre "M1886" è evidente l'aggiunta, avvenuta in un momento successivo, della stampigliatura "M93", a confermare che sono state apportate le molte modifiche approvate in quella data (tra le quali va ricordata almeno la più importante, ovvero l'aggiunta di un dispositivo, noto come "tampon-masque", pensato per proteggere il viso del tiratore, in caso di perforazione dell'innesco, deflettendo i gas di sparo).

I marchi sul lato destro della camera ci dicono che essa è stata realizzata presso l’arsenale di Tulle nel 1922, la lettera N che segue il millesimo indica che una nuova canna ha sostituito quella già esistente.

 

 

 

 

 

 

Sul lato sinistro della camera di scoppio troviamo le iniziali del fornitore dell’acciaio della canna, seguite dal punzone del direttore dell’arsenale e da quello dell’ispettore, ognuno inserito in un cerchio.

 

 

 

 

 

 

Il numero di matricola è riportato su varie parti dell’arma. Lo abbiamo già visto sulla camera di scoppio, e lo ritroviamo sulla radice della manetta d’armamento,

 

 

 

 

 

 

sulla pala del calcio,

 

 

 

 

 

 

sul fondo della scatola di culatta.

 

 

 

 

 

 

Dai non molti dati disponibili sulla produzione si ricava che l’arma è stata prodotta tra Gennaio e Giugno del 1890.

Un’altra N la troviamo sempre sulla camera di scoppio, ma in alto: indica che l’arma ha subito l’alesatura della camera di cartuccia necessaria per sparare le munizioni con palla tipo 1932 N adottata inizialmente per l’uso in armi automatiche.

 

 

 

 

 

 

Per finire, le mire (e qualcos’altro).

Ecco quelle posteriori: col ritto rovesciato le mire sono regolate per una distanza di tiro di 250 metri, con alzo abbattuto si parte da 400 metri.

 

 

 

 

 

 

Il ritto alla massima elevazione guarda fino a 2400 metri, il che indica che l’alzo è stato modificato per l’uso della munizione 1886 D, introdotta nel 1898, e caricata con l'innovativa palla monolitica dal profilo oggi comunemente noto  come "spitzer-boat tail".

 

 

 

 

 

 

Ed in quest’ultima immagine, un bel po’ di cosette.

Innanzi tutto, sulla fascetta anteriore è evidente il perno per il fascio d’armi, assente sugli esemplari sperimentali ed almeno su alcuni esemplari modello 1886 (con i quali si era obbligati a realizzare il fascio d’armi ricorrendo ai ricci di guardia delle lunghe baionette, necessariamente innestate sulle canne).

 

 

 

 

 

 

A proposito di baionetta, sotto la canna se ne vede il dente di ritegno (contrapposto al mirino), quello di guida (immediatamente successivo, destinato a passare in un solco posto sul dorso della sua impugnatura), e, sempre facente parte della fascetta anteriore, il suo ultimo punto di vincolo, destinato ad accoglierne il pomo.

La forma del mirino conferma quello che la notevole ampiezza della tacca di mira suggerisce: le mire sono state modificate nella Grande Guerra, la sottile lamina già esistente, che era l'apice del mirino, è sparita, si è allargata fino a raggiungere lo spessore della rampa, e nella parte posteriore della rampa è stato aggiunto un grano luminescente (oggi ne resta visibile la sola sede circolare, del diametro di circa 4 mm).

Qualche dato numerico:

 

 
 

Lunghezza

1307 mm

Peso (scarico)

4,18 kg

Canna

800 mm - 4 righe sinistrorse – passo 240 mm

Serbatoio

8 colpi, tubolare, sotto la canna, integrale all’arma

Meccanica

Otturatore girevole - scorrevole

Calibro

8x50R Lebel

Velocità alla bocca

638 m/s (mod. 1886 M) – 701 m/s (mod. 1886 D)

 

   

(1) Una breve nota sulla .gif animata che illustra le due posizioni della cucchiaia.

Per realizzarla è stato necessario riprendere due immagini del fucile, a cucchiaia abbassata (e fin qui non ci sono stati problemi) ed a cucchiaia alzata.

Durante il tiro, l'elevazione della cucchiaia viene comandata da un secco e deciso arretramento dell'otturatore fino a fine corsa : ai fini delle riprese, l'urto che ne sarebbe conseguito non avrebbe però permesso di mantenere l'arma più o meno nella stessa posizione della foto precedente.

Quindi, per sollevare la cucchiaia, si è fatto ricorso, impropriamente, ma necessariamente, all'azione, relativamente ben più dolce, dell'interruttore di alimentazione (no, non ce l'ho proprio fatta a chiamarlo "cut-off").

Ecco il motivo per cui, nella .gif animata, oltre alla cucchiaia si vede "muoversi" anche il bottone di azionamento dell'interruttore, che ovviamente durante il tiro rimane ben fermo nella posizione selezionata dal tiratore.

 

 
 

 

 
 

Bibliografia 

J. Huon – Les fusils francais à verrou – Crépin Leblond, 2006

H. Vuillemin - La grande aventure de fusils réglementaires français 1866-1936 - Gazette des armes – Hors Serie, n. 2 – LCV Services, 1996

F. de Haas – Bolt action rifles – DBI Books, Inc. 1995

 

Siti Internet

http://pagesperso-orange.fr/Armes-Historiques/FRANCE/LEBEL/LEBEL.html

http://www.armeetpassion.com/fusil.html

http://armesfrancaises.free.fr/FR Mle 1886 M93.html

http://www.8lebel.org/