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Lee
Enfield n. 0: le origini del primo
fucile “Magazine Lee Enfield”
Scheda di Corallo, foto originali delle armi delle collezioni private di Tappo e di Wittwer. Cliccare sulle foto delle armi degli autori per ingrandirle
Lee Enfield, ovvero il fucile britannico che ha accompagnato, nelle sue diverse versioni, i soldati del Regno Unito (anzi, dell’Impero Britannico prima e del Commonwealth poi) dalla fine del 1800 per buona parte del ventesimo secolo, fino al secondo dopoguerra. Lee contro Mauser: la robustezza proverbiale del sistema tedesco contro la velocità di azione di un sistema che, alimentato da un serbatoio da 10 colpi, permetteva il “mad minute”, ovvero una esercitazione di fuoco rapido che richiedeva ai fanti britannici di arrivare a sparare almeno 15 colpi in un minuto su un bersaglio di 48 pollici a 300 iarde (4,5 mil / 15,3 MOA) e che nel 1908 fece registrare il record di 36 colpi con la performance del sergente maggiore Jesse Wallingford. Una velocità che fece spesso pensare ai soldati tedeschi sul fronte occidentale durante la grande guerra di avere di fronte non fucili a ripetizione ma postazioni di mitragliatrice.
Lee come James Paris Lee, l’ingegnere statunitense di origine scozzese che progettò il sistema di azione a otturatore girevole scorrevole con serbatoio metallico bifilare che fu protagonista dei campi di battaglia di tutto il mondo, dal Sud Africa delle guerre boere al fronte occidentale della grande guerra, e in seguito le giungle asiatiche della seconda guerra mondiale per arrivare nelle mani degli irriducibili talebani nella guerra Russo Afgana. Enfield come Enfield Lock, sede della fabbrica reale armi leggere in cui vennero ideati e in parte prodotti i fucili con azione Lee. Le righe che seguono sono in gran parte frutto della lettura, traduzione e sintesi del libro “The Lee Enfield Rifle – Its history and development from first designs to the present day” scritto dal maggiore E.G.B. Reynolds e pubblicato per la prima volta nel 1960. Due parole sull’autore:
Il Maggiore E.G.B. Reynolds lavorò nel
dipartimento della difesa Inglese, a stretto contatto con la Enfield
per lo sviluppo del Lee Enfield n°4, fu uno degli ispettori che
verificava "l'andamento dei lavori". Questo a differenza dell’altro
grande esperto di Enfield Ian Skennerton (The Lee Enfield -
A Century
of Lee-Metford& Lee-Enfield Rifles & Carbines)
che si "limita" a studiarli e collezionarli (limita è forse un po’
riduttivo, stiamo parlando della “bibbia” sugli Enfield ... ) traendo
spunti da documenti ufficiali spesso in originale firmati
dall'ispettore Reynolds.
Reynolds morì nel
1979 e non ebbe modo di vedere l'opera di Skennerton, da cui ho
invece tratto i dati tecnici e di produzione che ho riportato in
fondo alla scheda.
RSAF Enfield, le origini e le
prime ordinanza
La Royal Small Arms Factory di Enfield Lock, nel Middlesex, fu per molti anni il luogo di produzione tradizionale dei fucili d'ordinanza inglesi. Qui fu prodotto nel 1852 il primo fucile militare ufficialmente denominato “Enfield”: una arma ad avancarica di circa 9 libbre (4,08 kg) che rimase l'arma d'ordinanza inglese per diversi anni, in servizio durante l’ultima parte della campagna di Crimea del 1853 - 1856.
Nel 1864 le autorità militari Britanniche istituirono una commissione per verificare le possibilità di introdurre nell'esercito inglese un fucile a retrocarica. Fu necessario innanzitutto superare una certa opposizione a questa innovazione, basata sul timore secondo cui i soldati, potendo disporre di un fucile in grado di essere ricaricato facilmente e rapidamente non avrebbero utilizzato in modo efficiente le munizioni, limitandosi a scaricare frettolosamente le armi all'approssimarsi del nemico senza neppure attendere che questo fosse a portata utile di tiro. Fatto questo passaggio si diramarono le richieste ai progettisti e alle industrie, invitate anche a suggerire soluzioni che prevedessero la conversione da avancarica a retrocarica degli Enfield già in servizio. Dopo accurate prove presso gli arsenali di Woolwich in cui vennero esaminati diversi prototipi, fu adottato nel 1867 il sistema dell'americano Jacob Snider, che poteva essere facilmente applicato agli esistenti mod. 52. Parimenti anche le cartucce seguirono una evoluzione passando dalla carta all'ottone; nasceva così lo SNIDER-ENFIELD RIFLE, il primo fucile a retrocarica adottato dall'esercito inglese.
Ma la conversione degli Enfield ad avancarica in Snider a retrocarica fu solo una soluzione transitoria: nel 1867 una nuova commissione si incaricò di verificare la adottabilità del nuovo sistema a blocco cadente ideato da M. Frederck Von Martini in accoppiata con le nuove canne progettate da Alexander Henry e con le nuove cartucce di calibro inferiore e superiori radenza e velocità. Il risultato fu il MARTINI-HENRY RIFLE in calibro 45, adottato nell'aprile del 1871 e modificato nel 1886 in MARTINI-ENFIELD con la adozione del calibro 402 e del nuovo sistema di rigatura a 7 principi ideato da Mr. W. E. Metford, un ingegnere civile molto quotato in ambito armiero.
Un nuovo fucile per un nuovo secolo Nell'ultimo quarto del 19mo secolo la progettazione dei fucili si orientò in modo deciso nel ricercare le caratteristiche di velocità di caricamento, efficacia alle lunghe distanze e utilizzo di proiettili di calibro sempre più piccolo ma di maggiore potenza. Importanti sviluppi nelle scienze balistiche, specialmente nel campo delle polveri infumi, facevano intuire ampie prospettive di futuri progressi. Si registravano anche importanti progressi nello sviluppo di fucili in grado di contenere una riserva di cartucce che potevano essere rapidamente e consecutivamente caricate. Queste nuove armi denominate “magazine rifle” abitualmente prevedevano un contenitore metallico posizionato sotto o a fianco della calciatura e in grado di contenere le cartucce, da cui queste venivano inserite in camera dal movimento della azione scorrevole. Tutte le grandi potenze mostravano un crescente interesse a questi sviluppi, e alcune nazioni se ne stavano già dotando. Anche lo Small Arms Committee Britannico si iniziò ad attivare in questo senso, partendo dalle raccomandazioni emerse da un sondaggio effettuato presso gli ufficiali dell'esercito, secondo cui un nuovo fucile con serbatoio, quando usato con caricamento a colpo singolo “non doveva risultare inferiore al Martini-Henry, doveva avere una capienza di almeno 5 colpi, non doveva avere un peso eccessivo né meccanismi troppo complicati”. Nel 1888 entrò dunque in servizio il Lee Magazine Rifle, dotato di azione Lee con capiente serbatoio metallico bifilare, canna Metford con rigatura a 7 principi, nel nuovo calibro 303. La azione Lee prevedeva la possibilità di inserire la mezza monta, posizione nella quale il fucile poteva essere portato in tutta sicurezza. L'otturatore era protetto da una cover per proteggere la azione da sabbia e fango. Una leva di sicurezza sul lato sinistro permetteva una volta arretrata che non si verificasse nessun effetto nel caso in cui il grilletto venisse premuto. Il serbatoio in acciaio era inserito subito davanti la guardia del grilletto, conteneva otto colpi e poteva essere alimentato sia quando inserito nel fucile che quando separato dallo stesso mediante la pressione sulla apposita leva. Sul lato destro del corpo dell'arma sopra il magazzino era inserita la lastrina di cut off che, quando premuta sopra il serbatoio impediva la alimentazione dallo stesso e permetteva l'inserimento a colpo singolo delle cartucce. La bacchetta di pulizia (cleaning rod) era incassata nel calcio da cui sporgevo solo un poco e, contrariamente ai modelli precedenti, non rendeva possibile agganciare tra loro i fucili nel fascio d'armi. Per ovviare a questo inconveniente fu introdotto il “piling swivel”, un anello aperto posto sotto la canna in prossimità della cima, con cui le armi si potevano agganciare tra loro. Le cartucce erano ancora a polvere nera, ma gli studi sulle munizioni a polvere infume erano in stadio avanzato. Nel 1891 fu introdotta la nuova cartuccia caricata con la CORDITE, composta al 58% da nitroglicerina, di potenza e radenza ben superiori alla precedente alla polvere nera. Il fucile denominato nello stesso anno LEE-METFORD MAGAZINE RIFLE MARK I divenne MARK I* a seguito di alcune modifiche secondarie e soprattutto per la sostituzione del sistema di mira, progettato in fase iniziale per caricamenti leggermente più veloci. Nel 1894 fu introdotta una versione accorciata per la cavalleria, denominata LEE-METFORD MAGAZINE CARBINE, MARK I, con serbatoio a 6 colpi. L'introduzione della cordite fu la causa della brevissima vita del LEE-METFORD come ordinanza britannica. Mentre con le cartucce a polvere nera le canne Metford avevano una durata tecnica in grado di assicurare una buona precisione per un minimo di 10.000 colpi, le alte temperature della cordite ne causavano un deterioramento talmente precoce che dopo soli 4.200 colpi queste erano totalmente inservibili. La soluzione fu rappresentata dalla introduzione di un nuovo e più profondo tipo di rigatura sviluppato dalla RSAF di Enfield Lock, con 5 rigature. Introdotto nel 1895 il nuovo modello fu denominato LEE-ENFIELD MAGAZINE RIFLE, MARK I. A parte la canna differiva dal precedente LEE-METFORD MARK II* solamente per le mire. Il primo frutto del binomio Lee – Enfield fu dunque il “303 calibre, Rifle, Magazine, Lee-Enfield” o più semplicemente Magazine Lee-Enfield (MLE) o ancora quello che in futuro sarà semplicemente “Long Lee” per distinguerlo dai successivi “Short Magazine Lee Enfield”. Anche questo fucile, come accadrà al suo successore SMLE, ricevette un appellativo derivato dalla storpiatura della sigla. Mentre lo Short Magazine Lee Enfield si prese il simpatico nickname SMELLY (puzzolente), L‘ MLE fu battezzato EMILY, nome di donna a mio parere decisamente appropriato alle eleganti e affusolate fattezze di questa arma. Ci troviamo di fronte a un sistema d’arma innovativo per la fine dell’800, che rappresenta lo stato dell’arte di quel tempo creato per sfruttare ed esaltare le capacità dei fucilieri britannici, già proverbiali dai tempi delle guerre napoleoniche quando le giubbe rosse schierate in linea decimavano i soldati della grande Armée che attaccavano ammassati in colonna (Bernard Cornwell descrive molto bene questi scenari nei suoi romanzi storici della saga di Richard Sharpe). Rilevante per l’epoca anche la alimentazione con un serbatoio da ben 10 colpi, il doppio dei colpi di cui normalmente disponevano i fucili coevi; una importante dotazione di cartucce che poteva inoltre essere gestita mediante il sistema cut off. Come già avvenuto per il Lee Metford alla versione lunga da fanteria venne affiancata una versione più corta con il nome di Lee-Enfield Cavalry Carbine Mk I (LEC). Il fucile fu introdotto nel 1895 durante le guerre Anglo-Boere.
La guerra Sud Africana costituì una importante esperienza per l’esercito britannico.
Le due Repubbliche boere affidavano la loro difesa alle milizie cittadine reclutate con il sistema dei commando, costituiti ognuno da circa 1.000 miliziani sulla base dei distretti amministrativi; gli uomini validi di età compresa tra 16 e 60 anni potevano essere mobilitati in caso di guerra ed erano tenuti ad entrare nelle strutture militari organiche con proprio equipaggiamento e cavalcature; lo stato forniva invece l'armamento individuale e pesante. I boeri, abituati alla vita nel veld ed alle lotte contro gli indigeni, erano eccellenti cavalieri e tiratori formidabili; costituivano un efficiente esercito di fanteria montata estremamente mobile e dall'elevato morale; inoltre i boeri erano abili nell'organizzare posizioni trincerate da dove combattere a distanza con i fucili sfruttando i vasti campi di tiro delle savane evitando gli scontri ravvicinati e spesso sfruttando la sorpresa.
Fu quindi chiara fin da subito agli inglesi la importanza della precisione nel tiro e la necessità di impostare un importante addestramento dei propri soldati: le nuove armi e munizionamenti a disposizione degli eserciti erano fabbricate con caratteristiche tali da fornire elevati standard di precisione . I boeri dotati dei fucili mauser erano eccellenti tiratori, precisi ed estremamente efficaci quando tiravano da posizioni protette e mimetizzate, offrendo agli inglesi bersagli molto piccoli e visibili per breve tempo. Colpire con il primo tiro diventava della massima importanza visto che una seconda possibilità veniva raramente offerta.
Al termine della guerra il comandante in capo delle truppe inglesi, il Feldmaresciallo Lord Roberts intervenne sulla opinione pubblica affermando che il Sud Africa gli aveva fatto capire la necessità di costruire nuovi campi da tiro e la costituzione di società per incentivare questa disciplina e addestrare i civili e futuri soldati al tiro a segno. Dalle prove sul campo delle armi inglesi emerse inoltre una preoccupante novità: i fucili per quanto precisi non avevano adeguati sistemi di mira. In particolare i nuovi MLE sparavano a destra e spesso in alto rispetto al punto mirato. Le mire dovettero essere tutte corrette: 65.000 fucili già distribuiti alle truppe e altri 200.000 nuovi negli arsenali o in fase di consegna. Al termine della guerra i sondaggi effettuati presso le unità impiegate in Sud Africa riportarono alcune critiche interessanti alle nuove armi, riguardanti: · La necessità di registrare accuratamente i sistemi di mira per fare si che il punto di impatto coincidesse esattamente con il punto mirato · il mirino sui fucili britannici veniva considerato troppo grosso rispetto a quello più fine del fucile Mauser utilizzato dal boeri, motivo al quale veniva attribuita una maggiore precisione nel tiro da parte dei nemici (per altro meglio ben addestrati e molto più esperti nell’uso delle loro armi rispetto ai fanti britannici) · la necessità di aumentare le protezioni paramani lungo la canna soprattutto per l’impiego nei climi caldi · i problemi derivanti dalla calciatura in due pezzi dove spesso il vitone del calcio si allentava, con le conseguenti difficoltà date dalla scarsa disponibilità dei lunghi cacciavite necessari a raggiungerne la sede attraverso il foro nel calcio · la necessità di prevedere lastrine di caricamento rapido · considerazioni circa la opportunità di dotare di fucili anche le truppe a cavallo, che in molte situazioni si erano trovate nella necessità di ingaggiare scontri a fuoco a 2.000 e 3.000 yarde, dove le carabine per quanto anch’esse precise arrivavano al limite delle loro performance, ottimali fino alle 1.800 yarde. Veniva invece confermata la positiva impressione di maggiore precisione del MLE rispetto ai Martini Enfield una volta presa la giusta dimestichezza da parte dei soldati. Come vedete, tutte considerazioni sopra citate saranno propedeutiche alla progettazione del successore SMLE e del P14… ma questa è naturalmente una altra bella storia. Ora veniamo ai nostri esemplari: qui sotto possiamo vedere un esemplare prodotto negli stabilimenti Sparbrook nel 1894. La data di costruzione ci fa dedurre che si tratti di un Lee Metford modificato in Enfield con la sostituzione della canna (per altro la canna originale Enfield non è arrivata ai giorni nostri, è stata sostituita da una BSA che immaginiamo abbia dato molte soddisfazioni ai soci della Società di Tiro a Segno Sudafricano dove il nostro “ragazzo” è stato ospitato dopo il pensionamento dall’esercito fino quasi ai nostri giorni. Un particolare dell’otturatore chiuso e aperto con la sua copertura protettiva “parafango” e la sicura sul percussore che blocca l’intera azione. Si noti l’assenza del ponticello per il caricamento mediante lastrine, e la lamina laterale del cut off, il sistema di esclusione della alimentazione dal serbatoio che permetteva, quando inserito, di caricare a colpo singolo risparmiando i colpi del serbatoio per le fasi più concitate della battaglia, che lo vedevano disinserito. Il “volley-sight” anteriore e posteriore da 600 a 2800 yarde (da 550 fino a 2.560 metri), ovvero il sistema di mira per le lunghe distanze; questo congegno rappresenta l’ultimo retaggio delle guerre coloniali in cui pochi fucilieri ben armati e addestrati si scontravano con migliaia di indigeni armati di lance, iniziando a bersagliarli e decimandoli quando questi erano ancora a chilometri di distanza.
Volley sights e cut-off vennero mantenuti sui fucili inglesi fino a poco prima della grande guerra. A questo proposito leggete la bella scheda di LMB sullo SMLE LRS. La fascetta che riporta il fabbricante, l’anno di produzione, il modello MKII (Metford MkII) , la corona con le iniziali della Regina Vittoria (regnante dal 1837 al 1901)
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La tacca di mira, regolabile in deriva, e in altezza, tramite cursore orizzontale da 200 a 600 yarde e in verticale da 600 a 1900 yarde ![]() ![]() ![]() Ecco il piling swivel per comporre il fascio d’armi, in precedenza fatto agganciando le bacchette di pulizia tra loro.
Ecco la sua baionetta
Da notare la bacchetta di pulizia (cleaning rod) alloggiata in uno scasso sotto la canna e che spunta dall’incastro inferiore per la baionetta; questa ha l’impugnatura cava proprio per poterne alloggiare l’estremità ... roba da inglesi … in effetti il secondo modello MK* entrato in servizio nel 1899 vide come unica modica proprio l’eliminazione della bacchetta (e una semplificazione della relativa baionetta). Nel vano ricavato nel calcio trovano posto oliatore MKII “knob-top” e“pull through” di pulizia della canna. Qui sotto un paio di foto dei dettagli due esemplari di MKI*, identici al MKI ma appunto senza bacchetta, costruiti uno negli stabilimenti Sparbrook l’altro in quelli di Enfield, e la relativa baionetta semplificata.
Un particolare del mirino anteriore nella sua versione originale (quella con le protezioni laterali è successiva), accusato di essere troppo grossolano rispetto ai mirini del Mauser
Anche la tacca di mira originale non era regolabile in deriva
Qualche dato tecnico del MLE MKI e MKI*:
E qualche dato sul numero di pezzi prodotti e sugli arsenali coinvolti.
Fonti:
I.
-
D. Skennerton - The Lee-Enfield, A Century of Lee-Metford&
Lee-Enfield Rifles & Carbines - 2007, Ian Skennerton Publishing.
II.
-
E.G.B. Reynolds - “The Lee Enfield Rifle – Its history and
development from first designs to the present day” III. - WEB, in particolare Wikipedia: Seconda Guerra Boera
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