Revolver Svizzero modello 1882/29

 

 

Scheda di Frank A. Mancuso, arma fotografata dalla sua collezione

 

Qualche anno fa, riferendomi alla rivoltella modello 1882, che in Svizzera precedette quella di cui vado ora a parlare, scrivevo come su di essa ci fosse "molto da dire, forse più di quanto essa meriti".

Sul Revolver d'Ordinanza Svizzero modello 1882/29 per contro si dice poco, forse meno di quanto esso meriti.

Nella maggior parte delle pubblicazioni viene liquidato sbrigativamente come una semplificazione del modello 1882; non gli si riconosce nemmeno una sua denominazione, costringendolo a pagare con quel "1882" che precede il "29" un tributo di primogenitura che personalmente ritengo un po' troppo pesante.

Come esempio prontamente disponibile di quel che intendo, si veda il diverso spazio riservato alle due armi su Wikipedia: già nella versione in lingua tedesca si dedica più spazio al revolver da ciclisti modello 1893 che non al nostro 1882/29.

Come già detto, nonostante la munizione deboluccia che utilizza, il modello 1882 è un'arma dalla gestione tutto sommato semplice ed economica, tanto da rimanere in servizio fino al 1964.

Ma i suoi costi possono essere ridotti, primo tra tutti quello di produzione, che è salito dai 43 CHF iniziali a 120 CHF; il progetto dell'arma viene quindi completamente rivisto al fine di assicurare una produzione più spedita ed una manutenzione ancora più semplice e meno costosa.

A mio avviso il risultato convince, al di là del vantaggio conseguito con la riduzione del costo di produzione ridotto a 90 CHF.

La produzione è affidata alla Waffen Fabrik di Berna, qui di seguito i marchi che appaiono sull'arma oltre al numero di matricola ed alle ultime sue tre cifre, presenti un poco ovunque.

I primi esemplari vengono consegnati a Febbraio 1933, gli ultimi a Giugno 1946, e ne vengono 18209 esemplari compresi tra i numeri di matricola 50020 e 68229.

Una più ridotta produzione "privata" di circa 1500 pezzi viene realizzata per le Dogane, con matricole che iniziano da P25001.

In totale non si arriva nemmeno alla metà della produzione del precedente modello 1882, che solo per la gioia dei collezionisti è caratterizzata da diverse variazioni al progetto iniziale durante il periodo produttivo. Variazioni necessarie, poiché al tempo esse non erano dettate da esigenze di marketing (ovvero: dal desiderio di vendere lo stesso oggetto più volte allo stesso idiota, cambiandone ogni volta marginalmente l'aspetto) ma da esigenze concrete. L'assenza di varianti del modello 1882/29 è un punto a favore di un disegno azzeccato sin dall'inizio.

Vediamo dunque da vicino questo esemplare, tenendo anche presente il suo predecessore.

Si tratta di un esemplare di tarda produzione, come indicano le guancette in bachelite di colore nero, le ultime montate in ordine di tempo, ben più robuste di quelle realizzate in fragilissima Kanevasit rosso mattone utilizzata sui primi esemplari, e sostituita dopo i primi 6-7000 esemplari da un materiale sintetico di colore marrone (stessa successione di "colori" che avvenne anche per le W+F 1906/29).

Si nota subito che la canna che nel nuovo modello è tonda; meno immediato notare che l'unica vite visibile è quella che appare nell'immagine che segue.

Non è la sola vite presente in quest'arma, un'altra ce n'è ed è ben nascosta; ma questa unisce la cartella sinistra dell'arma al telaio, ha una funzione strutturale, l'altra ne ha una solo accessoria; e comunque in totale sono pur sempre solo due viti.

Se vogliamo storcere a tutti i costi il naso, possiamo notare che sul modello 1882 la vite corrispondente poteva essere svitata ricorrendo ad una monetina, cosa che sul modello 1882/29 non è più possibile.

Qui sotto l'asta dell'estrattore ruotata in posizione di estrazione.

Rispetto al modello 1882 l'asta non è più vincolata anteriormente da un'asticella di guida che la attraversa e che è solidale alla canna. L'asta è vincolata solamente alla sua guida posteriore realizzata davanti al tamburo nel telaio (visibile qui sotto); nel nuovo modello la lunghezza della guida posteriore è stata portata ad una lunghezza di 23 mm contro i 14 mm del modello 1882.

Anche nel modello 1882/29 ruotando l'asta dell'estrattore oltre la posizione si estrazione si solleva svincola il perno del tamburo, che può essere sfilato tirandolo con forza verso la volata.

L'apertura dello sportellino di caricamento libera il tamburo, che può essere estratto dalla sua sede.

Svitando la vite già menzionata si separa la cartella sinistra dal fusto. Notiamo un paio di cose:

- la cartella è fissata anteriormente da una spina solidale al telaio, e non è più incernierata ad esso, dovrebbe essere abbastanza grande da non andare persa; la vite invece no, può rotolare e raggiungere una indebita libertà, quindi è trattenuta dalla cartella.

- lo sportellino Abadie è ancora aperto, come testimonia la posizione della sua camme visibile tra il tra cane ed il telaio, che sposta fuori dalla portata del grilletto il braccetto mobile del cane.

Per proseguire nello smontaggio, si deve spingere con delicatezza verso l'alto la guancetta sinistra, che è tenuta in posizione dalla cartella e da un dente posto alla base del telaio, in corrispondenza del supporto per l'anello del correggiolo.

Questo è sufficiente per esporre la meccanica dell'arma.

NOTA IMPORTANTE
Le due immagini che seguono possono essere ingrandite (basta cliccarci su). Per illustrare meglio la meccanica ho rimesso in sede il tamburo e chiuso lo sportellino Abadie DOPO aver smontato la cartella; a voler montare o smontare col tamburo in sede si rischia di graffiare il tamburo, la cartella o tutti e due! (Avrei rimesso in sede anche la guardia ma, essendo essa solidale alla cartella,ovvii motivi mi hanno impedito di farlo! :-) )

 

Continuando nel confronto tra vecchio e nuovo, salta agli occhi che il nuovo cane ha una forma decisamente meno armoniosa, ma la cosa importante da notare è che il percussore non è più un tutt'uno col cane, ma è spinato [1] a questo.

Spariscono anche due componenti del meccanismo di armamento e sparo.

Uno è la catenella posta precedentemente tra il cane ed il braccio superiore della molla a V. Ne risentono purtroppo la fluidità della doppia azione e dell'armamento del cane in singola azione, ma non in modo drammatico ed inaccettabile. Lo scatto in singola azione è estremamente netto, ed insieme alle ridotte prestazioni della cartuccia deve dare ottime soddisfazioni sul bersaglio.
L'altro è la barra che trasmette al grilletto la spinta del braccio inferiore della molla a V; è lo stesso braccio inferiore, opportunamente sagomato, a svolgere la funzione della barra. Sotto le branche della molla a V si intravede la seconda vite alla quale ho già accennato; serve a tenere unita la guancetta destra al telaio.

E quella macchia chiara sotto la guancetta sinistra?

Chi è abituato a trovare sotto il calciolo dei K31 le targhette con i nomi degli assegnatari non dovrebbe meravigliarsi di vederne apparire anche nascoste all'interno di altre armi, come in questo caso.

Il nome del militare sembra essere Peter Gusset, e probabilmente "34" fa riferimento all'anno della sua nascita.

Ho preferito mascherare l'indirizzo riportato sulla targhetta, molto più facilmente leggibile del nome del militare; il motivo è che interrogando Google con quella informazione appare l'immagine di una bella casetta dove forse la famiglia Gusset abita ancora, e magari non gradirebbe una indiscreta pubblicità. Non è tanto rispetto della praivasi, quanto di una persona, unito ad un po' di buon senso.

Il revolver 1882/29 utilizza le stesse fondine utilizzate dal modello 1882.

Sul retro di questa, tra i passanti per il cinturone, il nome del sellaio che l'ha prodotta, dove, nonché l'anno di produzione.

E' possibile scaricare il manuale dell'arma sia da questo link che da questo sito presso il quale lo ho rintracciato; è in lingua tedesca, ma anche chi non dovesse conoscerla oggi può ricorrere gratuitamente a strumenti informatici che nemmeno molti anni fa sembravano più che altro dei simpatici gadget, ma nulla di più.

Se poi proprio non riesce a leggere in una lingua diversa da quella italiana, può sempre cercare il testo di Adriano Simoni citato in bibliografia, che ne contiene una copia.

In chiusura, la tabella che riassume in freddi numeri la descrizione dell'arma.

 

Produttore:

Waffenfabrik Bern

Modello:

1882/29

Calibro:

7,5 Ordinanza Svizzera

Alimentazione: Tamburo contenente 6 colpi

Lunghezza canna:

116 mm, 4 righe destrorse con passo di 430 mm

Lunghezza complessiva:

230 mm

Altezza complessiva: 155 mm

Peso scarica:

765 g

 

[1] Da qualche tempo va di moda riferirsi ai percussori montati sul cane di un revolver usando il termine "rivettati". Questo uso  probabilmente è nato quando qualcuno ha letto il termine "riveted" usato oltreoceano. Al di là di quello che dicono negli USA, chi qui da noi usa il termine "rivetto" per riferirsi a quell'elemento non sa cosa è un rivetto. Il rivetto è un elemento che realizza l'unione tra due componenti (ad esempio: due lamiere) grazie alla notevole deformazione che deve subire dopo essere stato inserito in sede per la formatura della controtesta, tale da fargli occupare tutto lo spazio disponibile nei fori che lo ospitano. Se il percussore fosse unito al cane per mezzo di un rivetto non avrebbe la possibilità di ruotargli attorno, cosa che invece fanno (perché lo devono fare) i percussori di questo e di altri revolver. Molto comune era riferirsi allo stesso elemento col termine "spina"; la spina, in generale, deve invece assicurare un posizionamento preciso di un elemento, e la differenza di diametro tra essa ed il foro che la accoglie deve essere minimo. Quindi, anche se in questo caso il termine "spina" non è quello corretto di asse o perno, già si sbaglia molto meno che non a riferirsi ad esso come rivetto. Il fatto poi che una spina, o un asse, o un perno abbiano una o tutte e due le teste deformate per assicurare che non si sfilino dalla loro sede non li trasforma in un diverso elemento meccanico. Si pensi, ad esempio alla pistola VIS Wz. 1935; a seconda del periodo di produzione, per evitare che si sfilassero i perni del cane, della sicura dorsale e del dente di scatto si è fatto ricorso inizialmente a tolleranze più strette tra perno e telaio, e poi alla deformazione delle teste (ma solo di quelle), ma la natura dei tre elementi è rimasta la stessa.

 

Bibliografia

* A. Simoni - Pistole e Revolver di Ordinanza Svizzere - Editoriale Olimpia, Firenze, 2008

* https://www.swisswaffen.com/?W=R29