Fucile olandese Mannlicher modello 1895 (coloniale)

Infantereij Geweer M. 95 ( KNIL)

 
 

 

 
 

Scheda di Pikappa

 
   

 

 
 

Credo che ogni appassionato abbia una personalissima scala di valutazione entro la quale gli oggetti della sua ricerca vanno dall’ossessione pure e semplice al completo disinteresse. Vi è poi una zona d’ombra più o meno vasta, nel cui limbo giacciono quelli riguardo i quali non si ha magari un’opinione precisa, per non dire che li si ignora del tutto.

Nella mia classifica, a questa sorte malinconica sembrava rassegnato il fucile olandese Mannlicher modello 1895, almeno fino al giorno in cui non ne vidi uno sulle rastrelliere di una ben nota armeria romagnola, e decisi di chiedergli se avrebbe potuto gradire la mia ospitalità per qualche tempo.

Il progenitore di tale arma è il tedesco Kommission Gewehr modello1888, sulla cui genesi non mi dilungherò, essendo stato trattato in altra autorevole scheda di questo sito.

Però, a volerne proprio riassumere gli antefatti, chiameremo sulla scena i francesi e tutto il loro gallico orgoglio nel momento in cui presentarono agli sbigottiti ambienti militari europei il primo fucile a ripetizione di piccolo calibro facente uso di cartucce a polvere infume: il Lebel 1886.

Agitati dallo spauracchio dell’obsolescenza tecnica e della supremazia militare avversaria, i prussiani attivarono l'apposita commissione di studio sulle armi lunghe, la GPK ( Gewehr-Prüfungskommission), e misero alla frusta l’arsenale di Spandau.

Sottoposti a estenuanti pressioni politiche, la GPK e il  capotecnico Louis Schlegelmilch  presentarono in tempi drammaticamente ristretti  l’arma che avrebbe dovuto annichilire l’avversario francese e il suo nuovo fucile. In realtà, il volenteroso ma forse non geniale Schlegelmilch, un po’ copiando, un po’ mettendoci del suo, aveva creato un ibrido che, manco a dirlo, scontentò tutti. 

Fra la grandine di più o meno giustificate contumelie che l’affrettato accrocchio si attirò addosso non appena fatto capolino sulla scena, una in particolare interessa alla nostra storia perché foriera di conseguenze dalla vita indipendente rispetto all’arma che le aveva causate: la plateale scopiazzatura del sistema di caricamento a serbatoio con pacchetto Mannlicher indignò la Österreichische Waffenfabrik Gesellschaft ( Steyr), spingendola ad intentare causa per violazione dei diritti brevettuali del congegno di cui era gelosa depositaria.

Il contenzioso fu vinto agevolmente, e, fra le clausole risarcitorie, la Steyr ottenne la facoltà non solo di partecipare alle commesse del governo tedesco per la forniture dei fucili Kommission, ma anche di produrli in proprio con le modifiche che avesse ritenute opportune, e per la clientela che ne avesse fatto richiesta.

Lisciandosi vittoriosamente le penne, la OeWG non perse tempo a mettere mano al fucile Kommission per correggerne i mali di nascita: motore intellettuale degli studi migliorativi fu il brillante Otto Schoenauer ( Mannlicher era in quel periodo preso dallo sviluppo dei suoi otturatori a trazione rettilinea).

Fra le varianti si annoverarono l’eliminazione del manicotto copricanna, e la modifica dell’eiettore, reso più robusto ed efficace a paragone dell’originale di Schlegelmilch.

Anche la munizione venne modificata adattando il fucile per una pallottola calibro 6,5 con bossolo flangiato lungo nominalmente 53 mm. .

I primi clienti giunsero nel 1890, e furono i rumeni, che per il loro esercito adottarono con lievi modifiche il fucile della Steyr,  battezzandolo Puska Md.1893. In particolare chiesero a Schoenauer di semplificare ulteriormente l’eiettore, che fu ridotto a un nottolino basculante sistemato in un’asola praticata nel canale di scorrimento dell’otturatore, e azionato dal suo movimento all’indietro; soluzione finale particolarmente indovinata per semplicità costruttiva e maggiore robustezza della testa dell’otturatore, ora non più tagliata per ospitare l’originario eiettore a lama.

Sempre agli albori dell’ultimo decennio del secolo, presi anch’essi come tante altre nazioni dalle esigenze di un riarmo che fosse al  contempo razionale e lungimirante, ma non finanziariamente distruttivo,  si presentarono poi gli olandesi, alla ricerca di un moderno sostituto per i loro Beaumont  71/88 da poco trasformati a ripetizione con l’aggiunta del primitivo caricatore Vitali.

Esaminate le proposte della Steyr e il modello adottato dai rumeni, gli olandesi vollero tornare all’eiettore modificato in prima battuta da Schoenauer,  ma aggiunsero al cilindro dell’otturatore una vistosa costola,  giusto davanti alla manetta di armamento, che migliorò la rigidezza del pezzo garantendogli al contempo anche uno scorrimento più dolce.

Le altre richieste specifiche non stravolsero la configurazione originaria, e l’aspetto generale dell’arma rimase quello tipico di fine ottocento: un elegante e snello fucile, solo un poco appesantito dal vistoso pomolo posto sulla testa della manetta d’armamento, ingrossato rispetto al modello rumeno per facilitarne la manovra.

Ufficialmente adottato nel 1895 e battezzato “Geweer M.95” , i primi lotti furono ordinati alla Steyr, che li consegnò puntualmente e senza lamentele da parte del cliente.

Per onore di cronaca va detto che, ai primi del secolo XX, il sempre parsimonioso governo olandese cercò un fabbricante alternativo, e pare si fosse rivolto alle aziende italiane, che però non furono in grado di soddisfare le specifiche di qualità e le condizioni economiche del committente. Tenaci per natura e tradizione gli olandesi si organizzarono in casa, e la manifattura delle armi per le forze armate nazionali e coloniali continuò presso l’arsenale di Hembrug fino all’invasione nazista del 1940. Nel caso del fucile M.95 la produzione del modello da fanteria assommò a un totale di circa 470.000 esemplari, mentre la variante coloniale si attestò sui 50.000, e attorno ai 7.500 quella per la marina.

Non ho parlato a caso delle forze armate coloniali: l’Olanda infatti manteneva l’ordine nei suoi vasti e lucrosi possedimenti dell’arcipelago indonesiano affidandosi ad un esercito semi-autonomo denominato KNIL (Koninklijk Nederlands Indisch Leger), il quale appunto godeva di considerevole indipendenza nell’utilizzo, nel comando e più in generale nell’organizzazione logistica, compresa la scelta dell’armamento individuale.

Se l’esercito metropolitano aveva semplificato l’armamento “lungo”con l’adottare il fucile modello 1895 per la fanteria, e per tutte le altre specialità due carabine differenti in pochi dettagli  e designate “OM” -  vecchio modello e “NM” -  nuovo modello, seguite da un numero progressivo 1-5 che ne definiva il corpo d’assegnazione, il KNIL, riservando il fucile ai fanti olandesi e assegnando le carabine a tutti gli altri ( specie i nativi indonesiani, per ragioni di statura), si perse in un’orgia di varianti, che, unite a quelle volute dalla marina, dalle polizie militare e civile, dalla gendarmeria coloniale, risultarono in un groviglio che ancor oggi i massimi esperti olandesi non riescono a sbrogliare del tutto.

A grandi linee si calcola che la somma delle versioni generate dai varii corpi richiedenti abbia dato luogo a circa 35 modelli conosciuti della carabina olandese tipo Mannlicher!

Anche il fucile non sfuggì ai sofismi del KNIL ( e della marina), ma le modifiche interessarono dettagli secondari quali lo spessore della pala del calcio, l’alzo e la baionetta, salvando l’evoluzione dell’arma da aspetti di metastasi inarrestabile!

Senza addentrarci in meandri che ci allontanerebbero dal fucile oggetto di questa scheda, ricordiamo che esso servì onorevolmente l’Olanda sia in patria che nelle colonie fino oltre la Seconda Guerra Mondiale, e che la competenza di Schoenauer portò la Steyr a fornire un’altra arma simile al Portogallo, culminandone poi lo sviluppo con quello che a mio parere è uno dei più bei fucili militari del passato secolo: il Mannlicher-Schoenauer modello 1903 dell’esercito ellenico.

E ora vediamoci il mio 1895, che, per i motivi di cui dirò più sotto, ha sicuramente soggiornato nelle Indie olandesi orientali.

Eccolo in tutta la sua lunghezza da entrambi i lati:

 

 
 

 
   
     
 

Il meccanismo di fermo dell’otturatore (nulla di nuovo sotto il sole a paragone del Kommission Gewehr), la scatola serbatoio e la punzonatura dell’arsenale di Steyr, con l’anno di fabbricazione. Leggere 1900 mi fa ormai un certo effetto: anch’io sono nato nel (tardo) “novecento”, ma oggi siamo nel XXI secolo.

 
 
 

 
     
 

L’otturatore arretrato con la sicura a foglietta e la costola di irrigidimento voluta dagli olandesi:

 

 
   
     
 

Ancora l’otturatore ( si nota l’eiettore modificato, che comunque taglia la testina girevole) e le alette di chiusura arretrate sul canotto come da progetto di Schlegelmilch:

 
 
   
     
   
     
 

Le cifre punzonate su canotto, testina, estrattore e sicura non soddisfano alla condizione di “ fucile monomatricola” , il che non mi ha impedito di dormire sonni sereni fin dal momento dell’acquisto… ;-) ) 

L’alzo, molto simile a quello montato sui fucili Mannlicher M.1886 e derivati.

 

 
   
     
 

E adesso il dettaglio che contribuì al mio colpo di fulmine per questo fucile:

 

 
   
     
 

Questa targhetta di ottone era applicata esclusivamente alle armi del KNIL, cosa che scopersi solo dopo essermi portato il fucile a casa e senza peraltro decifrare il significato della dicitura “Res. Btva. 320”.

Pensandoci, l’interpretazione più immediata e banale era che 320 fosse il numero di rastrelliera assegnato a quel fucile in un battaglione della riserva. Ma quanto a “va”?

La fortuna mi ha dato una mano sotto le spoglie di un viaggio di lavoro nei Paesi Bassi durante il quale ho avuto modo di “rubacchiare” un pomeriggio, e far visita al Museo dell’esercito olandese sito nella deliziosa cittadina di Delft.

Aiutato dai cortesi funzionari del museo nell’indirizzare correttamente i miei quesiti, la risposta mi è pervenuta dopo brevissimo tempo dal sig. Mathieu Willemsen, conservatore delle armi da fuoco nonché rinomato oplologo europeo della levatura pari a Bogdanovic, Wrobel, Riepe, per citare loro soli. La targhetta non indica tanto il numero di rastrelliera all’interno dell’armeria di un battaglione,  quanto piuttosto l’identificativo di un fucile in dotazione al corpo dei riservisti della città di Batavia ( ecco spiegato il “Btva”!), l’odierna Jakarta e allora capitale delle Indie olandesi.

E su tale attribuzione si innesta anche un’ulteriore particolarità di questo fucile.

L’attacco della baionetta è stato modificato rispetto all’originale per poter fare uso di quella giapponese modello 30 (la bacchetta di pulizia originale è andata perduta):

 

 
   
     
 

Batavia cadde in mano nipponica nelle ultime ore del 5 marzo 1942 e molte armi di cattura subirono modifiche volte a renderle utilizzabili dalle forze occupanti, o , nel dopoguerra, dalla polizia indonesiana, che a sua volta le mantenne in servizio anche oltre la caduta dell’impero coloniale olandese avvenuta nel dicembre del 1949 ( parecchie delle polimorfe carabine coloniali furono convertite in calibro 303 British con effetti traumatici sul rinculo).

Non mi è riuscito di assumere informazioni sul corpo dei riservisti di Batavia, semprechè ve ne siano, ma non dispero… Ad Arnhem esiste il museo della KNIL e non è detto che la sorte non mi riservi un'altra trasferta in Olanda, paese che apprezzo moltissimo, durante la quale farò di tutto per visitarlo!

In ultimo ecco la cinghia, sulla quale non ho trovato referenze di sorta, ma circa la cui autenticità ritengo sussistano pochi dubbi:

 

 
   
     
 

Un po’ di dati relativi al fucile da fanteria M.95, e comuni alle tre versioni ( esercito, coloniale e marina):

Calibro

 6,5 x 53,5 R ( Scherpe patroon N°1)

Produzione

 Dal 1896 (versione per esercito e marina), 1897 ( versione per KNIL)

Meccanismo di ripetizione

 Otturatore manuale girevole-scorrevole

Lunghezza totale

 ~129,5 cm

Lunghezza canna

 ~79 cm

Canna

 4 righe destrorse

Velocità alla bocca

 ~ 2450 fps con palla RN da 159 grs

Caricatore

 A pacchetto sistema Mannlicher, 5 colpi

Peso

 ~ 4, 3 Kg

 
     
 

Bibliografia consultata e fonti Internet:

§    Bogdanovic, Branko - Valencak, Ivan -  Il grande secolo delle armi da fuoco – Editoriale Giorgio Mondadori, Milano, 1987

§      Scarlata, Paul – Mannlicher Military Rifles - Straight Pull and Turn Bolt Designs – Andrew Mowbray Publishers, 2004

§     Scarlata, Paul – A Collector’s Guide to the German Gew. 88 “Commission” Rifle - Andrew Mowbray Publishers, 2007

§     Scarlata, Paul – Collecting Classic Bolt Action Military Rifles - Andrew Mowbray Publishers, 2001

 

§     http://www.legermuseum.nl/asp/page.asp?alias=legermuseum.nl - Il bellissimo museo dell’esercito olandese a Delft

§     http://www.cdc.nl/ktomm/ - Il museo dell’esercito coloniale ad Arnhem ( non sembrano esserci pagine altro che in olandese!)

§     http://www.dutcheastindies.iblogger.org/ - Tutto sulla campagna d’invasione delle Indie olandesi orientali nel 1941-42

 

I seguenti volumi non li possiedo, né li ho avuti in mano, ma li cito per dovere, essendo considerati fondamentali per lo studio delle armi lunghe olandesi M.95:

§     Martens, B.J. & G. de Vries, Nederlandse vuurwapens, landmacht en luchtvaartafdeling 1895-1940 (Amsterdam 1993)

§     Martens, B.J. & G. de Vries, Nederlandse vuurwapens, knil en militaire luchtvaart 1897-1942 (Amsterdam 1995)

§     Martens, B.j. & G. de Vries, Nederlandse vuurwapens, marine, mariniers en MLD 1896-1942 (Amsterdam 1997)

§     Nederlandse Vereniging ter Bestudering van Munitie en Ballistiek (ed.), De Mannlicher M.95 en de patroon van 6,5 x 53,5 R/The Dutch Mannlicher M.95 and the 6.5 x 53.5 R cartridge (s.l. 1995)