Madsen mod. 47

 

Scheda a cura di Gualbo - arma fotografata della sua collezione.

 

E sì, scommetto che molti di voi non ne conoscevano neanche l’esistenza. Eppure c’è…  ed è come un fantasma, avvolto da un’aura di mistero: pochi lo hanno visto, ancor meno ne posseggono uno. Ogni tanto appare,  e viene o snobbato o conteso, a seconda della piazza.

Cerchiamo, con l’aiuto della conoscenza condivisa, la più grande risorsa della rete, di fare un po’ il punto, posto come dato di fatto che molte delle informazioni su questo simpatico fucile, nato e morto fuori del tempo, provengono dalla lettura di riviste e di post sui forum americani dedicati all’ex ordinanza[1].

Madsen è in realtà il nome commerciale della Dansk Industri Syndikat, ditta danese più conosciuta per una serie di mitragliatrici leggere che ebbero un discreto successo commerciale  in Europa e nell’America latina.

Torniamo al modello 47 ripercorrendone la storia: alla fine della II G.M. anche la nostra ditta danese cercò in qualche modo di risollevarsi con la produzione di una nuova arma, sicuramente con la non nascosta mira di farlo adottare almeno all’esercito del suo paese. Purtroppo (o per la fortuna di noi collezionisti) il parto delle acute menti dei progettisti non fu dei più felici, dato che portò sì alla nascita di un fucile interessante dal punto di vista tecnico, ma  assolutamente superato in campo operativo. Infatti, se da un lato l’esercito danese fu riarmato con armi americane (M1 Garand e M 1917, ed anche qui Deo Gratias[2]) la possibilità di piazzare sul mercato internazionale una nuova arma ad otturatore girevole scorrevole, negli anni ’50 erano veramente molto scarse. I nostri imperterriti danesi, non si sa come, riuscirono comunque (per fortuna, nota del collezionista) a vendere un piccolo (meno di 8000) lotto alla marina colombiana (e ciò avvenne nel ’58[3]….). Pare però che nemmeno questi unici  acquirenti furono entusiasti del fucile, tant’è che la maggior parte dei pezzi prodotti riposarono per anni in arsenale, praticamente inutilizzati, fino alla loro dismissione ed alla vendita sul mercato internazionale, soprattutto americano.

Esaminando il fucile dal punto di vista tecnico si nota un insieme di soluzioni costruttive in parte originali, in parte riprese da armi già collaudate.

L’otturatore è caratteristico: si arma in maniera simile al Mauser, ha un’unghia estrattrice simile a quella del nostro ’91 (anche se di superficie minore) ed i tenoni di chiusura in coda. Ed è qui che abbiamo la soluzione tecnologica più interessante: il sistema di regolazione dell’head space. I due tenoni, infatti, si inseriscono in due scassi riportati all’interno di due inserti inseriti a pressione  e fermati da una vite nella parte posteriore del receiver. In tal modo, con la semplice sostituzione degli inserti era possibile regolare lo spazio di testa. Sulla solidità di tale soluzione sono state portate alcune critiche, in quanto alcuni fucili avrebbero manifestato dei cedimenti, fortunatamente non distruttivi,  in tale zona. Personalmente ritengo probabile che tali eventuali problemi, più che ad una scarsa solidità dell’azione, siano stati legati all’uso di otturatori ed azioni non corrispondenti (complice anche il fatto che l’otturatore non è matricolato), e/o da munizionamento non adeguato. Peraltro l’otturatore presenta, oltre ai due tenoni di chiusura, anche una lunga costolatura che, pur non avendo una funzione attiva nella chiusura, trovandosi quasi a contatto con il bordo destro del castello, fornisce una ulteriore sicurezza, nel recondito caso di cedimento del bloccaggio posteriore.[4]

Il sistema di mira è anch’esso caratteristico, trattandosi di una diottra avanzata con alzo a cursore regolabile anche in derivazione, posta all’altezza della camera di cartuccia. Tale sistema è effettivamente ottimo nel tiro d’imbracciata, un po’ meno in poligono in posizione seduta.

Il calibro, almeno per la fornitura colombiana, è il 30/06[5], il serbatoio contiene 5 cartucce ed è presente la slot per il caricamento con le lastrine dello Springfield. L’attacco della baionetta[6] è simile a quello del K 98. In volata è c’è un vistoso freno di bocca, che unito alle caratteristiche del calciolo denota l’attenzione posta dai progettisti sulla riduzione del rinculo[7]. Quanto questo sia utile su un fucile militare non destinato a cadetti, lo lascio all’immaginazione del lettore. Anche l’ipotesi avanzata in alcuni articoli, che spiegava la cosa nella presunta corporatura minuta degli utilizzatori sudamericani, mi lascia un po’ perplesso. In quasi tutti gli Stati sudamericani sono stati usati per decenni fucili mauser in 7x57 o 7,65x53 senza problemi di sorta. Che improvvisamente i generali colombiani si siano trovati di fronte ad una generazione di tisici debilitati, mi sembra quanto meno un po’ strano[8].

La finitura dell’azione e della canna sono del tipo  che gli inglesi chiamano “stowed” ovvero verniciatura nera  su fosfatazione  (simile a quella dei SAFN 49 e dei Fal L1A1 per intenderci). L’otturatore presenta una parkerizzazione verdastra molto fine, ma potrebbe anche trattarsi di una brunitura su una superficie trattata termicamente, il  che porta ad un colore inusuale

Nell’insieme  il fucile assomiglia più ad una carabina da caccia che ad un’arma militare, soprattutto per una caratteristica quasi unica tra le ex ordinanze: uno spesso calciolo in gomma incavato per l’appoggio alla spalla. Alcuni fucili presentano un grosso medaglione plastico sul lato sinistro del calcio, all’altezza dell’azione, riportante lo stemma colombiano e la scritta “Colombia - Fuerzas Armadas”

In definitiva è un gran bel pezzo, nato fuori del suo tempo, poco utilizzato, quando reperibile spesso in belle condizioni. Tira bene, almeno nel mio caso, dato che la canna è “abbagliante”. Sicuramente privo del fascino storico dei vari Springfield, Mauser k98 o Mosin Nagant ha dalla sua la quantità prodotta, che ne fa uno dei più rari fucili ex ordinanza in assoluto[9]. Ciò non toglie che abbia un suo appeal, derivante non tanto dal fatto di essere stato prodotto alla fine degli anni ’50[10], quanto perché si tratta di un modello originale, con caratteristiche tecniche proprie non riscontrabili su altre armi ex ordinanza. Non si può poi tacere quell’aura di mistero da cui è circondato, la mancanza quasi assoluta di informazioni[11],  e la ricerca, questa sì, originale, svolta dal collezionista, che scoprirà in questo fucile qualcosa di veramente avvincente.

Gualbo



[1] Un collezionista americano, Warren Ball, aka ol’Duke, ha iniziato una ricerca sul Madsen, attraverso i newsgroups dedicati all’ex ordinanza. Ha potuto così esaminare i dati relativi ad 82 fucili, soprattutto in possesso di collezionisti americani. Dalla ricerca è emerso che i fucili al di sotto della matricola 5000 non presentano il medaglione sul calcio. Certo il campione è relativamente basso, essendo attorno all’1% dei fucili fabbricati, ma penso che i risultati possano essere considerati abbastanza attendibili. I possessori italiani di Madsen mod.47 sono pregati di comunicare all’amico americano ( olduke@bellsouth.net ) i dati dei propri fucili, al fine di dare ulteriore impulso alla ricerca.

[2] La maggior parte dei garand e degli M 17 reperibili negli ultimi anni sul mercato italiano provengono proprio da questa fornitura “danese”. Per fortuna la Danimarca ha rivenduto sul mercato internazionale i propri surplus. La difficoltà nel reimportare questi fucili negli USA ha contribuito a mantenerne i prezzi relativamente bassi.

[3] Questa data porta il Madsen a non essere considerato negli USA come “curious and relic”, status che hanno alcune armi esplicitamente specificate in un elenco del BATF, ovvero i fucili bolt action militari prodotti da oltre 50 anni. L’inserimento in questa lista facilita la circolazione interstatale dei fucili.

[4] Il peculiare sistema di chiusura comporta la presenza di una manetta di armamento posta poco dietro la metà  dell’otturatore, cosa che certo non aiuta nel riarmo rapido dell’azione, dovendosi avanzare notevolmente la mano destra alla ricerca del pomello.

[5] Si parla anche di versioni in 7x57  ed in 8x57. Non ne ho mai visto uno neanche in foto: ipotizzo si tratti di versioni sperimentali da sottoporre a stati esteri per un’eventuale, sfumata adozione.

[6] Le baionette sembrano piuttosto difficili da reperire, almeno insieme ai fucili. Da colloqui intercorsi con diversi venditori italiani sembra che comunque ne siano arrivate diverse in passato.

[7] Tali caratteristiche, unite al peculiare sistema di mira, avrebbero avuto un senso maggiore su un fucile semiautomatico.

[8] Tra l’altro il fucile risulta, cosa strana tra le ex ordinanza, piuttosto “lungo” nella calciatura e con la manetta di armamento piuttosto difficile da raggiungere per una persona di bassa statura  come il sottoscritto: ciò mi  conferma che non sia stato progettato per dei “tappetti”.

[9] Anche ammettendo che ne siano stati prodotti 8000 pezzi e che la totalità degli stessi  sia finita sul mercato del surplus militare, siamo diversi ordini di grandezza in meno di fucili di per sé abbastanza rari come il SAFN 49, i vari Nagant finlandesi o i Tokarev SVT 40. Per fare un paragone, il Lee Enfield n°1 mk V (visto uno solo nella mia vita) fu  prodotto in un numero più che doppio.

[10] Non si deve dimenticare che negli anni ’50 si continuavano a produrre armi come i Mauser,  Lee Enfield, i Mas 36, i Mosin Nagant, oltre al “refurbishment” di quasi tutti i fucili della II G.M.

[11] Nessuno, allo stato attuale delle cose, è riuscito ad esempio a dire con certezza che tipo di cinghia fosse prevista per l’ M. 47. Chiunque abbia informazioni in materia è pregato di farmelo sapere.