Mosqueton Berthier M.le 1916, calibro 8x50 Lebel

Scheda di Franz64 - arma fotografata della sua collezione privata.

 

“E’ un colpo di pugnale ad un uomo in terra”!

Sono le 16,30 di lunedì 10 giugno 1940 e questa è la risposta dell’ambasciatore francese, François Poncet, alla dichiarazione di guerra presentatagli da Galeazzo Ciano.

Ancora una volta un’arma ex ordinanza ci “costringe” a parlare di storia e, in particolare, di un momento funesto della storia Italiana; l’entrata in guerra a fianco della Germania nel 1940.

L’arma oggetto di queste note, come tutte le “francesi”, ha un aspetto molto particolare ed è di concezione abbastanza originale rispetto al quadro degli armamenti degli altri paesi. Quando, nel 2001, l’ho ritirata insieme ad altre dall’arsenale di Terni, non ho potuto nascondere un istintivo moto di “ripugnanza”: l’arma era in condizioni pietose, presentava evidenti camolature di ruggine, botte e graffi a profusione ed era coperta da un considerevole strato di morchia, grasso e sporcizia varia.

Insomma, un vero disastro!

Messomi d’impegno a ripulirla, emergevano alcune gradevoli sorprese: una volta pulita, la canna si presentava in condizioni eccellenti (praticamente nuova) e la calciatura, benché “vissuta” e con alcuni evidenti segni di riparazione, lasciava intravedere una venatura “tigrata” veramente bella.

Quando richiesi un moschetto modello 1916 all’arsenale di Terni, ero convinto che si trattasse di armi veterane della prima guerra mondiale, in quanto sapevo che – dopo la disfatta di Caporetto – l’Esercito Italiano ricevette quale aiuto dalla Francia anche molti fucili, per rimpinguare in parte il materiale perso durante la ritirata e, tra questi, molti “mosqueton”.

Fui quindi sorpreso quando, ripulendo il calcio, mi accorsi che questo presentava una marchio di costruzione del 1927 (mi scuso per la cattiva qualità dell’immagine, ma il marchio è appena accennato).

 

 

Se non era arrivato in Italia con la Grande Guerra, per quale motivo si trovava custodito dagli arsenali militari italiani?

La risposta ci riporta all’introduzione: il fucile è quasi sicuramente una “preda bellica” della brevissima guerra contro la Francia, dichiarata da Mussolini nel giugno del 40 per avere qualche centinaio di morti da “gettare” sul tavolo della pace e che ci costò 631 caduti, oltre al biasimo di quasi tutta la comunità internazionale non schierata con l’Asse.

Queste armi (quasi tutte della tipologia “mosqueton”, sia di modello 1916 a cinque colpi che 1892 a tre), unitamente alle loro splendide baionette (purtroppo già terminate quando ritirai il fucile), furono semplicemente accatastate senza tanti complimenti nei magazzini dell’arsenale di Terni, ove sono rimaste sino ad oggi.

Parliamo più dettagliatamente di questo fucile.

La famiglia dei moschetti Berthier ha come capostipite il modello 1890, primo tentativo francese di abbinare le caratteristiche dell’azione già impiegata nel Lebel (ed derivata a sua volta da quella del Gras) con un sistema di alimentazione per mezzo del famoso “pacchetto” Mannlicher (che ricordiamo, sarà impiegato anche dalla Germania, dall’Austria e dall’Italia).

Per modelli successivi si arriva al modello 1892/16, se derivato dalla conversione da tre a cinque colpi del mod. 1892, o al modello 1916 tout court, se di nuova fabbricazione.

I moschetti vennero fabbricati negli arsenali di Chatellerault, St. Etienne e Tulle, come quello oggetto di queste note.

Il calibro è dell’arma è l’8x50R Lebel che, come sappiamo, è stata l’antesignana delle munizioni caricate con polveri infumi.

L’estetica del fucile – come per tutte le armi lunghe francesi – è molto “originale” e, pur trovando alcuni estimatori, molto più spesso produce da parte degli appassionati di armi ex ordinanza commenti poco lusinghieri, facendo sì che questi fucili vengano quasi sempre bistrattati.

Per quanto mi riguarda, posso solo dire che gli acciai sono ottimi; basta guardare l’interno dell’azione – lasciata totalmente in bianco – e pensare ai lunghi anni trascorsi in arsenale per rendersi conto della qualità intrinseca dei materiali con cui fu costruito.

 

 

Come per tutte le ex ordinanza che possiedo, anche in questo caso mi sono dedicato alla ricarica per poterne sentire ancora la “voce”.

I dies sono facilmente reperibili, in quanto prodotti anche dalla Lee.

Per i bossoli bisogna “adattare” i carissimi 348 Winchester, previa formatura ed accorciamento del colletto.

Una volta terminate le operazioni di preparazione del bossolo, ho provveduto ad approntare con normali palle da 8 millimetri (.323) alcune cariche (molto “leggere”), con risultati sul bersaglio assolutamente non disprezzabili.

 

 

Un’ultima nota di colore: sembrerebbe che questi moschetti siano stati utilizzati dalla gendarmeria francese sino agli anni 80; da questa parte delle Alpi le cose sono andate un po’ meglio, perché i Carabinieri hanno avuto in dotazione i gloriosi moschetti 91/38 “soltanto” fino al 1976!

Ed ora... un po' di dettagli dell'arma...

l'azione vista dall'alto

 

 

e vista dal lato destro

 

 

I punzoni sulla canna, che evidenziano l'arsenale di produzione

 

 

La tacca di mira

 

 

ed una vista posteriore di tacca di mira e mirino

 

 

La parte anteriore dell'arma

 

 

ed una vista dal basso dell'arma

 

 

Qualche dato sull'arma

Lunghezza totale cm. 94,5
Lunghezza canna cm. 45
Rigature 4, sinistrorse
Peso a vuoto 3,25 Kg
Azione Berthier M. 90
Caricatore Mannlicher lineare 5 colpi