SK 46

 

 

Scheda di Fox

 

 

 

Verso il 1940 l’esercito elvetico sentì la necessità di dare in dotazione ai propri soldati un’arma che fosse al passo coi tempi, visto che altre nazioni dotavano i militi con fucili semiautomatici o automatici.  A questo scopo fu dato incarico alla SIG di progettare e realizzare un fucile che potesse essere alla pari con i progetti allora in cantiere e in uso all’estero e così nacque la carabina  SK46 o Semiautomathisch Karabiner 46.

Furono realizzati 18 esemplari in due calibri: 7.5x55 Swiss alias GP11 e il secondo in 8x57J, del primo ne fecero 13 esemplari del secondo solo 5.

Sfortunatamente questa arma presentò molti punti a suo sfavore, soprattutto quando si procedeva allo smontaggio per la pulizia dopo l’uso.  Infatti non è molto semplice rimontare questa culatta, e poi anche l’operazione di reinserimento nell’arma non è così evidente quanto possa sembrare.

Per altro pure la capacità del caricatore non era molta, 5-6 colpi a seconda della versione.

Le versioni dell’SK46 sono da ritenersi 3, due in munizionamento standard GP11 (7.5x55 Svizzero), e una in calibro 8x57J.

La versione 8x57J montava una palla in calibro .318 spitzer e aveva un caricatore che poteva contenere 5 cartucce,  tale munizionamento era reperibile fino qualche anno fa in quanto veniva fabbricato in Svizzera anche per uso di caccia. 

Per garantire una maggiore areazione alla canna, per farla raffreddare, vennero creati nel legno che la ricopre delle forature. Stiamo parlando di un prototipo di semiautomatico, che se fosse stato evoluto per l’esercito sarebbe stato dotato di un caricatore di capacità certo ben più elevata , di sicuro in questo caso questa miglioria avrebbe avuto un’importanza notevole.

La parte terminale delle canne dei modelli in GP11 o in 8x57J sono diverse, ciò li rende distinguibili facilmente, infatti quello con munizionamento 7.5x55 Svizzero  ha la stessa forma di quella del K31,  e monta lo stesso copricanna.

Per la versione in 8x57J il terminale è diverso, la canna sporge molto oltre al gruppo mirino, non so se per questo prototipo avessero progettato il copricanna, non ho trovato dati in merito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A quanto risulta in questo momento, della versione  in munizionamento 8x57J ne esistono tre esemplari in Svizzera,  uno in un museo e due presso altrettanti collezionisti, e due esemplari in Egitto.  Queste informazioni comunque sarebbero da verificare meglio, ma la mia fonte credo sia molto affidabile.

La versione in GP11 disponeva di un caricatore di 6 colpi, con possibilità di essere riempito con i serbatoi di ricarica rapida, gli stessi che venivano usati nelle versioni dei moschetti precedenti, esempio K31; K11 ecc. .

Gli SK46 erano forniti di un attacco per il montaggio di ottica, sfortunatamente di che genere di ottica non saprei dirvi, pare avesse un ingrandimento di 2.2x .

Questo fucile semiautomatico non venne mai dato ufficialmente in dotazione ai militi, salvo per alcuni test.

Dato i limiti di quest’arma, il costo della fabbricazione e altri fattori che hanno giocato a suo sfavore, si decise di cercare in un'altra direzione ossia verso un fucile che potesse avere sia la possibilità di tiro a raffiche che CC.

La soluzione al problema venne risolta dal Fass57, che dal lato meccanico e capacità del caricatore aveva risposto ai requisiti di quegli anni.

Fox (17 – 02 – 2008)

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTE

L’aspetto dell’arma denuncia la discendenza dalle armi tipo Schmidt Rubin, ma si discosta profondamente da queste nel sistema di otturazione, che fa uso di un otturatore oscillante.

I. V. Hogg e J. Weeks affermano che la manetta di armamento dell'arma puo' assumere due posizioni, una per tirare in modo semiautomatico, una per bloccare in chiusura l’otturatore, e far funzionare l’arma a ripetizione ordinaria.

Gli stessi autori confermano la disponibilità di un’ottica a basso ingrandimento (solo 2,2 X) che aumenta di quasi 400 grammi il peso dell’arma (4,5 kg su una lunghezza di circa 1,12 m).

Lo spillamento dei gas avviene subito dopo la camera di cartuccia, dove i gas raggiungono le massime pressioni e temperature, con conseguente maggiore erosione del foro di spillamento. 

Inoltre l’energia inizia ad essere ceduta al sistema di recupero dei gas in un momento molto vicino a quello dello sparo, rendendone più difficile e delicato il controllo. 

L’arma condivide questa caratteristica con i progetti di Amerigo Cei Rigotti, ai quali essa è idealmente legata anche dai disegni allegati al suo primo brevetto e che illustrano la sua stretta parentela con le armi Schmidt Rubin. 

Non c’è dubbio che se l’arma fosse stata prodotta in grande serie avrebbe potuto vantare una scrupolosa messa a punto, e non avrebbe sofferto di quei difetti ai quali avrebbero potuto dare origine le caratteristiche del suo sistema di funzionamento. 

Così purtroppo non è potuto avvenire, certamente per la grande quantità di armi disponibili a più buon mercato subito dopo il secondo conflitto mondiale.

F. A. M.

 

 

 

Bibliografia

J. Hogg, J. Weeks - Military Small Arms of the 20th Century – Lionel Leventhal Limited, 1977

E. Marcianò, M. Morin – Dal Carcano al FAL – Editoriale Olimpia, 1974