Remington New Model Army

 

Scheda di Pat; arma fotografata della sua collezione privata - Cliccare sulle foto per vederle ingrandite.

 

La Conquista del West.

Un’espressione, un titolo, usato ed abusato. Fra i tanti, solo per citare i più famosi, possiamo ricordare un grande film del 1936 con Gary Cooper, uno del 1962 con la regia di John Ford e un cast stellare, una grande serie TV dei primi anni ’80 (chi non ricorda lo “zio Zeb”?) e, con un titolo appena appena diverso (La Storia del West…), una lunga saga a fumetti che accompagnò la nostra infanzia/adolescenza di ragazzi italiani lanciati ad esplorare le terre del mito.

A differenza di quanto avviene per noi, gli Americani non possono volgersi indietro a guardare una storia millenaria; la loro Nazione è troppo recente e può contare solo su circa due secoli e mezzo di vita. Anche considerando il periodo precedente (a partire dai Padri Pellegrini del Mayflower per continuare con i coloni, i trapper e l’ultimo dei Mohicani, sino a finire con la rivoluzione e la guerra di indipendenza) non si aggiunge molto di più. Negli anni d’oro della nascita del cinema, il Novecento era la contemporaneità. Ovvio quindi che, nella sua ricostruzione di una mitologia fondante, Hollywood si rivolgesse al secolo precedente, che copre il periodo che va dalla Spedizione di Lewis e Clark alla Sfida all’OK Corral, prendendo nel mezzo l’espansione verso ovest, la guerra fra gli stati, le guerre indiane, sceriffi, indiani, banditi, mandrie, le corse all’oro e tutto ciò che concorre a formare “il West” della fantasia. Fino a ben oltre la fine della seconda guerra mondiale, anche i migliori di questi film erano realizzati con grandi registi, grandi attori e … poca o nulla ricostruzione storica, soprattutto per quanto riguardava ambienti e attrezzature. Si usava quel che c’era. Per quanto riguarda le armi, in particolare, venivano impiegate quelle più comuni e meno costose, facili da reperire, senza andare troppo per il sottile: erano fucili e pistole, e tanto bastava. È per questo che abbiamo visto per decenni trapper, indiani, soldati e sceriffi usare in pratica quasi sempre e solo carabine Winchester e revolver Colt 1873, che nella realtà arrivarono solo negli ultimi anni del secolo, quando ormai i giochi erano fatti, o quasi. Sappiamo bene, invece, che la vera “conquista del west”, quella che si colloca nei 40-50 anni al centro del secolo, vide il predominio di ben altre armi. Fra quelle corte, il ruolo centrale andò ai revolver ad avancarica del tamburo. Accanto ai modelli della Colt (il Paterson, quasi un prototipo, gli enormi Walker e Dragoon, l’elegantissima 1851 Navy e infine la 1860 Army, che rappresentò il culmine evolutivo del progetto) ne comparvero molti altri, in parte importati dall’Europa e in parte prodotti da ditte americane diverse dalla Casa di Hartford. Fra queste, un posto di primo piano spettava (e spetta) sicuramente alla Remington Arms di Ilion, nello stato di New York. I suoi prodotti riscossero all’epoca un grande successo, e non fu certo un caso che quando – al termine della Guerra fra gli Stati – venne concesso agli ufficiali che tornavano a casa di portare con sé una delle pistole con cui avevano servito l’esercito dell’unione, la maggior parte di essi optò per una Remington piuttosto che una Colt (secondo i registri, 9875 contro 9047: una maggioranza risicata, ma va detto che le Colt disponibili erano molte di più delle Remington…).

D’altronde, un giudizio più che lusinghiero su quest’arma (anche se in versione 1875, ma quella è un’altra storia…) venne a suo tempo espresso in modo chiaro anche da qualcuno che di “sei-colpi” se ne intende…

 

 

L’arma oggetto di questa scheda, nota come New Model Army, è anche conosciuta come “Modello 1863”, dall’anno in cui ne iniziò la fabbricazione. Tuttavia, la casa produttrice aveva avviato la propria attività molto prima.

Il fondatore della ditta, Eliphalet Remington Junior (II), nacque a Suffield, nel Connecticut, il 28 ottobre del 1793. Sei anni dopo, la famiglia a cui apparteneva si trasferì nello stato di New York, nella Mohawk Valley, dove il padre, che era un agricoltore, aveva acquistato 300 acri di terra in un luogo chiamato Ilion Gulph. La gestione di una simile proprietà richiedeva tra le altre cose la presenza e l’uso quotidiano di una fucina, che ben presto finì per fornire i propri prodotti anche ai proprietari dei terreni vicini, trasformandosi in un’officina di fabbro in cui incominciò a lavorare, pare con risultati eccellenti, anche il giovane Eliphalet. Quest’ultimo iniziò a produrre armi a partire dal 1816 ed in breve si fece un’ottima fama come armaiolo (noto soprattutto per la realizzazione di canne eccezionalmente diritte), dapprima affiancato dal padre e poi, dopo la morte di questi avvenuta per un incidente nel 1828, da solo. L’iniziale officina artigianale era andata via via crescendo e nello stesso 1828 i Remington (padre e figlio) avevano acquistato un appezzamento di terreno nello stato di New York, vicino ad un canale chiamato Eire (che, inaugurato tre anni prima, costituiva una delle principali vie commerciali dell’epoca), su cui aprire la nuova fabbrica. Anche questa si dimostrò quasi subito inadeguata alla rapida espansione dell’attività dell’azienda e nel 1829 ne venne realizzata un’altra, per la produzione di canne per armi da fuoco. Le cose andarono così bene che, col tempo, intorno al nucleo industriale si andò sviluppando una piccola comunità. Nel 1844, con l’ingresso in azienda del primo figlio del fondatore, Philo, la fabbrica prese il nome di Remington & Son. Un anno dopo, troviamo il punto di svolta.

Nel 1845, infatti, il governo degli Stati Uniti chiese alla Remington di completare una fornitura di 5.000 fucili Mod. 1841 (i Mississippi Rifles) che era stata inizialmente assegnata alla John Griffiths di Cincinnati, nell’Ohio, che però non era stata in grado di produrne e consegnarne in tempo neppure uno. L’ordine fu portato a termine con successo (tanto che ne venne immediatamente assegnato un altro per 7.500 pezzi della stessa arma) ed aprì la strada ad ulteriori sviluppi dell’azienda. Sempre alla ricerca di nuovo lavoro, nel 1846-47 Remington visitò la N.P. Ames Company di Chicopee Falls, Massachusetts, che produceva per la U.S. Navy una carabina a percussione, la Jenks carbine, e ne fu tanto colpito da acquistare in blocco i progetti, i macchinari, le parti già prodotte, i servizi del progettista (William Jenks) e tutto quanto poteva avere attinenza con la realizzazione di quell’arma. Benché le Jenks carbine realizzate da Remington (rivelatesi comunque un buon affare) siano state solo un migliaio, fu proprio con l’acquisto di questi nuovi macchinari che la ditta si modernizzò e cambiò mentalità, passando da una produzione artigianale (per quanto di altissimo livello) ad una di tipo industriale. In seguito, la Remington produsse moltissimi fucili per il mercato civile e poi fornì un gran numero di armi lunghe e corte all’esercito dell’Unione, soprattutto durante la guerra. Nel 1856 entrarono in società tutti e tre i figli del fondatore (Philo, Samuel ed Eliphalet Junior) e la ragione sociale divenne Remington & Sons. Nel frattempo, all’orizzonte si andava avvicinando un evento che, per quanto del tutto previsto, avrebbe comportato notevoli cambiamenti per tutte le fabbriche d’armi statunitensi.

I brevetti Colt del 1836, che per anni avevano tutelato le produzione dei revolver della Casa di Hartford, sarebbero scaduti il 25 febbraio del 1857. Per questo motivo, a partire dal 1856, la Remington, che era una delle più grandi fabbriche d’armi americane ma si era sempre occupata della produzione di fucili, iniziò a volgere la propria attenzione anche al settore delle armi corte. I Remington non erano intenzionati a copiare le produzioni del passato (per quanto di successo), ma a realizzare un nuovo revolver, che fosse moderno e funzionale.

Si assicurarono quindi la collaborazione di Fordyce Beals di New Haven, nel Connecticut, che era considerato all’epoca uno dei migliori progettisti di armi sul mercato e aveva già ottenuto dei brevetti specifici (il 24 giugno del 1856 e il 26 maggio del 1857), che però coprivano solo alcuni dei sistemi alla base delle armi che avrebbe sviluppato in futuro.  La Remington iniziò così a produrre dei revolver ad azione singola in calibro .31, noti come modello 1856 e 1857, che non andarono al di là di un modesto successo. Ma il 14 settembre dell’anno successivo, il 1858, Beals ottenne il Brevetto n. 21.478 che copriva un sistema del tutto nuovo, in cui l’asse del tamburo veniva bloccato in posizione dalla leva di caricamento, e che sarà il perno dell’intera produzione successiva dei revolver Remington, non a caso noti come Modello 1858 e derivati. Nasceva così il Remington Beals Navy Model (in calibro .36), seguito poco dopo dal Remington Beals Army Model (in calibro .44), che vennero fabbricati e commercializzati a partire dal 1861-62, non appena la ditta ebbe terminato di realizzare le nuove linee per la loro produzione.

 

 

Proprio con questi revolver la Remington diventerà una delle maggiori se non la maggiore concorrente della Colt, che all’epoca proponeva modelli validi, ma molto più datati, come gli enormi e pesanti Walker e Dragoon, mentre il 1858 rappresentava un’arma molto più avanzata, leggera, dalla linea elegante e funzionale e – soprattutto – basata su progetti innovativi che consentivano di raggiungere dei miglioramenti tecnici di assoluta superiorità. Solo due anni dopo la Casa di Harford corse ai ripari, con il modello 1860 (a sua volta venduto a partire dal 1862) che risultava più filante e leggero, pur consentendo di sparare il potente calibro .44 (dato che molti ritenevano insufficiente il .36 utilizzato dalla mod. 1851 Navy, all’epoca il top dei revolver Colt). Tuttavia, nel confronto con il Remington anche questo nuovo revolver conservava alcuni svantaggi, come il sistema di smontaggio e il telaio aperto, con tutte le conseguenze del caso.

Oltre al sistema di blocco/sblocco attuato con la leva di caricamento, i nuovi modelli dell’azienda di Ilion adottarono il castello in un sol pezzo (Solid Frame), che, come vedremo, offriva numerosi vantaggi, fra cui una solidità eccezionale, ben superiore (soprattutto con l’uso prolungato dell’energico calibro .44) ai coevi revolver Colt, tanto da risultare adattissimo anche per le successive conversioni a retrocarica. Tuttavia, Beals (e quindi la Remington) non poté brevettare questa importantissima caratteristica della sua arma, perché Colt l’aveva anticipata già nel 1850 modificando alcuni esemplari di Dragoon e, più tardi, producendo nel 1855 il piccolo Colt Root Sidehammer in calibro .31. D’altronde, è interessante notare che il castello chiuso aveva avuto origine negli impianti di Eli Whitney Jr. (che produceva per Colt) e che Beals era stato un suo dipendente …

Questi nuovi revolver, che ottennero un buon successo di mercato (anche se la Colt manteneva ben salda la propria leadership, soprattutto grazie alla sua intensa attività pubblicitaria) e che vennero commercializzati a partire dal 1861 in calibro .36 e dal 1862 nel .44, recavano impressa sulla canna, su due righe, la dicitura “BEALS PATENT SEPT. 14 1858 / MANUFACTURED BY REMINGTON'S ILION, NEW YORK”. I Remington/Beals, benché prodotti in quantitativi relativamente limitati, aprirono alla ditta la strada verso un nuovo settore. Come sempre, il numero degli esemplari fabbricati e venduti non è una certezza, dal momento che le varie fonti, sia dell’epoca che più recenti, forniscono spesso risultati discordanti. Tuttavia, queste cifre servono comunque per avere un’idea dell’ordine di grandezza della produzione dei vari modelli (poche migliaia, oppure molte decine di migliaia). Tenendo presente tutto questo, coloro che siano (molto) interessati a questi dati potranno trovare un riassunto del numero dei pezzi prodotti per i vari modelli di revolver Remington ad avancarica e del numero di quelli acquistati dall’esercito e dalla marina dell’Unione, con i relativi contratti, in questa scheda. Mettete comunque via le calcolatrici, i totali non quadrano mai …

Fra il 1861 e il 1863, pur con alcune lievi variazioni, l’arma rimase sostanzialmente immutata, ma i collezionisti riconoscono un “Modello 1861” caratterizzato da una modifica, brevettata il 17 dicembre del 1861 con il numero 33.932, basata sull’idea di un progettista di Remington, un certo William H. Elliot.

Questi aveva studiato una variante per cui, a differenza di quanto avveniva nel revolver Beals, l’asse di fermo del tamburo poteva venire sbloccato e spostato in avanti anche senza abbassare la leva di caricamento, grazie ad una parziale fresatura sulla parte alta della leva stessa e ad una scanalatura al suo interno, che risultano chiaramente visibili nell’immagine riportata qui sotto. Si nota anche come in quest’arma sia stata modificata la linea della parte inferiore della leva di caricamento, in modo da ottenere una maggiore robustezza e determinando la comparsa del caratteristico profilo “a vela” che avrebbe contraddistinto tutti i revolver Remington successivi.

 

 

L’idea di Elliot pareva buona, ma ben presto si riscontrò che dopo aver sparato pochi colpi, oppure andando a cavallo con la pistola nella fondina, l’asse si liberava da solo, determinando l’involontario rilascio del tamburo, con conseguenze facilmente immaginabili, a volte anche tragiche. Si tornò quindi rapidamente al progetto originale. I modelli 1861 vennero modificati in fabbrica inserendo nella scanalatura una vite, in modo da annullarne la funzione e tornare al sistema Beals. L’intera produzione dei modelli 1861 con sistema Elliot durò meno di sei mesi ed è comunque stimata in non più di 10.000 pezzi (più altri 5.000 circa in calibro .36).

Il Modello 1861 (in seguito identificato come “Old Model”) fu l’ultimo ad essere visto da Eliphalet Remington, che morì il 12 agosto dello stesso anno e non poté quindi godere (quantomeno in questa vita…) del grande successo del progetto successivo, quel 1863 detto “New Model” che fu il più famoso fra i revolver di Ilion, l’unico vero concorrente delle Colt ad avancarica, nonché l’arma fotografata in questa scheda.

I primi New Model 1863 furono in realtà gli ultimi della linea Beals, ma ben presto l’arma si sviluppò seguendo un esclusivo disegno Remington. L’evoluzione inizia approssimativamente dal numero di matricola 22.000 (tenendo presente che la matricolazione dei Mod. 1863 parte da 15.000 circa) e procede lungo un periodo di transizione di circa 12.000 pezzi. I primi castelli del Mod. 1863 sono in realtà quelli del 1861, con la scritta “New Model” impressa in un secondo tempo. Dopo circa 1.000 pezzi, si passa al castello 1863 originale. Il mirino resta di forma conica sino a poco dopo la matricola 31.000.

Il 17 marzo del 1863, Samuel Remington brevetta, con il numero 37.921, oltre alle tacche di sicura sul tamburo (che compaiono per la prima volta proprio nel New Model), il sistema che impedisce all’asse del tamburo di uscire completamente dalla sua sede, eliminando la possibilità di perderlo. L’asse del tamburo viene bloccato in posizione meccanicamente, mediante la leva calcatoio, e il tamburo non può essere estratto se questa non è abbassata. Proprio questo sistema di blocco dell’asse del tamburo risulterà la caratteristica distintiva e il punto di forza dei revolver Remington prodotti da qui in poi.

 

 

        

La produzione del New Model inizia nel 1863 dal numero di matricola 15.000 circa e prosegue, con un numero totale di esemplari prodotti superiore a 140.000, fino al 1875, quando cessò per essere sostituita dal modello 1875 a retrocarica, che però ebbe minor successo (solo 25.000 pezzi prodotti; dopo la guerra, il prodotto di punta della Remington fu un’arma lunga, il fucile sistema rolling-block). Dei circa 140.000 New Model Army prodotti, 116.766 furono acquistati dal governo dell'Unione, che nello stesso periodo acquistò anche 129.156 Colt Army Revolver, sempre nel calibro .44. Nel valutare questi numeri si deve però tenere conto da una parte del fatto che il primo ordine alla Colt è del 14 maggio 1861, undici mesi prima di quello alla Remington, e dall’altra che Remington beneficiò sicuramente della sfortuna di Colt (il grande incendio del 4 febbraio 1864, che distrusse le strutture originali erette da Samuel Colt nel 1855, corrispondenti alla parte della fabbrica in cui venivano prodotti e finiti i revolver) che sicuramente influì sull’aumento di ordini alla Remington da parte dell’Ordnance Department prima della fine del conflitto.

Le armi furono acquistate durante la guerra dal Governo dell’Unione ad un prezzo compreso fra 11,82 $ e 15,50 $ l’uno. Nel 1864, 1000 pezzi (scelti fra le armi “di seconda scelta”, ma in ottime condizioni) vennero venduti direttamente dalla Remington allo stato del New Jersey e recano, sulla canna oppure sulla canna e sul telaio, le lettere “N.J.”

Finita la guerra, dopo essere rimasti per alcuni anni nei depositi dell’esercito parte di questi revolver vennero dismessi e venduti (direttamente o attraverso la stessa Remington, che li riacquistò e poi li rivendette) agli eserciti di Francia, Egitto e Turchia. Altri furono distribuiti ai forti di frontiera, ceduti ai privati o ai grossisti, ritirati dalla Remington (sempre lei) e convertiti a retrocarica. Altri ancora finirono in mano agli indiani (come preda bellica o attraverso l’illecita attività di vari trafficanti), o furono utilizzati per armare i reparti di polizia indiana. Molti presero la via del Messico, dove le armi a percussione continuarono ad essere apprezzate ed utilizzate ancora a lungo.

 

 

A questo punto, passiamo ad esaminare l’arma fotografata, osservandone il lato destro, dopo aver visto, come al solito, il sinistro in apertura. La linea è inconfondibile, con il caratteristico disegno a “vela” della leva calcatoio che divenne un vero e proprio segno distintivo delle Remington, tanto da venire mantenuto anche nelle versioni a retrocarica prodotte dopo il 1875 (nelle quali la leva non esiste perché è del tutto inutile) perché rendeva l’arma immediatamente identificabile.

 

 

I modelli militari d’epoca avevano una profonda brunitura al carbone, con cane e grilletto tartarugati e paragrilletto in ottone. Si nota subito che in questo esemplare la brunitura originale è completamente scomparsa, sostituita da una patina omogenea. Sono gli effetti dell’età e dell’uso intenso e prolungato, testimoniato anche da diversi segni sulla superficie dell’arma. Dal mio punto di vista non è un problema. In circolazione si trovano anche esemplari con la colorazione originale più o meno mantenuta (perché sono stati usati meno) e addirittura altri ribruniti molti anni fa dalla stessa Remington. Pur trattandosi di un intervento originale e non di una ribrunitura più o meno amatoriale, personalmente preferisco il revolver in queste condizioni. La storia e le sue tracce hanno un loro fascino …

La caratteristica principale di quest’arma, che la differenziava immediatamente dalla sua diretta concorrente, la Colt 1860 Army, è il castello chiuso, realizzato in un sol pezzo. Ciò comporta due importanti conseguenze. La prima è l’assoluta robustezza della struttura, di molto superiore a quella dell’arma della Casa di Harford, soprattutto con l’uso prolungato, data l’energia delle cariche impiegate. Nei Colt infatti questo tipo di utilizzo determinava un affaticamento del chiavistello di chiusura che assicurava l’unione fra la canna e il fusto, permettendo che fra queste due componenti si sviluppassero col tempo spiacevoli giochi che finivano per rendere il revolver meno preciso e meno robusto. Inoltre, con il telaio chiuso la canna non deve essere realizzata nell’ambito di un pezzo complesso, ma semplicemente sotto forma di una struttura ottagonale avvitata al castello; nel modello 1863 (a differenza di quanto avveniva fino alla prima variante del precedente 1861, l’Old Model) la sua estremità filettata è scoperta posteriormente ed è visibile nel tratto davanti al tamburo, in modo da ostacolare l’accumulo di fecce e facilitare la pulizia. Tutto ciò conferiva all’arma una notevole precisione, apprezzata dagli utilizzatori.

 

 

La seconda conseguenza è che è possibile fresare nella sommità del castello una tacca di mira, che nel revolver Colt era invece costituita da una semplice incisura nella sommità del cane, che si rendeva visibile solo quando questo veniva armato. Nella Remington, quindi, la tacca è sempre fissa nella medesima posizione, mentre nella Colt sono sempre possibili lievi variazioni ad ogni riarmo del cane.

 

 

Il mirino si trova all’estremità anteriore della canna, circa 1 cm dietro la volata. Nei primi esemplari era di forma conica, realizzato in argentone e incastrato a coda di rondine; in seguito venne sostituito da uno a lama in acciaio forgiato, più robusto, filettato ed avvitato in un apposito foro realizzato nella canna stessa. Qui abbiamo una soluzione intermedia, di transizione.

 

 

È curioso come un’arma così ricca di storia sia, in proporzione, povera di marchi e scritte. Qua e là, sulla canna, sul tamburo e sul castello sono riportate delle lettere (W, J, D, R, P…) che altro non sono che le iniziali che identificavano i sub-ispettori di produzione che effettuavano i controlli prima di quello finale:

 



 

A parte questi, gli elementi visibili sono soltanto tre. Sul lato superiore della canna, su tre righe, sono impressi il brevetto (PATENTED SEPT. 14, 1858), il nome del produttore (E. REMINGTON & SONS, ILION, NEW YORK U.S.A.) e l’indicazione del modello (NEW-MODEL):

 

 

Alla base della guancetta sinistra si trova il cartiglio con le iniziali “GP”, identificative dell’ispettore finale (principal sub-inspector) e, quindi, dell’accettazione militare. A lungo si è ritenuto che tali iniziali fossero quelle di Giles Porter, un ufficiale dell’esercito che, uscito da West Point, trascorse la sua intera carriera nell’Artillery Corps. Tuttavia, in un libro pubblicato nel 2016 (Anthony C. Daum & Charles W. Pate -   U.S. Military Arms Inspector Marks  - Andrew Mowbray Publishing, Inc. ) questo monogramma è stato attribuito a tale George Palmer, che sarebbe stato il vero Federal Government Inspector of the Union Army per le armi consegnate alle truppe Nordiste al fronte.

 

 

Infine, troviamo il numero di matricola. Questo è impresso in tre diverse sedi: sul telaio, sotto la guancetta sinistra, sul nottolino del paragrilletto in ottone (dove spesso il numero è incompleto per ragioni di spazio, per cui talvolta si trovano solo le ultime 4-5 cifre della matricola) e sotto la canna, coperto dalla leva di caricamento quando è in posizione di riposo. Per vedere i primi due è necessario un cacciavite, per il terzo la visualizzazione è immediata

     

 

In questo esemplare, sotto la canna, accanto alla matricola appare un altro numero, in caratteri più grandi e più leggibili, il cui significato è assolutamente sconosciuto. Può darsi che, nella sua storia, l’arma abbia fatto parte di qualche reparto/armeria/agenzia/ente/collezione che l’ha identificata in questo modo. Non si sa. Quella che invece si può stabilire con certezza, proprio grazie al numero di matricola, è la data di produzione: luglio 1864. Questo, insieme al cartiglio dell’ispettore militare, indica che il revolver venne realizzato nel penultimo anno della guerra fra gli stati e consegnato all’esercito dell’Unione. È possibile che dopo il termine del conflitto l’ufficiale a cui era stata assegnata l’abbia portata con sé verso la vita civile. Cosa sia avvenuto dopo lascia libero spazio alla fantasia: il nostro uomo potrebbe essersi trasformato in un borghese dell’Est, tenendo per tutta la vita la pistola in un cassetto (ma dalle sue condizioni verrebbe da dubitarne …), oppure essersi diretto ad Ovest verso una o più delle tante attività per cui una buona arma era uno strumento indispensabile.

 

Come abbiamo già ricordato, la principale caratteristica della Remington New Model, coperta dal brevetto del 1858 e principale motivo del maggior successo di quest’arma rispetto ai prodotti della concorrenza, è il sistema di smontaggio. Nel caso di una Colt, per compiere questa operazione è quasi indispensabile disporre di alcuni attrezzi e di un piano d’appoggio. Per la Remington, invece, sono sufficienti pochissime operazioni: si abbassa la leva calcatoio…

 

 

si tira in avanti il perno del tamburo…

 

 

 e infine, con il cane in prima monta, si sfila il tamburo dal lato destro. Mai da sinistra.

 

 

Tutto qui. Un’operazione rapidissima (come il successivo rimontaggio), utile non solo per le operazioni di pulizia e manutenzione, ma anche perché consentiva di ricaricare l’arma in tempi brevissimi, sostituendo un tamburo scarico con un altro carico. Di questa possibilità si è discusso a lungo; alcuni autori, anche piuttosto “blasonati”, l’hanno considerata una sorta di spacconata hollywoodiana, volta solo a “fare scena” dal punto di vista cinematografico, ma certamente non realizzabile e non usata all’epoca, per i più svariati motivi. Tuttavia, si tratta di un dubbio che non ha ragione di esistere. Infatti, molto prima della comparsa del cinema, in un catalogo originale del 1870 …

 

 

… è la stessa Remington, dopo aver vantato i meriti ed i successi del suo prodotto, ad affermare che “Another advantageous feature of the arm is the means afforded for the instantaneous removal of the cylinder from the frame.  This not only facilitates the cleaning of the pistol, but by the quick adjustment of the eylinder, one pistol can be made as effective as two – and, considering the difference of weight, it is far preferable – by simply  possessing a spare cylinder loaded and capped to instantly replace the exhausted one.”

 

 

Questa operazione era resa possibile da una caratteristica dei prodotti Remington che – per l’epoca – rappresentava l’espressione di un livello di qualità molto alto: la completa intercambiabilità delle parti, frutto di una pianificazione e di una realizzazione industriale che ai tempi non aveva uguali o quasi.

 

Nello stesso catalogo, al nostro revolver sono dedicate altre due pagine, per illustrarne l’aspetto, le caratteristiche e i prezzi:

 

 

Le pagine necessarie sono due perché l’arma è ritratta nelle sue dimensioni reali, e non si tratta propriamente di un oggetto da taschino…

 

 

Le caratteristiche tecniche sono interessanti, ma quello che ci colpisce di più sono sicuramente i prezzi (Ah, avere una macchina del tempo! ...): 12 dollari per il revolver, a cui era possibile aggiungere una serie di “optional” di natura estetica, come le guancette in avorio (mi raccomando: avorio!) che avrebbero fatto la felicità del Generale Patton … Le versioni incise erano, in genere, molto rare e molto semplici, molto meno elaborate di quelle offerte da Colt che invece in queste realizzazioni lasciava sbizzarrire la fantasia. I tamburi di ricambio (non indicati in questa pagina) erano in vendita a 4 dollari l’uno.

 

Tornando ad esaminare il revolver, ed in particolare il tamburo, si nota una caratteristica interessante. Nella parte posteriore, fra i pozzetti in cui vengono inseriti i luminelli, sono realizzate mediante fresatura delle tacche con funzioni di sicura (safety notch), che corrispondono alle zone in cui, in condizioni di riposo, si viene a collocare la parte alta del cane, evitando che vada ad appoggiarsi sugli inneschi, con conseguente rischio di spari accidentali. Il cilindro era così sicuramente bloccato dallo stesso cane e non poteva accidentalmente ruotare, né esisteva alcun rischio che un urto sul cane provocasse l'accensione della capsula sul luminello.

 

 

Infine, l’osservazione della faccia posteriore del tamburo consente di apprezzare un’ultima caratteristica: per determinarne la rotazione, non viene utilizzata come di consueto una “stella” dentata riportata sulla superficie, ma una serie di gole triangolari, appositamente realizzate, che risultano meno soggette ad usura. Si tratta di una caratteristica tipica della produzione Remington, presente su tutti i suoi revolver ad avancarica.

 

 

Il Remington New Model Army, nella cui realizzazione furono concentrati tutti i miglioramenti tecnici possibili per l’epoca, viene frequentemente indicato come il più raffinato ed elegante, e al tempo stesso il più robusto e funzionale dei revolver ad avancarica: un vero canto del cigno della categoria.

 

Concludiamo con l’esploso ...

... e i dati tecnici dell’esemplare esaminato:

Calibro:

.44 Avancarica

Numero di colpi:

6

Lunghezza canna:

203 mm             (5 righe destrorse)

Lunghezza complessiva:

352 mm

Peso scarica:

1295 g

Dopo la Bibliografia … qualche immagine “coreografica”. La cassetta è civile del secolo scorso, accessori e Colt sono repliche moderne, il Winchester è un originale del 1876.

 

Bibliografia:

Libri:

Ralph T. Walker - Black Powder Gunsmithing - DBI Books, Inc., Northfield, Illinois 1978 – Pagg. 180 – 189

Dennis Adler – Guns of the Civil War – Zenith Press, Minneapolis, Minnesota, 2011 – Pagg. 119-136

Norm Flyderman – Flyderman’s Guide to Antique American Firearms … and their values – 3rd Edition - DBI Books, Inc., Northfield, Illinois 1983 -  Pagg. 138-150

William B. Edwards – Civil War Guns – The Stackpole Company – Harrisburg, Pennsylvania 1962 – Pagg. 179-196

Donald L. Ware - Remington army and navy revolvers 1861–1888 – University of New Mexico Press, Albuquerque, 2007 – Pagg. 1-190; 329-362; 399-402

 

Periodici:

Guido Nolitta/Fernando Fusco – Il Giudice Maddox – TEX N. 185 – Sergio Bonelli Editore, Milano, 01.03.1976

 

Articoli:

Roberto Allara – Pietta Remington New Army 1858; Armi Magazine; 2003; 05; 56

Franco Bugada – I revolvers Remington cal. 44 a percussione e le loro conversioni - I Parte; Diana Armi; 1973; 07; 22

Franco Bugada – I revolvers Remington cal. 44 a percussione e le loro conversioni - II Parte; Diana Armi; 1973; 08; 28

Franco Bugada – I revolvers Remington cal. 31 e 36 ad avancarica e le loro conversioni a cartuccia metallica - II Parte; Diana Armi; 1974; 04; 59

Daniele Gargiuli – La Storia Della Remington; Diana Armi; 1993; 01; 70

Livio Pierallini – Remington Beals: 6 colpi ma poca fortuna; Diana Armi; 2005; 09; 152

Internet:

https://www.tactical-life.com/firearms/handguns/remington-revolvers/