Fucile Krag-Jørgensen modello 1894 (norvegese)

Krag-Jørgensen Gevaer M/1894

 
 

 

Scheda di Pikappa

 

 
 

Questa scheda potrebbe avere almeno due cappelli introduttivi, e ve li propongo entrambi, lasciandovi la facoltà di scegliere quello che vi irrita di meno:

 

  • C’è stato forse un tempo in cui l’industria sapeva coniugare raffinatezze estetiche e contenuti tecnici senza tanto bisogno di “manuali della qualità” e caramellose dichiarazioni di attenzione per il cliente (introduzione per nostalgici disillusi, ai quali io ammetto di appartenere...).

 

  • Nessuno è profeta in patria (introduzione “ a sorpresa” il cui significato verrà chiarito più avanti).

 

 

Al di la del mio discutibile umorismo, il fucile norvegese da fanteria Krag-Jørgensen modello 1894, anche per i suoi tempi bello e rifinito come poche altre armi militari, fu voluto forse più per orgoglio patrio che non per ragionevoli considerazioni tecniche, presentando caratteristiche tali da farlo ritenere già superato all’atto dell’adozione, e per giunta di difficilissimo miglioramento.

 

 
 

 

 
 

Ole Hermann Johannes Krag (a sinistra, 1832-1916) ed Erik Jørgensen (1848-1896) erano rispettivamente il  direttore e l’armiere capo della norvegese Kongsberg Vapenfabrik (Fabbrica d’armi di Kongsberg).

La loro collaborazione nello studio di un sistema di ripetizione ad otturatore girevole-scorrevole ebbe inizio al principio degli anni ’80, ma già da alcuni anni Krag lavorava allo sviluppo delle armi portatili lunghe per l’esercito norvegese.

Nel 1886 la Danimarca era alla ricerca di un nuovo fucile per le proprie forze armate, e i due norvegesi non si lasciarono sfuggire l’occasione per sottoporre all’esame la loro creazione: questa era stata sviluppata intorno ad una culatta su lato destro della quale si trovava un serbatoio a scatola chiuso da un coperchio incernierato verticalmente sul davanti. La molla presente all’interno del coperchio spingeva le cartucce, che, dopo essere passate sotto al canale di scorrimento dell’otturatore, trovavano dal lato opposto una piastra concava tale da obbligarle a risalire presentandosi poi davanti alla testa dell’otturatore stesso. Quest’ultimo era caratterizzato da una singola aletta laterale e da un lungo estrattore terminante in un’unghia che impegnava il risalto del bossolo.

Le prove cui i danesi sottoposero i prototipi inviati e i consigli scaturitine furono essenziali per mettere a punto l’arma che risultò il primo riconoscimento ufficiale agli sforzi di Krag e Jørgensen: il fucile modello 1889, adottato dall’esercito danese col nome di Gevaerer M/89.

Qualche anno dopo la coppia d’inventori presentò i propri prototipi alla commissione militare americana che aveva indetto la gara per trovare il sostituto agli Springfield ‘73, e anche in questo caso il successo arrise alle idee dei norvegesi.

Buon’ ultima giunse la madrepatria Norvegia, allora assoggettata alla corona di Svezia, ancorché dotata di una certa autonomia e di forze armate indipendenti. L’armamento di queste era un assortimento di fucili che andavano dal Remington “rolling block” modello 1867, al Krag-Petersson 1876 (adottato però dalla sola marina), allo Jarmann 1884.

 
 
 

 

 
 

Dei tre solo il Remington era monocolpo, ma anche lo Jarmann e il Krag-Petersson erano comunque tecnicamente senescenti. Lo Jarmann (3° dall’alto nella foto) soffriva dei mali comuni a tutti i fucili col sistema d’alimentazione derivato dal Kropatschek, e il Krag-Petersson (2° dall’alto) era lo strano connubio fra una culatta a blocco cadente simile al Peabody ed un serbatoio tubolare da otto colpi: armando completamente il cane (in una delle sue quattro posizioni) si consentiva la fuoriuscita di una cartuccia dal serbatoio, ma essa doveva poi essere camerata manualmente, spingendola con un dito oppure ... inclinando il fucile in avanti e affidandosi alla forza di gravità (!).

 

 
 

 

 
 

 

 

I calibri poi erano irrimediabilmente superati; il 12.7, comune al Remington e al Krag-Petersson, e il 10.15 per lo Jarmann, tutti ovviamente a polvere nera: urgeva trovare un sostituto!

 

 

 

 
 

Prove comparative dei vari candidati ebbero inizio nel 1892, e, benché già dalla primavera 1893 i norvegesi avessero deciso l’adozione di un fucile basato sul sistema Krag-Jørgensen ordinandone 500 esemplari di pre-serie, nell’autunno successivo una commissione mista svevo-norvegese si riunì a Cristiania (l’attuale Oslo) alla ricerca di una cartuccia e di un’arma lunga comune per i due eserciti.

Se riguardo alla prima l’accordo fu trovato con relativa facilità, e la munizione adottata  risultò moderna e  di calibro relativamente piccolo per gli standard dell’epoca, l’ancora apprezzatissima 6.5 x 55, gli opposti si scontrarono senza rimedio sulla scelta dell’arma. La commissione si sciolse con un parziale nulla di fatto poiché la Svezia adottò un fucile Mauser, mentre i norvegesi vollero a tutti i costi premiare i loro figli: il 21 aprile 1894 era nato il  Krag-Jørgensen Gevaer M/1894.

La nuova arma dell’esercito norvegese faceva tesoro delle esperienze maturate con i prototipi presentati a danesi ed americani, riunendone le caratteristiche migliori ed eliminandone i punti deboli.

Similmente al fucile danese 1889 si mantenne la chiusura a singolo tenone, con la manetta d’armamento a fungere da sicurezza ultima contro eventuali cedimenti dell’otturatore. [1]

Dal modello statunitense derivarono sicura, dispositivo di cut-off, e il disegno della scatola serbatoio integrale con la culatta ( nel fucile danese era un pezzo staccato). Ricavare serbatoio e culatta da un singolo forgiato, se da un lato aumentava notevolmente la rigidezza e la solidità del complesso, ne complicava dall’altro le lavorazioni meccaniche e il trattamento termico.

Ulteriore aggravio alle difficoltà e ai tempi di lavorazione fu la scelta dei norvegesi di sfruttare la nervatura di guida come secondo chiavistello dell’otturatore, ottenendo così due punti di chiusura contemporanei e distinti, ma al costo di un delicato aggiustaggio manuale della nervatura stessa in modo da farla appoggiare senza giochi contro il ponte posteriore.

Al fine di apprezzarne le differenze, ecco a confronto la zona d’appoggio fra nervatura e ponte posteriore nel Krag americano (a sinistra) e in quello norvegese (mi si perdoni la crudezza del fotoritocco!):

 

 
 

 

 
 

Fu anche ridisegnata la testa dell’otturatore per adattarla alla nuova cartuccia  (i Krag danesi e americani facevano uso di bossoli flangiati), e scongiurare il pericolo del “double-feeding”. Dato il disegno dell’azione, tale inconveniente poteva infatti verificarsi nel caso in cui una cartuccia venisse camerata senza chiudere l’otturatore, e ripetendo il ciclo di riarmo subito dopo. La prima cartuccia, sul cui risalto il dente dell’estrattore non era ancora andato ad impegnarsi,  sarebbe quindi rimasta nella camera, e quella successiva, spinta dall’otturatore, l’avrebbe urtata: nel migliore dei casi il fuciliere si sarebbe trovato con l’arma inceppata, nel peggiore l’urto fra l’ogiva della palla e l’innesco della cartuccia in camera avrebbe potuto causare la partenza del colpo ad otturatore ovviamente aperto!

Di nuovo abbiamo a confronto gli otturatori dei due fucili già menzionati in una vista di insieme: l’ otturatore del norvegese si distingue anche per le cospicue dimensioni del pomolo [2].

 
 
 

 

 
 

Ecco poi per migliore chiarezza i dettagli delle teste: si nota facilmente sull’otturatore del norvegese ( a destra) la zona asportata per creare il bordino che impegna il collare del bossolo controllandolo non appena la cartuccia lascia la posizione di caricamento:

 

 
 

 

 
 

L’otturatore del modello 1894 si distingue anche per la manetta, che, oltre ad essere piegata verso il basso, lo è anche leggermente all’indietro, prossima alla mano del fuciliere, e la cui rotazione copre un arco di circa 80° contro i 90° degli antesignani danese e americano, due ulteriori passi verso quella  rapidità di azionamento che rese amatissimo questo fucile dai tiratori norvegesi.

Sulla robustezza intrinseca dell’azione Krag-Jørgensen il dibattito si rinfocola di tanto in tanto anche oggi, e certo, paragonandola per esempio alla rigorosa simmetria di un otturatore Mauser, il suo disegno non è tale da distribuire uniformemente sulla struttura le forze dovute allo sparo. Ciò che si può affermare è che la qualità degli acciai e dei trattamenti termici usati a Kongsberg era di gran lunga superiore rispetto agli antecedenti americani e danesi, e che le pressioni generate dalla cartuccia M/94 rientravano pienamente nel dimensionamento meccanico della chiusura.

La precisione intrinseca della cartuccia era poi ulteriormente migliorata da una canna totalmente flottante e di generoso spessore, la cui particolarità era di avere rigatura sinistrorsa, così come sinistra era la filettatura dell’innesto nella culatta. All’atto dello sparo queste due caratteristiche avrebbero contribuito non solo  ad evitare che il fucile tendesse a colpire la guancia del tiratore, ma anche ad un aumento progressivo del serraggio della canna nella sua sede.

Considerando che all’arsenale di Kongsberg sarebbe stato necessario troppo tempo per organizzare la produzione in serie della nuova arma, il governo norvegese assegnò i primi ordini alla Fabrique National di Herstal e alla Steyr. Mentre non sembra che alcun esemplare sia mai uscito dalla fabbrica belga, la Steyr produsse un primo lotto di circa 30.000 pezzi o poco meno, e per una volta la rinomata affidabilità della ditta austriaca fu messa in discussione! Durante le prove di accettazione pare che svariati fucili denunciassero cedimenti dell’otturatore e altre pecche ascrivibili forse a mediocre qualità degli acciai o problemi nel trattamento termico, e mancarono di soddisfare le specifiche di controllo della commissione norvegese, che li rifiutò.

Affinché nulla andasse sciupato si creò un’apposita società commerciale, e circa 300 pezzi fra quelli scartati furono venduti allo stato del Transvaal e alla Repubblica sudafricana, i cui coloni Boeri stavano battendo il mercato europeo alla ricerca di armi per fronteggiare l’imminente conflitto con la Gran Bretagna.

L’originale richiesta di convertire i Krag al calibro 7 x 57, cioè lo standard dei Mauser boeri, non ebbe seguito per problemi di costo e tempi, nondimeno l’arma, destinata agli ufficiali tra cui il celeberrimo generale Tobias Smuts,  fu assai apprezzata, e non si segnalarono lamentele o casi di cedimenti dell’azione, il che rende perplessi sulle reali motivazioni che la commissione norvegese addusse alla bocciatura di quei fucili.

I seguenti lotti furono invece affidati all’arsenale norvegese di Kongsberg, e i pezzi prodotti fra il 1896 e il 1935 raggiunsero un totale di 125.000, escludendo dal computo quelli per il mercato civile e la marina. Quest’ultima si approvvigionò di circa 3500 fucili prodotti fra il 1895 e il 1900 con un proprio campo matricolare di quattro cifre.

La Norvegia in uniforme e quella civile delle varie associazioni venatorie e di tiro mostrò subito apprezzamento per il fucile Krag-Jørgensen,  e da esso negli anni successivi derivò una serie di carabine per genio, cavalleria, e artiglieria, prodotte in circa 11.000 esemplari fino al 1915.

Fu anche adottato un modello “ per ragazzi”, di dimensioni ridotte e con una cartuccia depotenziata per l’addestramento nei poligoni coperti. La Norvegia dell’ultimo decennio dell’Ottocento si aspettava una guerra contro la Svezia ( ricordate la sudditanza?), e armare i cittadini faceva parte di una politica che prevedeva l’istruzione all’uso delle armi estesa agli scolari fra i 14 e i 17 anni di età.

Mi domando quale putiferio scatenerebbe oggi la proposta di inserire fra le attività sportive della scuola italiana il tiro a segno, anche senza voler pianificare una guerra contro chicchessia!

Sulla scia delle forze armate inglesi e americane che avevano unificato l’armamento di fanteria e cavalleria adottando per entrambe un fucile “corto”, apparve nel 1912 quella che altro non era se non una  versione accorciata del modello 1894. Particolarità di quest’arma, e suo punto debole,  era l’avere la canna completamente racchiusa nel legno fin quasi alla volata, la cui fascetta denunciava inoltre una strettissima parentela con quella del britannico SMLE N°1 Mk.3.

 
 
 

 

 
 

 A dispetto del non felice disegno che portava a fessurazioni e rotture del calcio, la carabina M/1912 fu prodotta in circa 30.000 esemplari fino al 1935.

Negli anni ‘20 furono anche sviluppati tre modelli per tiratori scelti, il primo dei quali ( M/1923) quasi un fiasco in termini di precisione, il secondo ( M/1925) non molto più che un modello 1894 specialmente preparato per il tiro attraverso lievi modifiche alla calciatura, allo scatto, ai punti d’appoggio della canna e alle mire.

Con l’M/1930 si ebbe finalmente un fucile appositamente studiato allo scopo con canna pesante, calcio  sportivo e mirino a diottra con regolazione micrometrica.

E’ tuttavia interessante notare che le prime due varianti sopra descritte furono patrocinate dalle associazioni di tiro, e che nessuno o pochissimi esemplari sembra furono mai adottati dall’esercito, il quale fino all’ M/1930 continuò a dotare i propri tiratori scelti di fucili M/1894 equipaggiati con cannocchiale.

 
 
 

 
 
 

Non è comunque troppo azzardato affermare che il fucile M/1894 rimase per la Norvegia l’arma militare d’eccellenza e più apprezzata fino all’invasione nazista dell’aprile 1940.

A questa l’esercito norvegese resistette coraggiosamente e brevemente, poi l’esilio volontario di re Haakon VII, la resa, e la reggenza tedesca spalleggiata dall’ignobile regime del collaborazionista Vidkun Quisling.

Per i partigiani norvegesi i Krag rimasero un simbolo di resistenza e orgoglio patrio, per i tedeschi, che avevano occupato l’arsenale di Kongsberg, un’altra arma di cui riprendere la produzione per dotarne la loro marina, le truppe di retrovia e i reparti norvegesi cobelligeranti durante l’addestramento.

Molto semplificando, le armi prodotte furono il modello 1894 e una sua ennesima versione accorciata nel calcio e modificata nelle fascette e nel copricanna, detta “stomperud-Krag”, di cui fu dotata la milizia di Quisling: di questa carabina esiste anche una variante in calibro 7,92: non vi è concordanza di opinioni fra gli storici sul fatto che la carica della cartuccia fosse la stessa della munizione d’ordinanza tedesca, o ridotta per evitare sollecitazioni eccessive al non robustissimo otturatore Krag.

Oltre che dalla scarsità di documenti, l’incertezza su cosa e quanto uscì da Kongsberg negli anni dell’occupazione è aumentata dal fatto che, specie sul finire della guerra, i tedeschi utilizzarono tutto quanto era possibile utilizzare per mettere insieme armi che sparassero in modo accettabile. Comune denominatore di questo coacervo di fucili è la massiccia presenza di “Waffenamt”, i campi matricolari e le marcature del tutto differenti da quanto usato fino ad allora, e la finitura, che non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella d’anteguerra: anzi, vari furono i rapporti denuncianti deliberati sabotaggi e scarsa cura delle maestranze durante le varie fasi della produzione.

Dopo il 1945, avvalendosi di parti rimaste a magazzino, l’arsenale di Kongsberg produsse ancora un limitato numero di M/1894, M/1912 e “stomperud-Krag”, e si prestò anche al ricondizionamento di quelle armi che, nascoste durante la guerra, erano rimaste in mano a privati cittadini (!).

In breve tuttavia, grazie al profluvio di economicissimi Garand e Kar 98K convertiti in calibro 30-06, l’esercito norvegese e anche i riservisti decisero il pensionamento dei Krag-Jørgensen.

La conclusione della seconda guerra mondiale aveva infatti segnato il tramonto del fucile ad otturatore manuale quale arma primaria della fanteria, e, per quanto riguarda il sistema Krag-Jørgensen, la lunga militanza nell’esercito norvegese era stata, più che un reale merito, conseguenza della neutralità grazie alla quale la sua madrepatria sfuggì alla Grande Guerra; un confronto prolungato con i fucili avversari avrebbe subito e senza dubbio messo in luce la pecca principale della sua arma, e cioè l’inaccettabile lentezza del sistema di caricamento, come avvenne per il fratello americano durante la guerra di Cuba.

Ad onore del vero bisogna riconoscere che i norvegesi non sottovalutavano questo autentico tallone d’Achille, ma l’unica proposta correttiva fu studiata nel 1923 dal tenente Tobiensen, e si basava sull’utilizzo del caricatore della mitragliatrice leggera Madsen:

 
 
 

 
 
 

Anche a colpo d’occhio credo risulti difficile definire questo dispositivo come un qualcosa di pratico nell’uso militare, e i suoi destini non andarono oltre la fase sperimentale. Parimenti fallimentari risultarono numerose altre piastrine e caricatori aggiuntivi escogitati a partire dal 1920 da inventori civili e semplici sportivi sotto il  patrocinio congiunto delle forze armate e dei circoli di tiro a segno.

A prolungare la poco più che cinquantennale carriera del fucile sistema Krag-Jørgensen sul suolo norvegese rimasero dunque tiratori e cacciatori, per i quali ancora oggi l’ M/1894 rappresenta un riferimento di precisione ed efficacia, nonché un simbolo storico capace di suscitare le stesse emozioni del ’91 per i nostri nonni, o dello Springfield 1903 per i veterani d’oltre oceano.

Ecco l’M/1894  da ambedue i lati, con la cinghia in posizione di “presentat’ arm”:

 

 
 

 
 
 

 
 
 

L’otturatore arretrato. Dalla cura posta nel punzonare la matricola e dalla lavorazione del pomolo del percussore, si deduce che Kongsberg non lesinava attenzioni al dettaglio:

 

 
 

 
 
 

Sulla camera di cartuccia si trovano punzonati la matricola, l’anno di produzione e una “K” coronata,  lo stemma dell’arsenale di Kongsberg:

 

 
 

 
 
 

Nel 1923 la cartuccia originaria fu ammodernata dotandola di una palla “spitzer” da 139 grani con velocità alla bocca di 792 m/sec. Ciò permise di aumentare la graduazione dell’alzo di ulteriori 200 metri, rispetto ai 2000 della munizione M/94.

 

 
 

 
 
  La regolazione in deriva si ottiene invece agendo su una vite che sposta la lama del mirino, alloggiata sulla sua base tramite un innesto a coda di rondine:

 

 
 

 
 
 

La bacchetta di pulizia è ospitata nel sottocanna, mentre il coprivolata [3], che funge anche da protezione per il mirino,  è un elegante accessorio di ottone ( molto simile a quello del Krag americano).

La matricola punzonata sul calciolo. Più che di punzonatura, si potrebbe quasi parlare di incisione fine (!):

 

 
 

 

 
 

Fissaggio e uso della cinghia meritano un discorso a parte. In posizione di riposo la cinghia, di per sé non regolabile, si fissa ad un occhiello sulla parte anteriore della guardia del grilletto:

 

 
 

 
 
 

Per allungarla e poter così trasportare il fucile a spalla, si deve liberare il capo fissato alla guardia del grilletto. La maglietta è dotata allo scopo di un raffinato dispositivo che ne apre un lato, permettendo di sfilare il perno dal foro del ponticello:

 
 

 

 

 
 

La cinghia può quindi distendersi, e a questo punto si sgancia la semplicissima maglietta anteriore:

 

 
 

 

 
 

L’occhiello nella parte anteriore del gancio tendicinghia ha una sua ragione : per comporre il “fascio d’armi”, due o più fucili venivano avvicinati mettendo in asse i rispettivi occhielli, dopodiché vi si inseriva una bacchetta di pulizia a mo’ di perno… Ed ecco pronto il fascio d’armi!

Notate anche la coda di rondine sulla basetta del mirino e il gambo della vite di registro.

La maglietta “apribile” viene poi fissata al foro della piastrina sotto la pala del calcio:

 

 
 

 

 
 

La maglietta mediana, col suo fermaglio a molla, rimane fissata alla fascetta, e la sua rimozione avviene solo in caso si voglia togliere completamente la cinghia dal fucile:

 

 
 

 

 
 

Ecco l’aspetto finale della cinghia in posizione di trasporto:

 

 
 

 

 
 

 Un po’ di dati relativi al fucile M/1894:

 

 
 

Calibro

 6.5 x 55

Produzione

 Dal 1894 al 1935

Meccanismo di ripetizione

 Otturatore manuale

Lunghezza totale

 1.260 mm

Lunghezza canna

 760 mm

Canna

 4 righe sinistrorse

Velocità alla bocca

 724 m/sec con palla RN da 156 grs ( cartuccia M/94)

Caricatore

 esterno, 5 colpi, caricamento a cartucce sciolte

Peso (modello 1894)

 ~ 4 Kg

 

 

 
 

§  NOTE

 

[1] Considerando la chiusura dei vari Krag,  gli autori delle due referenze citate dichiarano esattamente l’opposto. Mallory e Olson ( cap.2, pag. 20 ) scrivono che nei Krag danese e norvegese aletta e nervatura di rinforzo lavorano contemporaneamente; Scarlata ( cap.8, pag.103 ) parla invece di chiusura a due punti solo per il norvegese, specificando che nell’americano e nel danese nervatura e manetta d’armamento fungono casomai da sicurezze. Io non posso e non voglio appoggiare o smentire nessuna delle due opinioni, e mi sono limitato ad una verifica empirica, avvalendomi di un sofisticato strumento da laboratorio metrologico: un foglio di carta velina, da interporre fra nervatura e ponte posteriore!

Poiché ho la fortuna di disporre dei tre fucili, esaminiamo i rispettivi casi:

1.       Fucile modello 1894 ( norvegese): ad otturatore chiuso, non essendovi gioco fra nervatura e ponte posteriore, la velina non passa.

2.       Fucile modello 1898 ( americano): ad otturatore chiuso fra nervatura e ponte posteriore si riscontra un minimo gioco, tale per cui la velina passa.

3.       Fucile modello 1889 ( danese): ad otturatore chiuso, fra nervatura e ponte posteriore si riscontra un minimo gioco, tale per cui la velina passa. Tuttavia, armando il percussore, la nervatura va in appoggio sul ponte posteriore annullando il gioco pre-esistente (cosa che sull’americano non avviene). Poiché otturatore e fucile hanno la stessa matricola, penso sussistano pochi dubbi sul fatto che questo sia il corretto funzionamento della chiusura.

A voi il piacere della riflessione …!

 

[2] Il pomolo dell’otturatore di dimensioni maggiorate, all'estremità di una manetta leggermente inclinata all'indietro, indica che l'arma è stata privatizzata. L'arma è stata nelle dotazioni dell'Aereonautica Norvegese, ed i due fatti contribuiscono a giustificarne l'ottimo stato di conservazione. L'accettazione dell'arma fu perfezionata da H. Finne, Ispettore a Kongsberg dal 1912 al 1922, e successivamente (dal 16 Settembre 1926) Direttore dell'Arsenale sino al suo ritiro dalla carica, avvenuto nel 1940.

 

[3] I coprivolata da soli potrebbero costituire l'oggetto di una interessante collezione: per il solo modello 1894 se ne contano ben 18 (!) diversi modelli.

 

 
 

 

Bibliografia consultata e fonti Internet

 

 
 

§         Franklin B. Mallory, Ludwig Olson – The Krag Rifle Story – Springfield Research Service, 2nd Edition, 2001

§         Scarlata, Paul – Collecting Classic Bolt Action Military Rifles - Andrew Mowbray Publishers, 2001

 

§         http://geocities.com/norskevaapen/  - Sito sulle armi militari lunghe norvegesi

§         http://www.cruffler.com/Features/OCT-01/historic-october01.html - Bella pagina sui Krag norvegesi: peccato che il sito “dorma” da tempo.

§         http://militaryrifles.com/ - Dedicato alle armi lunghe della seconda metà dell’Ottocento.