Ishapore Lee Enfield No.1 Mk.3*

 
 

Scheda di F. Mancuso

 

 
 

E' stato scritto che lo SMLE come prodotto ad Ishapore è un buon esempio di come non deve essere fatto un fucile.

Ma è verosimile che chi l'ha scritto sia anche convinto che lo SMLE sia l'unico fucile militare degno di questo nome, che il Gew. 98 sia un fucile da caccia, ed il 1903 sia un fucile da tiro a segno.

Lasciamo quindi certe affermazioni in biblioteca, sotto la lettera "S" di "stupidaggini", e, prima di dare un'occhiata allo SMLE oggetto di questa scheda, ricapitoliamo la storia dell'arsenale di Ishapore.

Nel Bengala, anche lungo il fiume Hoogly gli Olandesi insediano le loro attività, e lo fanno in un sito, protetto da un tipico fortino, denominato Bankee Bazaar. Intorno al 1750 esso viene preso dal Nawad Nizam di Murshidabad, e poi assegnato al Rajah Nubakissen Bahadur in cambio di un compenso annuale in denaro.

Nel 1794, la Compagnia delle Indie Orientali, costretta a trasferire la produzione di polvere nera in un posto ancor meno popolato di Accra (dove si era già trasferita, per lo stesso motivo, da Calcutta), e cede al Rajah delle terre in prossimità di Calcutta in cambio di Bunkee Bazaar.

Bunkee Bazaar è il nucleo di uno stabilimento di produzione che diventerà la fabbrica d'armi di Ishapore, e che dal 1794 fino al 1902 produrrà polvere nera.

Costruito lo stabilimento, nel 1905 iniziano attività di modifica e manutenzione di armi esistenti, mentre la produzione di fucili completi deve aspettare fino al 1907.

La generale inesperienza delle maestranze rende difficile colmare i vuoti negli organici, e rende gravoso il lavoro di supervisione ed addestramento curato dai più esperti. Di conseguenza la capacità produttiva è inizialmente circa un terzo di quella di analoghi stabilimenti collocati in Inghilterra, dove vengono anche prodotti i calibri di controllo necessari alla produzione indiana.

Occorre aspettare il 1908 per ovviare a tutti i problemi produttivi, e solo nel Marzo del 1909 dieci battaglioni di fanteria possono essere armati per la prima volta con armi di produzione locale invece che britannica.

Per arrivare a comprendere appieno le critiche alle armi di produzione indiana bisogna considerare alcuni fatti.

La minore qualità della manodopera indiana ebbe come conseguenza un maggior ricorso a macchine utensili di tipo automatico, ed una minore flessibilità nell'inseguire le modifiche piccole e grandi che vennero apportate, nel corso della loro evoluzione, alle armi nella loro terra d'origine.

La gestione di un'organizzazione complessa come l'Esercito Indiano impose una certa autonomia su diverse questioni militari che fu necessario garantire localmente rispetto alle opinioni del War Office britannico.

Si deve quindi aggiungere l'atteggiamento di sufficienza inizialmente rivolto all'Esercito Indiano in generale ed ai suoi Ufficiali in particolare, anche quando questi erano effettivi britannici, scordando (o invidiando?) che il territorio indiano, con le turbolenze che lo caratterizzavano sia all'interno che sui suoi confini, imponeva un addestramento militare al di sopra di ogni sospetto, che nessuna caserma in Inghilterra poteva assicurare.

Di qui le severe critiche che furono rivolte alle armi di produzione indiana inviate in Inghilterra per verificare quanto esse rispettassero gli standard accettati.

Spesso tali "deviazioni" dallo standard finirono per essere adottate dalla stessa produzione britannica, ma questo non pose fine alle continue lamentele relative a differenze riscontrate tra armi identificate con la stessa denominazione, tanto che in India si decise di tagliare la testa al toro aggiungendo alla denominazione dei modelli di arma tipici della produzione locale i termini "India Pattern", ovvero "Modello Indiano", abbreviati con la sigla "IP".

La produzione di Ishapore riguardò diversi modelli di fucili e carabine, ma non fu mai estesa alle armi n.4 o n.5, anche se un buon quantitativo di esse vi fu riarsenalizzato, dando loro un aspetto simile alle armi prodotte localmente.

L'oggetto di questa scheda è un esemplare di fucile No.1 Mk.3* (non III*) la cui produzione iniziò indicativamente nel 1949 e proseguì ben oltre dopo l'introduzione dei successivi Rifle 7.62mm 2A e 2A1 in calibro 7,62mm NATO.

Ed anche se i continui scontri lungo il confine con la Cina avrebbero richiesto l'uso di un'arma semiautomatica, fu con i Lee Enfield, in 303 British, entrambi di vecchia concezione, che i Gurkha risposero agli AK.

L'adozione di un nuovo fucile (un FAL un po' metrico, ed un po' no) fu annunciata sullo Hidustan Times solo nel Settembre del 1963.

 

 
 

 

 
 

Ecco il lato destro del'azione: manca il cut off, ovviamente, ma i dettagli da osservare, e che dichiarano l'origine dell'arma, sono altri.

Innanzi tutto la forma squadrata del settore di presa del cane, simile a quella adottata in Inghilterra durante la I Guerra Mondiale, ma un po' più arrotondata, e di aspetto meno elegante.

 

 
 

 

 
 

Poi è presente una vite inserita trasversalmente nella calciatura: se ne vedono le estremità nella foto precedente ed in quella successiva, più o meno equidistante dalle alette di protezione della tacca di mira e dall'anello di culatta.

La funzione della vite è prevenire spaccature nel legno nella sua porzione più sollecitata, ma non è ben chiaro se si sia dovuto ricorrere ad essa per la minor qualità del legno localmente disponibile per le realizzazione delle calciature, o per consentire a tutte le armi il lancio occasionale di granate.

 
 
 

 

 
  Ecco un dettaglio della tacca di mira, e delle alette che la proteggono: poiché la tacca di mira non è più regolabile in orizzontale, le alette sono simmetriche e non lasciano spazio per uno spostamento della tacca che non può più avvenire.

 

 

 

 

Ed ora diamo uno sguardo al mirino, e prima ancora alle alette che lo proteggono.

 

 
 

 

 
 

La loro forma squadrata permette di identificare a colpo d'occhio un'arma realizzata ad Ishapore.

La finitura lascia molto a desiderare, ma in definitiva si tratta di una parte destinata a prendere quei colpi che altrimenti spetterebbero al mirino, quindi in un uso rude delle belle finiture finirebbero rapidamente per essere rovinate.

Nemmeno le quote del loro profilo sembrano essere state degnate di un minimo di considerazione: ma anche in questo caso tali superfici assolvono allo scopo prefisso, non devono combaciare con altre superfici, ed il meglio è sempre stato nemico del bene, quindi...

 

 
 

 

 
 

... a chi importano quei vistosi segni di lima che si vedono qui sotto?

Non certo al mirino, che se ne sta ben bene riparato tra di esse.

 

 
 

 

 
 

E veniamo ai marchi.

Il più importante è l'emblema dell'India.

La parte superiore rappresenta il capitello leonino della colonna che Ashoka, uno dei più importanti sovrani della storia dell'India, fece porre nel luogo della prima predicazione di Buddha. I leoni sono quattro, anche se ne vengono raffigurati solo tre poiché essi siedono in quadrato dandosi le spalle.

Nella parte inferiore è presente il Dharmachakra, ruota a 24 raggi simbolo dell'unità dell'India.

 

 
 

 

 
 

L'India diventa una nazione indipendente il 14 Agosto del 1947, ma è solo con la proclamazione della Repubblica, avvenuta nel Gennaio del 1950 che questo simbolo nazionale indiano sostituisce quello reale inglese.

Secondo alcuni autori il simbolo come marchio di fabbrica di Ishapore è in uso solo dal 1953, secondo altri dal 1952, ma grazie al fucile qui illustrato sembra lecito spostare indietro ancora di un altro anno la data di inizio del suo uso.

Qui sotto un altro "ashoka" (come viene definito sinteticamente il simbolo nella letteratura armiera) , stavolta più piccolino, e posto sull'anello di culatta, a testimoniare l'avvenuta prova a fuoco dell'arma.

 

 
 

 

 
 

La relativa autonomia dell'India nelle questioni militari non può però consentire che da un melo cadano pere: ed ecco che gli indiani si sbizzarriscono anche loro in marchi e marchietti, il cui significato non è noto, dato anche l'estremo riserbo delle Autorità indiane su simili questioni, anche se esse difficilmente possono essere di un qualche interesse al di fuori della cerchia dei collezionisti.

 

 
 

 

 
 

Quello illustrato qui sotto è liquidato da Skennerton come "marchio indiano di appartenenza o di arsenale, successivo all'indipendenza e apposto sul calcio".

 

 
 

 

 
 

Su quest'ultimo, almeno, non ci sono dubbi, è la ripetizione del numero di matricola!

 

 
 

 

 
 

Ma non è finita, perché in modo molto discreto e minimalista appaiono anche altri due punzonature che non ci si aspetterebbe di trovare qui.

 

 
 

 

 
  Se questi punzoni fossero autentici (ma non vedo motivo per cui non dovrebbero esserlo), quest'arma avrebbe finito la sua carriera militare in Israele, che impiegò certamente armi di tipo Enfield fino al 1958 (almeno ufficialmente: in realtà in quelle terre si è combattuto, e, purtroppo, si combatte ancora, un po' con tutto quello che capita di avere sottomano, purché sia adatto allo scopo).

Difficile pensare ad una fornitura dell'India ad Israele: se negli anni '50 del secolo scorso alla seconda nazione faceva comodo tutto quello che sparasse, non è che la prima potesse disfarsene (al riguardo, per approfondire, andando a visitare il sito www.bharat-rakshak.com si trova la storia dei reparti delle attuali forze armate Indiane).

Peraltro non è da me mettere giù quelle che sono solo delle mie supposizioni personali prive di un concreto riscontro; esse  potrebbero forse essere adatte a sceneggiare un film d'avventura, ma non sarebbero d'aiuto ad una seria ricerca storica, anche se di tipo amatoriale.

Concludo quindi con la scheda dell'arma:

 

 
 

Lunghezza

1130 mm

Peso (scarico)

4,1 kg

Canna

640 mm - 5 righe sinistrorse – passo 254 mm

Serbatoio

Tipo Lee, 10 colpi, su due file, a presa alternata, separabile dall'arma

Meccanica

Otturatore girevole - scorrevole tipo Lee

Calibro

303 British

Velocità alla bocca

m/s

 
   

Bibliografia

* C. R. Stratton - British Enfield Rifles, Volume 1: SMLE (No.1) Rifles Mk I and Mk III - 2002, North Cape Publication

* I. D. Skennerton - The Lee-Enfield, A Century of Lee-Metford & Lee-Enfield Rifles & Carbines - 2007, Ian Skennerton Publishing