Coltello da sopravvivenza Tipo D

 
   

Scheda di F. Mancuso, coltello fotografato dalla sua collezione.

 

 
 

 

 

 
 

Non è stato facile trovare informazioni su questo strumento rinvenuto su una bancarella, l'unico libro che in rete viene citato come punto di riferimento esaustivo sull'argomento, pubblicato nel 1999 e da lungo tempo esaurito, ha raggiunto quotazioni di tutto rispetto sul mercato dell'usato, una buona copia può venire a costare quanto una mezza dozzina di coltelli come quello raffigurato, e questo mi è sembrato motivo sufficiente per acquistare il solo coltello, ed affidarsi alla rete per il resto.

Ma andiamo per ordine.

Siamo nel Regno Unito, la II Guerra Mondiale è terminata da pochi anni, e a qualcuno deve venire in mente che se al militare può sempre tornare utile un robusto coltello da destinare, in caso di necessità, a lavori pesanti, non è più necessario che lo stesso sia ingombrante come uno degli ottimi machete corti distribuiti alle truppe operanti nel pacifico, e nemmeno letale come quel corto coltellaccio noto col nomignolo di "smatchet" (molto simile al coltello della nostra P.A.I., ed ispirato alla versione più compatta del billao somalo).

Sin dall'inizio i diversi prototipi presentati dalla Ditta Wilkinson propongono una linea estremamente semplice e pulita, comunque estremamente curata e robusta, che rimane nella versione approvata definitivamente, e denominata "coltello Wilkinson tipo D".

 
 

 

 

 
 

Perché "tipo D"? Verosimilmente perché quella è la denominazione del prototipo scelto per entrare in produzione, successiva a presumibili "tipi" A, B e C.

In effetti le foto trovate qui e là illustrano almeno due prototipi precedenti il fortunato vincitore, e che da questo differiscono per dettagli più o meno importanti.

Dati numerici complessivi sulla produzione di questo coltello è inutile sperare di trovarli.

Esso è stato prodotto inizialmente dalla Ditta Wilkinson, che lo ha ideato, e realizzato sempre in modo impeccabile, in numero di 7000 esemplari, tra gli anni 50 e 60 dello scorso secolo. La produzione Wilkinsono è facilmente identificabile perché sempre marcata col famoso logo delle due spade incrociate, e col nome del produttore. Un esemplare in buone condizioni spunta ottimi prezzi nella sua terra d'origine.

In seguito la produzione è stata affidata ad un gran numero di altri fabbricanti, spesso botteghe artigiane o poco più, solo di poche delle quali (presumibilmente, se non le migliori, almeno le più rinomate del loro tempo) oggi si conserva memoria.

Quello illustrato qui appartiene ad una delle produzioni più tarde ed anonime, l'aspetto è quello di un grosso coltello da campeggio senza fronzoli, con lama a facce convesse ed un solo filo senza controfilo, un codolo lungo e largo quanto l'impugnatura, guancette in legno (di fattura piuttosto rozza) fermate da due viti dalla testa larga.

 
 

 

 

 
  All'estremità posteriore dell'impugnatura, un foro permette il passaggio di un laccio, o di un coietto, per assicurare il coltello al polso, il legno delle guancette è scavato in corrispondenza del foro per accogliere lo spessore del laccio.

Pochi i marchi presenti: sulla lama un numero di sette cifre, e la "broad arrow",

 
   

 

 
 

Tali marchi sono ripetuti anche sulla guancetta sinistra.

 
 

 

 

 
 

Il numero non è, come si potrebbe pensare, un numero di serie, bensì la parte finale del codice che identifica lo strumento nel sistema di magazzino britannico prima, e NATO poi: i due codici differiscono sono nella parte iniziale, così riportarne solo la parte finale rende la punzonatura... buona per tutte le stagioni!

 

Sotto ognuna delle guancette e sul codolo un numero di montaggio a due cifre, per mantenere accoppiate lama e guancette durante le successive lavorazioni, evidentemente affidate in gran misura alla mano dell'uomo.

 

Assente ogni altro riferimento alla denominazione dello strumento, o al suo produttore.

 

Per dare un'idea delle dimensioni effettive del coltello, la foto successiva lo raffigura a fianco della baionetta statunitense M5A1, l'ultima destinata al fucile Garand ed abbastanza familiare all'italico visitatore, poiché utilizzata anche dalle nostre FF.AA.

 
 

 

 

 
 

La guaina è realizzata con un'unica striscia di cuoio di colore marrone, piuttosto sottile, ripiegata su sé stessa e cucita, le cuciture sono rinforzate da 6 rivetti in ferro.

Il passante per sospenderla alla cintura è realizzato molto semplicemente: due tagli.

Nella sua semplicità, anche questo componente è realizzato con una scupolosa attenzione per i particolari.

Ogni taglio, ad esempio, inizia e finisce in un forellino, che impedisce la propagazione del taglio nel cuoio.

 
 

 

 

 
 

E quest'accortezza è ripetuta anche per i tagli destinati ad ospitare il cinturino destinato a trattenere l'impugnatura, fissato quindi al fodero da un settimo rivetto.

 
 

 

 

 
 

Le estremità metalliche di questo rivetto e del maschio del bottone automatico del cinturino che potrebbero entrare in contatto col legno delle guancette e rovinarlo sono nascoste sotto una strisciolina in pelle incollata.

 
 

 

 

 
 

La cura nella realizzazione si estende all'uso di un bottone automatico, l'unico dettaglio che reca un marchio commerciale, ma anche quello che convince meno in termini di affidabilità e robustezza.

Del resto, anche negli esemplari con bottone automatico diverso e più robusto, l'intero fodero resta sempre e comunque piuttosto striminzito, del tutto inadatto ad un uso rude, o comunque intenso.

 
 

 

 

 
 

Successivamente al "Tipo D", nel Regno Unito venne adottato il più economico modello "MOD" (acronimo di Ministery of Defense, ad indicare che l'oggetto è stato costruito secondo determinati standard approvati dal suddetto Ministero).

Il "MOD" differisce dal "Tipo D" in vari dettagli: l'impugnatura non è più simmetrica, ed ha un pomo con becco pronunciato, le due viti di fissaggio sono sostituite da tre grossi rivetti, per le guancette si fa ricorso, oltre che al legno, anche a materiale sintetico, per la finitura superficiale si ricorre alla fosfatazione e non più alla brunitura, la sezione della lama non è più a lati convessi, ma a pentagono, presentando due lati paralleli sormontati da un tagliente a sezione triangolare.

 

Nessuno dei due modelli sembra comunque aver suscitato grandi entusiasmi tra gli utilizzatori professionali, soprattutto perché la lama troppo spessa ne rendeva difficoltosa l'affilatura; in ambito operativo, almeno al fodero striminzito si pose rimedio in modo semplicissimo, sostituendolo.

Utilizzato un po' da tutte le forze armate del Regno Unito, il periodo di servizio di questo grosso coltello non deve essersi protratto fino al nuovo secolo, anche se la Ditta Wilkinson ha continuato a mantenerne in catalogo versioni leggermente modificate per un lungo periodo di tempo, tutte caratterizzate da finiture ancora superiori a quelle già elevate della sua produzione militare.

Ormai dal 2005 il nome Wilkinson non è più associato alla produzione di armi da taglio: l'ultima evoluzione del "coltello tipo D", dalle linee decisamente più aggressive, con lama in acciaio inox ed impugnatura monopezzo in materiale sintetico, separabile da un codolo scavato per ospitare un po' di cianfrusaglie (come dettava qualche anno fa la "Rambomania"), è ancora disponibile, a prezzi da amatore, presso chi ha rilevato gli ultimi esemplari della produzione e li propone su un sito specifico, Dartmoor, dato che il sito E-bay, nel Regno Unito, si rifiuta di far da tramite per la vendita di coltelli...

Per concludere, qualche misura rilevata sull'esemplare raffigurato.

 
     
 

Lunghezza totale

318 mm

Lunghezza della lama

180 mm

Larghezza della lama

42 mm, massima

35 mm, al tallone

Spessore della lama

6 mm, al tallone

Spessore della guardia

2,8 mm

Peso (solo coltello)

450 g

Peso complessivo (con guaina)

525 g

 
   

Bibliografia

F. J. Stephens - Coltelli da combattimento - Albertelli Editore, 1982

J. Fontvielle - Couteaux de combat - Editions du Portail, 2001