Beretta mod. 31

 

Scheda di Pat; arma fotografata della sua collezione privata.

Un giro di boa.

E non solo perché è un’arma della Marina…

Alla fine degli anni ’20 del Novecento, la Beretta si trovava in una situazione particolare. La Grande Guerra aveva trasformato un’antica casa gardonese con una tradizione plurisecolare di produzione di fucili da caccia in un’industria fornitrice di primo piano del Regio Esercito, in particolare per quanto riguardava le armi corte. Ma il conflitto era finito da più di un decennio. Gli arsenali erano pieni di “avanzi” e armi versate come compensazione dei danni di guerra, e l’Italia, come tutte le altre Nazioni d’Europa, si era dovuta leccare a lungo le ferite, anche economiche, del periodo bellico. Alla Beretta, sotto la spinta del grande Tullio Marangoni, l’evoluzione tecnologica e progettuale non si era affatto arrestata, anzi. Non erano mancate armi di successo, come la Brevetto 1919 in calibro 6,35 e la Modello 22 in 7,65, acquistate da vari reparti dell’Esercito, da diversi Corpi Armati e dalla Marina e vendute piuttosto bene anche sul mercato civile. Ma quello che occorreva, e che mancava, erano le grandi commesse militari. Era stato effettuato un tentativo con la Modello 23 che, pur presentando interessanti novità dal punto di vista della meccanica, non aveva avuto il successo sperato, soprattutto a causa del calibro, quel 9 Glisenti che aveva costretto Marangoni a disegnare un grosso e pesante “pistolone” a chiusura labile intorno ad una cartuccia dalle prestazioni tutto sommato modeste e certo non all’altezza degli altri 9 mm dell’epoca. Regio Esercito, Milizia Forestale e qualche forza armata di Paesi stranieri ne acquistarono alcune, ma il totale della produzione non andò oltre le diecimila unità, comprese quelle collocate sul mercato civile. Ci voleva qualcosa di meglio.

Tuttavia, i tempi cominciavano ad essere maturi per orientare le Forze Armate e la Polizia verso l’adozione di un nuovo modello di pistola semiautomatica. La Beretta operò quindi in quegli anni instaurando un’intensa attività di collaborazione con le Direzioni Logistiche Militari (Arsenale di Temi, Centro Studi Armi portatili del Regio Esercito, Centro Studi ed Esperienze Regia Marina) e con i vertici di Polizia per sviluppare dei progetti in grado di soddisfare le esigenze manifestate dalle varie amministrazioni. Gli studi e le prove iniziarono nel 1930 e portarono alla realizzazione di un nuovo modello l’anno successivo. Le innovazioni più importanti della Modello 23 erano state il cane esterno (ancora privo della monta di sicurezza) e il disconnettore della catena di scatto comandato dal movimento del carrello. Marangoni ripartì proprio da quest’arma, recuperando quanto c’era di buono, ma ridisegnandola mantenendo la munizione in 7,65 della Modello 22. La riduzione del calibro non era una regressione, ma una scelta voluta e un progresso, dato che consentiva di limitare le masse – e quindi i pesi e gli ingombri – ottenendo una buona maneggevolezza e una riduzione delle sollecitazioni allo sparo e, soprattutto, una maggior economicità di produzione. Rispetto alla sua diretta progenitrice in calibro maggiore, la principale differenza riscontrabile nella Modello 31, se si escludono le dimensioni e il materiale delle guancette, era la comparsa dei primi segni di uno studio “ergonomico” dell’arma, soprattutto per quanto riguardava l’impugnatura, che, pur continuando ad avere un’inclinazione limitata, presentava un’elsa più ampia; inoltre, per la prima volta in una Beretta l’estremità anteriore del fondello del caricatore era sagomata in modo da formare un’appendice curva, molto utile per offrire una comoda e solida superficie d’appoggio al dito mignolo del tiratore. Dal punto di vista meccanico, rispetto alla Modello 23 nella 31 la tacca di mira torna ad essere incastrata a coda di rondine (e non ricavata dal pieno dall’otturatore), l'ammortizzatore di rinculo interno in fibra viene eliminato e l’angolo di rotazione della leva della sicura passa da 120 a 180 gradi, in modo da impedire accidentali movimenti involontari.

Pochi esemplari di questa pistola  raggiunsero il mercato civile. Come la precedente Modello 22, anche la 31 attirò da subito l’interesse della Regia Marina, che il 9 settembre 1931 ricevette il primo esemplare di prova (con il numero di matricola 400.001) e successivamente ne ordinò 3.300 esemplari nel giro di quattro commesse differenti (600 all’inizio del 1933 e 2000 + 200 + 500 nel 1934). Altri 150 esemplari furono acquistati nel 1933 dalla Milizia Nazionale della Strada e qualche altro dalla Milizia Forestale. Si parla anche di forniture di pistole in calibro 7,65 alla Regia Aeronautica, ma non è chiaro di che modello si tratti.

Il  totale delle Modello 31 prodotte fu di circa 7-8000 pezzi. Di questi, 6500 circa costituiscono le “vere” Modello 31, mentre altri 1000 comprendono alcune 31 modificate e le successive 32 nei calibri 7,65 e 9 corto, di cui parleremo più oltre. La Beretta non tenne alcuna registrazione del numero di pezzi realizzati per le singole varianti ed alla fine della produzione, nel 1935, i numeri di matricola arrivavano a 410.000. Dato che le “vere” 31 cessano intorno al numero 408.000, nelle altre 2000 si trovano varie produzioni sperimentali di cui oggi restano pochissimi esemplari superstiti, che non consentono di seguire le tracce dell’evoluzione complessiva del progetto. Come al solito, parlando di Beretta, è impossibile avere informazioni documentate sulla produzione dell’arma, che comunque non raggiunse numeri elevatissimi e cessò sicuramente nel 1935, quando iniziò quella, appunto, della “Modello 35”, sempre in calibro 7,65, che venne considerata una prosecuzione delle serie precedenti, tanto da continuarne la serie matricolare, partendo da 415.000 (mentre per la Modello 34 si partì da 500.000 con una numerazione a parte).

Nonostante la sua breve vita, la Modello 31 è un'arma che si presenta con diverse varianti, alcune anche sostanziali; la particolare vivacità evolutiva dei progetti Beretta di questo periodo, incoraggiata dall’interesse manifestato dalle varie amministrazioni, è testimoniata dal fatto che nel breve volgere di tre-quattro anni furono realizzate varie versioni di pistole che presentavano di volta in volta caratteristiche riconducibili alla 22, alla 23, alla 31 e che finirono per sfociare nella definitiva e “mitica” 34. Evidentemente, le linee produttive non riuscivano a tenere il passo delle innovazioni progettuali e certamente non si buttava via nulla di quanto già realizzato. L’esempio tipico di tale evoluzione è la Modello 32, sostanzialmente una variante della 31, prodotta in circa 2000 esemplari in cui compaiono (e scompaiono, e ricompaiono…) varie modifiche che porteranno infine alla 34.

Pur essendo attribuita al 1932, quest’arma comparve probabilmente uno o due anni più tardi, alla fine del 1933. Rispetto alla 31 presenta una variazione della linea dell’impugnatura, che diviene più comoda e funzionale, un allargamento del ponticello del grilletto ed una correzione piuttosto vistosa della scritta impressa sul lato sinistro del carrello, dove il numero 2 di “1932” è palesemente ripunzonato su un preesistente numero 1. Si tratta quindi di pistole nate per essere delle Modello 31, divenute Modello 32 e – di fatto – praticamente identiche alle future Modello 34, fatta eccezione per il calibro e le guancette in legno. Tutto ciò fa pensare che non si tratti di una vera e propria serie, quanto piuttosto di prototipi sperimentali da sottoporre alle commissioni militari. La confusione aumenta se si considera che è nota l’esistenza di esemplari del tutto identici alla 32, ma marcati “Modello 1931”, ed è certa l’esistenza di Modello 32 realizzate in 9 corto, che all’epoca era un calibro nuovo che la Beretta avrebbe utilizzato per la successiva 34. Dato però che tutte le 31 anomale sono in calibro 7,65, si può ritenere che l’intero processo costituì di fatto un continuo lavoro di perfezionamento di un progetto con ottime potenzialità che finì per sfociare nella Modello 35.

Le Modello 32 costituiscono comunque una serie di armi con caratteristiche non uniformi e con numeri di matricola non sequenziali e registrazioni assenti (ah, la Beretta!...), per cui non è possibile delineare chiaramente l’evoluzione completa. È possibile (probabile?) che le prime 32 (che non avevano ancora evidenti caratteri distintivi) siano state consegnate alla Marina negli ultimi lotti della 31, mentre altre, con caratteristiche più avanzate, siano state consegnate alla Regia Aeronautica insieme alle 35 che questa aveva ordinato. La Marina ricevette anche 150 pistole marcate come Modello 34 in cal.7,65 derivanti dalla 1931, con il 4 ribattuto sull'1, praticamente uguali a quella che sarà la Modello 34 in 9 corto.

Risulta che nella raccolta della Beretta a Gardone si trovi una Modello 32 con le caratteristiche dello stadio evolutivo finale (è praticamente una 34 in calibro 7,65), ma con le guancette in legno con lo stemma della Regia Marina e con un numero di matricola piuttosto basso (402884). Ciò conferma che l’evoluzione deve quindi essere stata sperimentale.

Le primissime 31 presentano una lavorazione a cerchi concentrici del bottone di presa della leva della sicura; inoltre, per permettere la rotazione di 180° di quest’ultima, le guancette erano corte, distanti almeno un centimetro dal bordo del carrello, lasciando ampiamente scoperto il ramo verticale del disconnettore; infine, il margine anteriore del fondello del caricatore era ancora diritto, come nelle precedenti Modello 22. Queste armi furono destinate tutte alla Regia Marina.

 

 

L’ingresso nel mercato civile avvenne l’anno successivo, il 1932, quando la nuova pistola compare nel catalogo Beretta:

 

 

Sono evidenti sin dal primo sguardo i cambiamenti apportati: il bottone della sicura è rifinito a righe orizzontali, le guancette sono state allungate (migliorando l’estetica e, soprattutto, garantendo una maggiore protezione alle parti meccaniche), limitandosi a smussare l’angolo di legno interessato per permettere la rotazione della leva di sicura, e il fondello del caricatore presenta il rostro poggiadito.

 

Nel 1933 furono eseguiti anche dei modelli speciali incisi, uno dei quali venne destinato al maresciallo Badoglio; oltre alle incisioni, in questi esemplari è presente una prima piccola modifica che caratterizzerà la successiva produzione: l'angolo posteriore dell'impugnatura è stondato e l'impugnatura stessa presenta un accenno della curvatura che sarà la caratteristica dei successivi modelli 32, 34 e 35.

 

 

La pistola fotografata in questa scheda è una versione per la Regia Marina con le guancette allungate. Dopo il lato sinistro visto in apertura, presentiamo il destro, sul quale sono impressi solamente i numeri di matricola, sia sul fusto che sul carrello.

Le guancette di noce recano, su entrambi i lati,  il medaglione costituito dalle lettere “RM” separate da un’ancora. Nelle armi civili il medaglione era argentato e non dorato e portava impresso il monogramma della casa, costituito dalle lettere “PB” e visibile più sopra, nella foto dell’arma incisa.

 

Quasi tutte le informazioni si trovano sul lato sinistro della pistola.

Sul carrello è impressa la scritta “PISTOLA BERETTA 765  BREV. 1915-1919  Mo 1931”,

  

e subito sotto si trova la leva della sicura con le lettere indicative e il segno rosso visibile in posizione di fuoco.

 

 

Sotto l’elsa è possibile vedere il punzone dell’ispettore (BF) e un ovale contenente lo scudo con la croce sabauda.

  

Questi sono i marchi militari; negli esemplari civili al loro posto si trovano, nella stessa posizione e dall’alto in basso, il punzone del Banco di Prova di Gardone Val Trompia, il PSF (Polveri Senza Fumo) coronato e l’anno di invio al banco stesso.

 

Lo smontaggio della pistola è analogo a quello di tutte le Beretta di questa serie; inizia così…

  

… e finisce così:

  

L’operazione consente di apprezzare che gli ultimi numeri della matricola sono riportati anche sullo zoccolo della canna…

 

… e sulla faccia interna del ramo orizzontale del disconnettore.

  

Per finire, qualche dato:

 

Calibro:

7,65 mm Browning

Numero di colpi:

8

Lunghezza canna:

85 mm (6 righe destrorse)

Lunghezza complessiva:

150 mm

Peso scarica:

610 g

 

Bibliografia:

Libri:

Adriano Simoni – Pistole militari Beretta – Editoriale Olimpia, Firenze, 2007, pp. 43-50

Carlo Camarlinghi – 1915-1985: Settant'anni di pistole Beretta – Editoriale Olimpia, Firenze, 1986 (supplemento a Diana Armi 05/1986), pp. 28-33

Enrico L. Appiano – Revolver e pistole automatiche – EPLI, Curno (Bg), 1976, pp. 423-424

Luciano Salvatici – Pistole militari italiane – Regno di Sardegna e Regno d’Italia – 1814-1940 – Editoriale Olimpia, Firenze, 1985, p. 225-227

Articoli:

Diego Bigai – Una Gardonese per il Reich; Armi Magazine, 2001, 08, 102

Massimo Castiglione – Beretta “Regia Marina”; Armi Magazine, 2000, 10, 88

Adriano Simoni – La rivoluzione di Beretta; Diana Armi, 2005, 03, 82

Francesco Gasparini – Prima della ’34 - La Beretta 7,65 Modello 1931; Diana Armi, 1990, 03, 30