Beretta 1915-17

 

Scheda di Pat - arma fotografata della sua collezione privata.

È nato prima l’uovo o la gallina? Non lo sanno nemmeno alla Beretta.

Tranquilli, non sono impazzito. Non più del solito, almeno. :-)

In realtà, il problema è che di “Beretta 15” (nome generico e improprio, come vedremo) ne esistono due, una in calibro 9 Glisenti ed una in 7,65 Browning, e non si sa con chiarezza quale sia stata progettata per prima. Neppure la stessa ditta produttrice dispone di dati precisi in grado di fugare questa incertezza.  

Per comprendere la situazione in cui nacquero queste armi, è importante collocarle storicamente nel loro tempo. Al termine del primo decennio del ’900 si andava delineando un nuovo sviluppo degli armamenti individuali che, soprattutto in campo militare, avrebbe portato al trionfo della pistola semiautomatica, che ormai stava uscendo dalla sua fase iniziale, nella quale si erano visti anche progetti e modelli a dir poco astrusi, per trasformarsi in un oggetto affidabile e di ampia diffusione. Questi progressi tecnologici diventavano ancor più importanti man mano che sull’Europa che si avviava ad uscire tragicamente dalla Belle Époque si andavano addensando nubi tempestose ed iniziavano a spirare venti di guerra sempre più forti. I comandi militari di tutte le Nazioni si sforzavano di adeguare i loro armamenti, per evitare di farsi cogliere impreparati da un eventuale conflitto, e l’Italia non faceva eccezione. 

Alla vigilia dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, le pistole in dotazione alle forze armate del nostro Paese formavano un gruppo variegato ed eterogeneo, al quale corrispondeva una varietà di calibri che certamente non aiutava dal punto di vista logistico. Accanto alle vecchie rivoltelle ’89 e ’74, alle Mauser ’99 assegnate alla marina e ad un numero significativo di semiautomatiche di piccolo calibro e di basso costo mai adottate ufficialmente, ma comunque utilizzate, le semiautomatiche assegnate agli ufficiali del Regio Esercito erano le Glisenti Modello 1910 e le Brixia, entrambe camerate per il calibro 9 Glisenti. Queste armi, pur non essendo del tutto inadeguate, risultavano viziate da parecchi difetti che le rendevano ormai inaccettabili per un uso generalizzato in una guerra: erano infatti caratterizzate da una progettazione complessa, che le rendeva di difficile produzione e manutenzione, costose da realizzare e relativamente poco robuste. Tutti aspetti inaccettabili in un’arma militare. L’amministrazione regia si mise quindi alla ricerca di un’arma che fosse di facile manutenzione, grazie ad uno smontaggio da campagna semplice, nonché robusta ed affidabile e che potesse essere prodotta in grandi quantità in tempi brevi e ad un costo contenuto. La trovò in un modello proposto dalla fabbrica d’armi più antica del mondo, la ditta Pietro Beretta. 

All’epoca, la casa bresciana realizzava e commercializzava quasi esclusivamente fucili da caccia ad anima liscia, anche se non era del tutto estranea alle forniture militari perché produceva per altre ditte parti di armi (canne per mitragliatrici e mitragliatori, ad esempio) e lavorava per l’Arsenale di Gardone Valtrompia. Tuttavia, lo studio di una nuova pistola, con la quale affacciarsi tanto sul mercato militare quanto su quello civile, doveva già essere stato intrapreso da un po’ di tempo perché la nuova arma venne brevettata il 29 giugno 1915, poco più di un mese dopo l’entrata in guerra dell’Italia, e si trattava di un progetto già compiuto e ben definito. Già l’11 novembre dello stesso anno venne stipulato un contratto per la fornitura di 5.000 pistole all’Esercito, seguito da un secondo per altre 5.000 il 20 dicembre. La distribuzione ai reparti iniziò nel 1916. Una nuova fornitura, in due contratti da 5.000 e 300 pezzi venne ordinata alla fine del 1917. La “Pistola Beretta Brevetto 1915” in calibro 9 Glisenti venne prodotta dal 1915 alla fine del 1918, per  un totale di 15.670 pezzi, 15.300 dei quali destinati al Regio Esercito ed i restanti al mercato civile, e restò in servizio fino alla fine degli anni 30. 

Tuttavia, esiste un’altra “Brevetto 1915”, la “modello 1917” fotografata in questa scheda e camerata per il calibro 7,65 Browning. Si tratta di una pistola più piccola e più leggera della sorella maggiore, rispetto alla quale presenta anche alcune semplificazioni. In particolare, è priva della sicura a leva posteriore, della molla ammortizzatrice di rinculo e dell’espulsore, la cui funzione viene svolta dal percussore. Inoltre, nella modello 17 il ponticello del grilletto è ovale invece che rotondo e le guancette presentano il monogramma PB in un ovale e sono caratterizzate dal rigature verticali invece di essere zigrinate.

La “Modello 1917” venne accettata dal Ministero della Guerra il 14 settembre del 1917, stipulando il 12 ottobre successivo un primo contratto che prevedeva la fornitura di 10.000 pezzi, ognuno dotato di due caricatori di scorta. La serie matricolare si inserì, un po’ confusamente, in quella della sorella in calibro 9 Glisenti; la prima 17 nota è la 15.649, ma la vera produzione dovrebbe essere iniziata col numero 16.000 circa. L’ultima matricola nota è la 71.744 e la produzione dovrebbe essere terminata intorno al 1921, continuando ben oltre la fine della guerra (soprattutto per il mercato civile) ed arrivando ad un totale di circa 55.700 pezzi. Un lotto venne anche destinato alla Regia Marina e marchiato con un punzone recante la sigla RM ed il disegno di un’ancora. Negli anni ’40, un lotto di 1.500 pezzi venne inviato all’esercito della Finlandia e marcato SA (Suomen Armejia, cioè Esercito Finlandese) sul fusto, davanti alla leva della sicura. 

Sulle date di produzione, quindi, a parte qualche incertezza, sembrano esistere pochi dubbi. Ma quale delle due pistole è stata ideata per prima? Come già detto, nessuno può rispondere con certezza. Sono state formulate varie ipotesi, ed a me non resta che presentare la mia, sottolineando che si tratta di una semplice supposizione, non sostenibile (ma neppure confutabile) con prove certe. [1]

Come abbiamo visto, ai tempi del brevetto, nel 1915, la pistola era già molto ben delineata, tanto da rendere poco credibile l’idea di un’arma progettata in fretta e furia. Sembra invece che il titolare della ditta (Pietro Beretta) ed il progettista (Tullio Marengoni, all’epoca Capo Officina della casa bresciana) avessero studiato molto bene lo “stato dell’arte” delle pistole semiautomatiche dell’epoca, riprendendone varie caratteristiche (ad esempio, il carrello aperto anteriormente, come sulla Mauser modello 10/14, e dotato di una finestra di espulsione differenziata) ed armonizzandole in un disegno curato e, per certi versi, innovativo. Per quanto riguarda il calibro, il 9 Glisenti non trovava impiego al di fuori dell’Italia, mentre il 7,65 Br, pur non essendo stato adottato ufficialmente da nessun esercito, era già molto diffuso ed apprezzato per l’impiego civile. Personalmente, ritengo quindi che il progetto originale fosse quello di una semiautomatica moderna, semplice, di dimensioni abbastanza ridotte e realizzata in un calibro molto apprezzato e diffuso per la difesa personale, con un occhio alle commesse militari delle armi di supporto. Quando il Regio Esercito si mise alla ricerca di una pistola con caratteristiche simili, ma nel suo calibro d’ordinanza e con una sicura dorsale simile a quella della Glisenti modello 1910, alla Beretta non dovettero fare altro che adattare un progetto già esistente “gonfiando” la pistola intorno al calibro maggiore (peraltro, abbastanza debole da consentire la realizzazione di armi con chiusura a massa) ed inserendo i dettagli (come la sicura), richiesti dai militari. Nel 1917 (che, non dimentichiamolo, è l’anno di Caporetto), l’enorme richiesta di armi  di ogni genere, meglio se valide e a basso costo, consentì di avviare e portare al successo la produzione di questa piccola semiautomatica che, rispetto alla valanga di “attrezzi da sparo” a volte quasi artigianali che venivano sfornati per gli alleati dalla miriade di fabbriche spagnole, costavano di più (65 lire nel 1918, contro le 37 lire di una “tipo Ruby” nel 1914), ma garantivano una qualità sicuramente superiore. 

Terminato l’inquadramento storico, non resta che vedere le immagini dell’arma. Il lato sinistro della pistola è quello dell’immagine di apertura. Il destro è questo:

 

 

L’aspetto che colpisce maggiormente è l’impugnatura nettamente diritta, con un’inclinazione di appena 9 gradi.

 

Sono chiaramente visibili le scritte riportate sul carrello: 

 

Nella pistola in calibro 9, si legge invece (su due file): pietro beretta – brescia – casa fondata nel  1680 / cal. 9 m. – brevetto 1915. 

In questa immagine si possono vedere i numeri di matricola (che datano l’arma alla metà del 1918) e, sulle guancette, il logo PB in un ovale:

 

 

Nella stessa posizione, ma sul lato opposto dell’arma, è chiaramente impresso il marchio di accettazione militare; oltre a quella raffigurata (DR), le altre punzonature degli ispettori che si possono trovare sono PS ed AB. Sulla calibro 9 si trovano soprattutto (ma non esclusivamente) le sigle IF e PS.

Il mirino è realizzato direttamente sulla canna, in corrispondenza dell’anello che ne circonda l’estremità vicina alla volata. In questa immagine si vede bene anche la parte anteriore del carrello, aperta come nella Mauser 1910. 

La tacca di mira è invece inserita a coda di rondine.

 

 

In questa posizione, nell’arma di calibro maggiore si trova la leva della sicura posteriore, il cui meccanismo di funzionamento è illustrato nella figura sottostante. [Non ricordo da dove ho tratto questa immagine; se qualcuno ritiene di averne la proprietà non ha che da farmelo sapere.] Più che di una miglioria, sembrerebbe trattarsi di un’inutile complicazione, mai più ripresa dalla casa produttrice nei numerosi modelli realizzati negli anni successivi.

 Per procedere allo smontaggio da campagna della pistola, bisogna in primo luogo bloccarla in apertura servendosi dell’apposito gancio della leva della sicura. Infatti, non esiste un hold-open e dopo l’ultimo colpo l’arma resta aperta perché il carrello appoggia sull’elevatore del caricatore.

 

 

Con la pistola così bloccata, la parte superiore della canna viene ad essere completamente scoperta…

 

 

… permettendo di sfilare la canna stessa semplicemente tirandola verso l’alto. Si vede bene il piolo di fissaggio, sulla quale è praticata la scanalatura in cui, ad arma chiusa, si inserisce il perno della leva della sicura .

 

Ora si libera il carrello dalla sicura, stando attenti ad evitare che venga “sparato” in avanti, e lo si sfila tirandolo anteriormente, fino a liberarlo del tutto…

 

…per poi estrarre dal suo interno la molla di recupero ed il guidamolla.

 

 

L’estrazione della leva della sicura (se non è già caduta a terra) completa lo smontaggio da campagna.

  

Visto che l’arma è smontata, si può apprezzare il cane interno:

 

Infine, rimuovendo le guancette, sul lato sinistro risulta visibile il disconnettore, che agisce “a scappamento”, passando da un’iniziale fase di aggancio

 ad una di disconnessione.

  

Questa è la situazione che si ha dopo lo sparo: la pistola è carica, il colpo in canna e il cane armato, ma, se il grilletto non viene rilasciato prima di essere nuovamente premuto, il meccanismo di scatto non può agire. In questo modo si evita la raffica. Si tratta di un sistema che, opportunamente migliorato, si ritroverà su numerose Beretta successive.  

Il caricatore della pistola in calibro 9 Glisenti era inizialmente caratterizzato dalla presenza, per il conteggio dei colpi rimasti, di una serie di fori praticati nelle superfici laterali, che in seguito sono stati sostituiti da un’ampia fenestratura longitudinale; le due forme vengono indicate, rispettivamente, col nome di caricatore di primo e secondo tipo. È possibile vederli nell’immagine sottostante.  

 

La “modello 1917” venne invece realizzata sin dall’inizio con il caricatore di secondo tipo, come quello visibile in questa immagine:

 

 In origine doveva averne tre, uno in dotazione e due di scorta, come da contratto militare. Tuttavia, con gli anni e le varie vicissitudini, belliche e non, che hanno attraversato, queste armi sono spesso andate incontro ad un notevole rimescolamento dei caricatori. Così, quella che stiamo esaminando ne ha due, che però non sono quelli originali. Il primo apparteneva probabilmente ad una modello 1931, come si rileva dalle differenze relative alla forma dell’elevatore ed al sistema di ritegno del fondello:

 

 

Il secondo presenta invece delle differenze ben più evidenti:

 

  

Che sia un Beretta non ci sono dubbi…

  

…ma appartiene ad un modello successivo e, utilizzandolo, la linea dell’arma cambia completamente:

Ovviamente, cambia anche l’impugnabilità (che migliora molto, specie per chi ha mani medio-grandi). Forse, uno dei suoi precedenti proprietari, che evidentemente contava di usarla e non di collezionarla, deve aver apportato questa miglioria con un “colpo di genio” basato principalmente sull’“arte di arrangiarsi”. O forse questa mescolanza è solo un caso, chissà …  Tuttavia, va detto che nell’autunno 2005 è comparso sul sito di una nota armeria italiana un altro esemplare con un caricatore identico. Può darsi che due persone diverse avessero avuto la stessa idea, oppure che questa modifica avesse trovato una certa diffusione (capita ai progetti validi…). Negli anni successivi ho avuto modo di vedere, a conferma del fatto che non si trattò di un intervento “occasionale”, un numero proporzionalmente piuttosto elevato di modello 15/17 dotate di caricatori con il poggiadito, riferibili a differenti tipologie prodotte fra gli anni ’30 e gli anni ’80.

La pistola fotografata comunque veniva tenuta in una fondina, che non è quella militare originale, perché queste erano dotate di apposite tasche per accogliere i caricatori di scorta.

  

Per finire, qualche dato numerico:

 

Denominazione:

Pistola Automatica Beretta Brevetto 1915

Modello:

15-17

15

Calibro:

7,65 mm             (7,65 Browning)

9 mm Glisenti         (9 M10)

Numero di catalogo:

Arma non catalogata

8089

Numero di colpi:

8

7

Lunghezza canna:

85 mm (6 righe destrorse)

95 mm (6 righe destrorse)

Lunghezza complessiva:

150 mm

171 mm

Altezza:

114 mm

131 mm

Spessore:

26 mm

29 mm

Peso scarica:

570 g

850 g

 

Per chi fosse interessato, qui  c’è l’esploso. È relativo al modello in calibro 9 Glisenti e, quindi, si vedono bene la molla ammortizzatrice di rinculo, l’espulsore e la sicura posteriore. Per il resto, le due pistole sono identiche.

NOTE

[1] Si può aggiungere che, a distanza di alcuni anni dalla realizzazione di questa scheda, nel gennaio del 2015 è stato pubblicato un articolo molto interessante di Ugo Menchini che, sulla base del ritrovamento di documenti inediti, fornisce nuove informazioni sulla genesi della Beretta 1915 (che confermano essenzialmente l’ipotesi formulata più sopra) e illustra la situazione della Casa Gardonese al momento dell’entrata dell’Italia nella Grande Guerra.

Articoli:

Ugo Menchini - Come tutto ebbe inizio -  Armi e Tiro - 2015; 01; 128