Revolver d'Ordinanza Svizzero Modello 1882

 

 
 

Scheda di F.A. Mancuso, armi fotografate dalla sua collezione e da quella di Paolo

 

 
 

Sull’arma oggetto di queste note c’è molto da dire, forse più di quanto essa meriti, trattandosi di un oggetto ben realizzato e di gradevole aspetto, ma che dovette trovarsi un po' a disagio quando gli venne chiesto di interpretare il ruolo di arma corta di ordinanza di una nazione modernamente ed adeguatamente armata come la Svizzera era ed è sempre stata.

In Europa, fu tra le armi corte che venne dato il via alla riduzione del calibro delle armi di ordinanza individuali, e quel primo cammino fu abbastanza agevole, tanto da giungere ben presto ai suoi limiti naturali nell’impiego in armi a ripetizione ordinaria o semiautomatica. 

E questo revolver, la cui paternità va attribuita al Colonnello Rudolph Schmidt, fu progettato attorno ad una cartuccina anemica, gratificata, non senza un’enfasi degna di miglior causa, della denominazione di “7,5 mm Schweizer Ordonnanz Revolver M. 82”: in obiettive cifre nemmeno 11 grani di polvere nera, una palla di poco più di 100 grani ed una velocità iniziale di circa 220 m/s. 

In tutto 17 kgm di energia cinetica. Prestazioni minori non solo dell’altrettanto anemica gemella 7,5 mm Nagant, ma anche della munizione che fu la meno adatta per antonomasia ad essere indossata insieme ad un’uniforme, la 7 mm Nambu. 

Del resto, le prestazioni delle precedenti munizioni in calibro 10,4 mm, destinate ai revolver 1872 prima, e 1878 poi, non erano significativamente superiori, attestandosi poco sotto i 22 kgm, e non c’erano ancora evidenze che permettessero di confrontare “lento e pesante” contro “(poco) veloce e leggero”. 

Ciononostante il revolver fu evidentemente cucito in modo troppo aderente addosso alla nuova munizione, tanto che si pensò bene di doverne irrobustire il telaio dopo che la produzione militare aveva raggiunto i 4000 esemplari. 

Gli studiosi preferiscono comunque classificare le varie versioni prodotte per altri dettagli, sorvolando sulla non trascurabile modifica appena citata.

Si preferisce quindi parlare di una prima versione (fino al numero di matricola 1500), caratterizzata dal profilo esterno completamente ottagonale della canna, dalla volata sino al contatto col telaio. 

La seconda versione (fino al numero di matricola 4300) ha la canna ingrossata per formare una battuta cilindrica presso il telaio.

La terza versione (fino al numero di matricola 17000 circa) modifica lo scudo di culatta con l’aggiunta di un grano riportato, fermato da una minuscola vite, nel quale è ricavato il foro di passaggio per il percussore.

Queste modifiche si trovano facilmente su armi di tipo precedente, eseguite evidentemente in occasioni di interventi di “manutenzione straordinaria”.

Nella quarta versione, fino al numero di matricola 37254, le guancette in gomma dura zigrinate vengono sostituite da guancette in legno con profondi solchi longitudinali.

Anche lo sportellino Abadie di cui l’arma è dotata ha visto un’importante modifica durante il periodo della sua produzione (la modifica interessa anche il meccanismo di scatto, per una sua dettagliata descrizione si veda l’articolo di Tino Berger che appare sul sito di Edoardo Mori), ma di solito non se ne parla, verosimilmente perché tale modifica, quando eseguita, appare alla vista solo aprendo la cartella posta sul lato sinistro del castello dell’arma.

La sua eventuale esecuzione appare in tutta la sua importanza a chi, ricaricando le munizioni, volesse fare ricorso alla polvere nera: basta sparare pochi colpi, e per pulire il revolver bisognerà smontarlo tutto, ma proprio tutto.

La produzione cessa alla data del 21 Novembre 1932. Nel 1933 un modello simile, ma semplificato, il 1882/29, occuperà il posto rimasto vacante (verrà prodotto fino al 1946).

Ma il Revolver Modello 1882 è così leggero (almeno per l'epoca: sfiora gli 800 grammi), compatto (235 mm con una canna di 115 mm), di uso e manutenzione tanto semplici, di gestione economica, che, anche se alla data del 2 Aprile 1901 è stata adottata la pistola semiautomatica Luger 1900, esso resterà in servizio ancora a lungo (almeno un esemplare sino al 1964).

Il bell’esemplare che appare in apertura appartiene all’amico Paolo, che mi ha inviato anche quest'altra immagine per permettere la realizzazione di queste note.

 

 
 

 

 
 

E’ un esemplare della produzione più tarda, che incorpora tutte quelle piccole migliorie adottate durante la vita dell’arma, e che può essere usato in tutta sicurezza anche con munizioni di produzione recente (come le Fiocchi, un po’ più pepate delle munizioni originali).

Per meglio illustrare il funzionamento dell’arma, ho messo in posa anche un esemplare civile, privo di marchi di accettazione militare, prodotto dalla SIG, ed appartenente alla mia collezione.

 
 
 

 

 
 

Guancine a parte (che nei rari esemplari civili conosciuti sono sempre realizzate in gomma dura), l’aspetto del mio revolver non si discosta da quello di Paolo.

 

 
 

 

 
 

Si tratta anche in questo caso di una produzione relativamente recente, nonostante il numero di matricola molto basso.

Per caricare o scaricare il tamburo si ribalta lo sportellino all’indietro, come si vede in questa immagine:

 

 

 

 

Grazie ad un piccolo artificio, nella foto il grilletto è mantenuto in posizione arretrata, come se il dito indice del tiratore lo stesse azionando, ma il cane (rimbalzante) è rimasto a riposo.

Caratteristica dello sportellino Abadie è infatti quella di poter azionare il grilletto per far ruotare il tamburo di una posizione lasciando il cane a riposo quando lo sportellino è aperto, permettendo quindi di rendere più veloci e sicure le operazioni di caricamento e scaricamento del tamburo.

A sportellino aperto, le munizioni possono essere inserite nelle camere del tamburo, oppure i bossoli sparati estratti arretrando l’estrattore a bacchetta dopo averlo ruotato verso l’esterno, liberandone così  il pomello.

 
 
 

 

 
 

Si noti come l’estrattore è guidato lungo il suo cammino da un asse che lo attraversa e che è vincolato anteriormente alla canna: metodo ben più elegante di quello adottato dalla Colt 1873, e di questo certamente anche meno robusto, cosa che del resto non stupisce affatto.

Come su altri revolver europei dell'epoca, la bacchetta è priva di molla di  richiamo: questo deve aver suggerito a qualche Ayoob del tempo di lasciare la bacchetta arretrata dentro una camera vuota per impedire la rotazione del tamburo, a mo' di sicura, come se un revolver ne avesse bisogno. Il tutto giustificando la censura di De Florentiis, e dando a Gadda uno spunto per una scena del suo "Pasticciaccio".

Se il pomello viene ruotato completamente verso l’alto è possibile prima sfilare l’asse del tamburo (occorre tirarlo con una certa decisione, poiché una molla a lamina lo mantiene saldamente aderente alla sua sede), e quindi far uscire il tamburo dal castello.

 

 
 

 

 
 

Allentando di qualche giro la grossa vite posta in alto sull’impugnatura e sul lato destro del revolver, eventualmente ricorrendo, come suggerisce il manuale dell’arma, ad una moneta da 5 o 10 centesimi (di franco svizzero, ovviamente) si libera la cartella laterale; la cartella può quindi ruotare sul suo perno ed i meccanismi dell’arma sono diventano così del tutto accessibili.

 

 
 

 

 
 

Ovviamente chi credesse di poter ulteriormente mettere la mani senza aver cognizione di quel che sta facendo dovrebbe astenersi dai suoi insani propositi: ma il dramma dell’appassionato medio è quello di essere convinto di avere competenze superiori a quelle della media degli appassionati.

E pensare che basterebbe seguire le istruzioni del manuale, e fare solo quel che va fatto...

 

 
 

 

 
 

Tutto qui?

Quasi.

Stiamo parlando di un’arma svizzera.

Ed è quindi il caso almeno di menzionare e, purtroppo, solo descrivere, non avendone mai visto uno se non in fotografia, grazie ad un post apparso sul forum di Swissrifles, un accessorio che non poteva mancare tra quelli destinati alle armi serie 1882.

E’ un convertitore per il tiro con munizioni di calibro ridotto il cui uso, manco a dirlo, è di una complessità svizzera.

 
 
 

 

 
 

E, dopo aver ringraziato Guisan, autore del post, per la cortese disponibilita’ che mi ha dimostrato, vado ad elencare gli ingredienti del convertitore:

- una manciata di pallini in piombo di diametro 4,35 mm;

- una scatolina di bossoli a percussione anulare, in calibro 4 mm, appositamente fabbricati a Thun;

- sei false cartucce alle quali sono affidati solo due compiti:

* trasferire attraverso tutta la lunghezza del tamburo la percussione del cane;

* trasformandola da centrale ad anulare;

- una canna di calibro ridotto, con la sua brava cameretta di scoppio.

Ad ogni colpo, la canna ridotta è quindi da infilare carica nella, per poi sfilarla dalla, canna vera.

E se, apprese le istruzioni d’uso, ancora se ne ha la voglia, il divertimento è assicurato!

 
 
 

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Riferimenti:

 

 
 

- http://www.swissrifles.com/

- Ian V. Hogg - Military Pistols and Revolvers - Arms & Armours Press Ltd., 1988

- Jakob H. Brandt - Handbuch der Pistolen- und Revolver-Patronen, 1998.