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Cartucce da caccia

 

Iniziamo col dire che questi colpi hanno un problema di fondo: in genere costano un pacco di soldi. Vanno benissimo se il cacciatore deve tarare la carabina, e poi “one shot - one kill”, ma per fare una bella seduta in poligono richiedono un esborso monetario non alla portata di tutti.

Poi, come si è detto, le caratteristiche dei componenti utilizzati tendono a massimizzare l’effetto terminale, con palle di vario peso e forma, oltre a polveri spesso  molto progressive. È evidente che  solo raramente queste componenti si sovrappongono a quelle originariamente sviluppate per l’arma che andremo ad usare. Di conseguenza, chi intendesse usare queste cartucce in un’arma ex ordinanza, farebbe bene a fornirsi di munizioni che, almeno nel peso e nella forma della palla, siano il più possibile simili a quelle militari.

 Altro problema si riscontra soprattutto nei fucili semiautomatici di derivazione militare (ma anche in alcuni fucili a ripetizione ordinaria). Molte delle palle da caccia hanno la punta in piombo nudo.

Le armi ex ordinanza non sono quasi mai molto dolci nell’alimentazione e, se caricate con palle Soft Point, possono portare ad una deformazione della punta tale da vanificare qualunque altro sforzo fatto per ottenere una buona precisione. Non per questo si può incolpare l’arma o il progettista: in fondo nel disegnare il sistema di alimentazione non si prendeva assolutamente in considerazione l’eventuale utilizzo civile in Italia 60 – 100 anni dopo!!!!

Certo, nei fucili ad otturatore si può parzialmente ovviare a questo problema caricando l’arma con un colpo alla volta, cosa che sconsiglio nei semiauto.

Per quanto riguarda questi ultimi bisognerà però fare un discorso a parte.

 

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