MISURA DELLE PRESSIONI... D'ORDINANZA!

di F. A. Mancuso

Quelle che seguono sono delle note atipiche, perché insoliti sono gli strumenti [1] a cui esse devono la loro genesi, e che, purtroppo, non fanno parte della mia collezione.

E, come vedrà tra breve chi avrà la pazienza di leggerle, tali strumenti non sono per nulla fuori luogo parlando di Ex-Ordinanza.

Perché intimare pazienza al lettore?

Perché alle mie parole voglio intercalare, usando un carattere tipografico differente, quelle dell'Ing. Giuseppe De Florentiis (con due i), autore del mai abbastanza diffuso "Tecnologia delle Armi da Fuoco Portatili", testo che ancora oggi trova spazio nel catalogo della Hoepli, nonostante la sua età.

Si tratta di un testo datato? La seconda edizione datava 1955, e vide la luce "a molti anni di distanza dalla prima".
La terminologia usata può confondere il lettore? E' certamente possibile!
Contiene qualche errore? Non può essere che così, solo chi non fa non sbaglia.
Ma si tratta ancora oggi del testo più completo e facilmente accessibile sull'argomento, e non c'è motivo per cui chi è appassionato alle armi, ed alla loro storia ed evoluzione, non possa spendere pochi Euro per averne una copia.

O, peggio, il motivo c'è: leggere è fatica, metterci del proprio per cercare di capire è da fessi, e non è mai in diminuzione il numero di convinti estimatori della pappa fatta, ancorché scipita.

Ma se non c'è speranza di spingere alla lettura, perché scrivere? Forse perché questa speranza non è morta, almeno in chi scrive!
Poi, magari, capita che chi scrive ami anche brontolare, ma questa è una storia lunga, che ha per protagonisti gli esseri umani in generale, ed i marittimi genovesi in particolare [2].

Andiamo a incominciare.

La misura delle pressioni è un mezzo di indagine assolutamente indispensabile e fondamentale in tutta la tecnica degli esplosivi e delle armi; potendo misurare le pressioni e le velocità dei proietti, si possono risolvere tutti i problemi e i quesiti balistici.

Tale misura presentava particolari difficoltà, dato che le pressioni da misurare hanno sempre valori molto elevati, e soprattutto si sviluppano in tempi brevissimi. Non erano quindi assolutamente applicabili i metodi comuni, e gli ordinari manometri.

Rodmann, ufficiale dell’artiglieria prussiana, pensò di misurare la pressione mettendo in comunicazione con la camera di esplosione un pistoncino di acciaio, foggiato a coltello prismatico nell'estremo volto verso l’esterno. Questo pistoncino a coltello produceva sotto la spinta dei gas un intaglio su una piastrina di rame o di zinco alla quale si appoggiava. Dalle dimensioni dell'intaglio prodotto si poteva quindi apprezzare il valore della pressione. Il metodo presentava però parecchi inconvenienti ed incertezze.

Il problema doveva essere definitivamente risolto in modo rigoroso dal capitano inglese Noble; è da tale soluzione hanno avuto origine tutti i progressi delle studio e delle applicazioni degli esplosivi nelle armi.

Il principio sul quale si basa il metodo Noble è molto semplice.
Se si misura lo schiacciamento prodotto su di un cilindretto di rame di date dimensioni da una serie di pressioni cognite e progressivamente crescenti, si può formare una tavola stabilita che dicesi di taratura. Ponendo in comunicazione con la camera di scoppio un pistoncino, e appoggiando contro la testa esterna di questo un identico cilindretto di rame, si produrrà uno schiacciamento.
Misurando tale schiacciamento, e rintracciandolo sulla tabella di taratura, si leggerà in corrispondenza il valore della pressione che lo ha prodotto.

Praticamente l'apparecchio presenta una disposizione semplicissima ed è applicabile anche alle armi portatili.

Manometro a crusher per pressioni fino a 5000 kg/cm2 (fucile mod. 91): A, manicotto investito sulla canna; B, filettatura per il tubo a vite del tappo-incudine; C, grana a vite di acciaio temperato; D, pistoncino; E, tubo a vite; F, foro di sfogo per eventuali fuoruscite di gas; M, capsuletta guarnizione di rame; N, anelli di caucciù per fermare il cilindretto; P, tappo con vite di pressione. I cilindretti impiegati hanno un diametro di 5,5 mm per 10 di altezza; oppure diametro di 8 mm per 13 di altezza.

 

Esso si chiama crusher, dal verbo inglese to crush, schiacciare oppure manometro a schiacciamento.

I crusher presentano varie forme, a seconda delle esigenze pratiche nelle varie armi; ma sono tutti basati nella stesso principio.

Ed eccola qui di seguito, una di quelle forme, vista da destra...

... e da sinistra.

L'aspetto non ci è così estraneo?
E vorrei ben vedere che lo fosse! Si tratta nientepopodimenoché di uno strumento di misura ricavato da un'arma modello '91!

O, meglio, da più armi, anche di modello molto diverso l'una dall'altra.

Perché se il calciolo dice '91 "lungo"...

... l'estrattore dice "primo tipo"...

... ed il numero di matricola originario ancora apposto sulla radice della manetta dell'otturatore (che non riporto per motivi di privacy) dice "Brescia fine XIX secolo", l'arma (pardon: strumento) è stata ricomposta a partire da altri elementi, sia appartenuti ad armi della stessa serie '91, come la fascetta anteriore...

... che, se non vi appartenne, era quanto meno stata destinata ad un'arma modello 91/41, o la canna...

... fabbricata nel mese di Agosto del 1951. Di un '91 certo non è, ma chi sa che cos'è? Filastrocche a parte, ecco un aiutino.

Bando ai dubbi! Perché chi non avesse riconosciuto nelle foto precedenti la canna di una Carabina M1, dovrebbe almeno notare l'indicazione del suo calibro!

Inutile cercare il numero di matricola dello strumento, ho rimosso anche quello dalla foto: resta comunque visibile il punzone che indica quando è stata realizzata le meccnica dello strumento (1954), da chi (FAT, in altri termini quello che nel 1954 era l'Arsenale di Terni) e, sulla pala del calcio, l'anno in cui esso è stato completato (1955).

Lasciamo nuovamente la parola all'Ing. De Florentiis...

La difficoltà principale nello studio e nell'impiego del crusher sta nel conoscere in modo sicuro le caratteristiche del suo comportamento. Infatti tale comportamento è soggetto all'influenza della rapidità con la quale si sviluppa la pressione da misurare.

Se la pressione si sviluppa progressivamente e con velocità relativamente moderata, gli schiacciamenti prodotti dal pistoncino possono paragonarsi con certezza a quelli prodotti in laboratorio con l'applicazione di pressioni progressive, nello stabilire la tavola di taratura.
Ma se la pressione viene applicata quasi istantaneamente, allora entra in ballo la forza viva acquisita dalla massa del pistoncino, che non puo più trascurarsi; lo schiacciamento più che da una pressione graduale viene prodotto da un urto, ed è maggiore di quello corrispondente alla effettiva pressione.

Nel primo caso, il funzionamento del crusher dicesi statico; nel secondo caso dicesi dinamico - ciò spiega perché nella tavola di taratura ad ogni schiacciamento corrispondono due valori di pressione.
L'analisi dimostra che lo schiacciamento dinamico è doppio di quello statico; e si tratta di stabilire quale dei due valori di pressione sia da prendersi per buono.
Ma in realtà il funzionamento del crusher non è mai perfettamente statico né perfettamente dinamico; passa per una infinità di gradazioni che dipendono dalle caratteristiche dell'esplosivo e dalla massa del pistoncino.

Senza entrare maggiormente in questo merito, diremo per le armi che quando il crusher di culatta è posta in corrispondenza della camera di esplosione e prima del fondello del proietto, o della borra nei fucili da caccia, il suo funzionamento è certamente statico.
Quando invece il crusher è in volata e posto dopo la posizione iniziale del proietto, la pressione viene applicata istantaneamente al passaggio di questo: il funzionamento del crusher è dinamico.
Però quando il crusher è applicato a poca distanza dalla camera, ossia in punti in cui il proietto non è animato da grande velocità, il suo funzionamento è intermedio (parte statico e parte dinamico) e le misure di incerta interpretazione.

Solo all'inizio degli anni '60 specifici studi effettuati negli USA avrebbero permesso la taratura dinamica dei cilindretti. Il problema del funzionamento dinamico del crusaher deve quindi avere interessato anche lo strumento qui illustrato, dato che esso, realizzato nel 1954, presenta due punti di misura delle pressioni: uno in prossimità della camera di cartuccia, per misurare il valore della pressione massima...

... ed un secondo un poco più avanti, dove nella Carabina M1 è posto il foro di spillamento dei gas necessari a farne funzionare il semiautomatismo.

Nella foto che segue si intuisce come la cassa in legno dell'arma è stata modificata per permettere di avvolgere i due manicotti.

 

La calciatura ha subito la sola asportazione di due settori laterali, la parte sottostante la canna è rimasta integra.

 

Torneremo più avanti sulle differenze che lo strumento raffigurato presenta rispetto a quanto descritto dall'Ing. De Florentiis, che continua dicendo:

I dispositivi pei vari tipi di armi ...[omissis]... recano sempre: la canna, separabile dal resto, per poterla agevolmente pulire ed ispezionarne le dimensioni interne - essa va cambiata non appena presenti un leggero logoramento, che si verifica con calibri di precisione, e con getti di zolfo fuso per rilevare l'esatta forma interna - un sostegno rigido, robusto, e il dispositivo di chiusura e di percussione. Il grilletto è bene rechi un anello cui fissare un cordino per poter sparare a distanza e dietro blindamento, se si teme che qualche parte non possa resistere alle pressioni di cariche extra normali.

La canna, di forte spessore, reca un foro filettato normale al suo asse, nel quale si avvita un tappo: questo contiene un otturatore tronconico, o un grano temperato, in cui giuoca il pistoncino, a perfetta tenuta, assicurata se è il caso da una capsulina di rame che fa da guarnizione. Il tappo è chiuso da un controtappo filettato, detto incudine; fra l'incudine e la testa del pistoncino viene serrato il cilindretto tarato.

Non interessa praticamente che il profilo esterno della canna, il sistema di chiusura, ecc., corrispondano a quelli dell'arma nella quale sarà effettivamente eseguito il tiro: l'essenziale è che siano uguali i dati interni dell'anima (forma e dimensioni della camera, calibro, lunghezza, dati della rigatura), la perfetta chiusura della culatta, ed una ottima esecuzione meccanica del pistoncino e del suo otturatore o grano temperato, i quali debbono assolutamente impedire le sfuggite di gas [3].

Il pistoncino deve avere diametro ben noto, una massa più piccola che sia possibile pel funzionamento statico, e sezione esattamente circolare - si fa per solito di ottimo acciaio al cromo nichel, temperato e rettificato.

Quanto appena riportato permette di iniziare a fare qualche ipotesi sul ruolo che deve aver avuto questo strumento mentre era in servizio.

E' uno strumento relativamente economico, essendo stato ricavato partendo da componenti di armi conservate nel magazzino di un arsenale, rinunciando ad ogni complicazione non strettamente indispensabile, dalla flessibilità operativa praticamente inesistente, dato che la canna non è facilmente sostituibile, quindi lo strumento è nato con una destinazione specifica, e non per un uso generale.

E' realistico quindi pensare che non fosse destinato tanto al generico studio e messa a punto di un tipo di munizionamento o di arma, quanto al collaudo di lotti di una specifica munizione avente caratteristiche standardizzate.

Peraltro la produzione di munizioni non avveniva sotto la supervisione di Terni, ma sotto quella di altri stabilimenti militari, all'interno degli stessi o presso industrie private.

Lecito quindi pensare a strumenti realizzati con metodi artigianali dalle più esperte maestranze di un unico produttore, in pochissimi esemplari aventi tutti le stesse caratteristiche, destinati ad essere distribuiti tra tutte le manifatture, militari o civili, che fossero state incaricate di una commessa per la fornitura di una specifica munizione militare, con lo scopo di eseguire in loco i necessari controlli sulle attività di caricamento.

Anche i suddetti i controlli richiedevano a chi li avesse dovuti eseguire esperienza ed una attitudine al lavoro metodico: al riguardo l'Ing. De Florentiis dice che...

Per quanto semplici nel principio e nell'attuazione pratica, la teoria e l'impiego esatto del manometro a crusher sono molto delicati e difficili.

I cilindretti di rame vanno preparati con la maggiore cura ricavando ciascun lotto dallo stesso filo venuto di trafila e tagliandoli alla stessa altezza con una fresa sottile; quindi rettificandoli con precisione.
Dopo la lavorazione meccanica, vanno ricotti in forni a muffola tutti insieme; quindi posti in acqua leggermente acidulata con acido solforico, lavati in acqua pura e asciugati in segatura di legno, e sottoposti alla taratura, sottoponendoli uno ad uno ad uno schiacciamento iniziale in apparecchi studiati con ogni precauzione per eliminare le cause di errori indeterminati. [4]
Adoperati una volta, non possono più servire che per pressioni superiori a quella cui furono sottoposti; ma possono dare scarti del 10% in piu o in meno sui valori della tabella di taratura.

Lo schiacciamento si ricava dalla misura dell'altezza residua del cilindretto, fatta con un palmer centesimale esatto a frizione, con approssimazione del centesimo di millimetro. [5]

Il diagramma di taratura dei cilindretti, da cui si ricava la tavola manometrica, è approssimativamente lineare per gli schiacciamenti segnati nelle tavole manometriche; ossia gli schiacciamenti si mantengono proporzionali alle pressioni.

Per passare dalla tabella di taratura alla tabella manometrica, si dividono le pressioni di quella per l'area della sezione retta del pistoncino.
Ciò per le pressioni statiche; per le pressioni dinamiche, occorre considerare l'effetto della forza viva del pistoncino, con calcoli per cui rimandiamo il lettore alla teoria del crusher.

Per concludere le immagini di un altro dispositivo analogo al precedente, più vicino all'arma originale.

Otturatore dal manubrio dritto a parte, l'arma originale era visibilmente un K98k, prodotto dalla Mauser nel 1943 (come si riesce ad intuire dalla non ottima foto)

Le immagini che seguono permettono di comprendere meglio che modifiche sono state apportate alla calciatura di quest'arma, come di quella già illlustrata.

L'azione è rimasta la tradizionale azione modello 98

Anche il calibro è rimasto lo stesso (anche qui, per motivi di privacy, la matricola è nascosta): la munizione 8x57 JS, sebbene in uso presso le nostre FFAA, non risulta però essere mai stata prodotta in Italia per loro conto, il che suggerisce che la produzione destinata ad essere controllata con questo strumento sia avvenuta in Italia, ma sia stata destinata sin dall'inizio all'esportazione (ad esempio verso l'Egitto, o verso Israele).

Anche in questo caso la modifica è avvenuta a Terni, e sempre alla metà degli anni '50.

E, per finire dei dettagli, (sfocati) del cuore dello strumento.

 

 

Bibliografia

- G. De Florentiis - Tecnologia delle armi da fuoco portatili - Editore Ulrico Hoepli, Milano, 1977

- R. F. Pettinelli - Armi portatili e munizioni militari italiane 1870 - 1998 - Paolo Gaspari editore, Udine, 2002

- P.B. Sharpe - Complete guide to handloading - Funk & Wagnalls Co., New York, 1937-1949

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[1] E' appena il caso di ricordare che questi strumenti di misura, essendo stati costruiti per lo sparo di munizioni, ed essendo idonei a farlo, sono considerati armi a tutti gli effetti di legge.

[2] Un buon amico, di stirpe sarda, ed educazione ligure, mi raccontava come un tempo a Genova il marinaio potesse scegliere se essere assoldato "con mugugno" o "senza mugugno": nella prima ipotesi il compenso spettante sarebbe stato inferiore, ma il marittimo avrebbe mantenuto il diritto a lamentarsi di questo e di quello. Chi optava per la seconda opzione avrebbe percepito un compenso superiore, ma a condizione di tenere a freno la lingua. E sembra che non fosse raro trovare gente disposta ad accettare meno soldi in cambio di una maggiore libertà di espressione.

[3] Non ho mai utilizzato un crusher, ma Philip B. Sharpe riferisce che in un simile strumento il pistoncino può essere inserito nella sua sede solo imprimendogli un movimento a vite: trascurando tale accorgimento, l'aria contenuta al di sotto del pistoncino non riesce a sfuggire, e questo semplicemente salta fuori dalla sua sede dopo esservi stato spinto dentro, a causa dell'aria compressa sotto di lui.

[4] Gli strumenti oggetto di queste note furono utilizzati in un periodo in cui in Italia l'unico fabbricante di cilindretti, disponibili in quattro misure standard (Ø 3 x 4,9 mm - Ø 4,5 x 8 mm - Ø 5,6 x 8 mm, Ø 8 x 12 mm), era l'Arsenale Esercito di Torino.

[5] Al tempo in cui De Florentiis raccomandava l'uso di un micrometro non esistevano economici calibri digitali con una diretta e chiara indicazione dei centesimi di millimetro: oggi questi calibri esistono, ma, oggi come ieri, essi NON possono, e, quindi, NON devono, essere utilizzati per apprezzare il centesimo di millimetro PUNTO!